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Boris S4, la recensione

Tornano gli amati personaggi, così, debbotto... ma con senso.

Parlando di serie TV, lamentiamo spesso l’italica incapacità di essere all’altezza dei prodotti che ci arrivano praticamente da tutto il resto del mondo, fossero anche serie polacche o turche. Ci sono state delle eccezioni, pochissime, per la maggior parte in ambito poliziesco/crimine, pensiamo a prodotti come Gomorra, Romanzo Criminale, Suburra, Il Commissario Montalbano e Rocco Schiavone.

Una solamente, nel genere commedia, costituisce una fulgida eccezione, ossia Boris, tre stagioni a partire dal 2007, scritta da Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e dal compianto Mattia Torre, creata da Carlo Mazzotta e Luca Manzi.

La serie è stata affidata a un dream-cast composto da attori noti, che così lo sono diventati ancora di più, e da una quantità di caratteristi che da quella serie hanno finalmente acquistato la meritata notorietà. Perché sono tutti bravissimi. Inutile elencarli, perché li conosciamo a memoria.

Come tornare in Famiglia.

Si raccontavano le eroiche gesta di una scalcagnata troupe di lavoratori televisivi, addetti alla realizzazione di una serie tv di infimo livello, ‘Gli occhi del cuore’, di cui a nessuno interessava nulla, dal produttore al regista, dalla segretaria all’ultimo addetto alle pulizie. Quel microcosmo era stato inventato per mettere alla berlina con humor e ironia feroce quelli che da sempre sono i nostri molti vizi nazionali ma anche le non molte virtù, spesso destinate a soccombere sotto il peso di disonestà, furbizia, inettitudine, arroganza, ignoranza e chi più ne ha.

La serie fu un inno sublime all’arte di arrangiarsi, alla resistenza all’inettitudine della burocrazia, al fare fronte in ogni modo al fallimento dietro l’angolo per tirare avanti fino al prossimo colpo, che sempre arriverà perché su quel set, come nelle nostre vite, tutto è precario, sottoposto a leggi che ci passano sopra la testa, e non stiamo a scomodare il Destino. E mai del domani c’è certezza.

Eravamo rimasti orfani della serie alla fine della terza stagione, che si era conclusa nell’aprile del 2010, appena consolati dal film uscito l’anno seguente. Siamo quindi davvero lieti di annunciare che una nuovissima quarta stagione, distribuita su Disney+, è venuta a rallegrare i nostri cuori in inverno, distribuita a partire da oggi. Perché dopo aver visto in anticipo i primi due episodi possiamo dire che abbiamo riso, felicemente, nel ritrovare personaggi e situazioni a noi tanto care, pur con qualche variazione e con qualche aggiornamento.

Si può immaginare Biascica a scuola di politicamente corretto?

Chi è oggi il nuovo Padrone, costruttore di forche caudine sotto cui tutti devono passare, che detta regole ferree cui nessuno si può sottrarre? Lo schiavista impassibile, il torturatore massimo, l’aguzzino indifferente? Quale essere umano oserebbe incarnarsi in un simile essere? Nessuno, infatti il nemico oggi è l’Algoritmo, Moloch cui immolarsi senza battere ciglio.

Il povero Alessandro, lo stagista massacrato delle precedenti stagioni, è diventato il pupillo della direttrice per l’Europa della nuova Piattaforma Globale dello streaming. Ambiente dove i soldi ci sono, gli stipendi vengono pagati, il merito premiato. O almeno così pensano gli sciagurati componenti dell’inossidabile troupe di Renè, sempre alla ricerca di qualcuno che gli permetta di fare un lavoro decente. Ma le cose non sono semplici, l’algoritmo incombe, l’High Concept pure, per non parlare del “lock” finale. E poi bisogna pure adeguarsi ai tempi e frequentare un corso di “buone maniere”, in nome del politicamente corretto, dove “inclusione” è il nuovo mantra.

Come conciliare questi “elevati” ideali con la smandrappaggine dei disperati appartenenti al set di Renè? Tutti li ritroviamo, tranne la mitica Itala (Roberta Fiorentini), purtroppo scomparsa prematuramente nel 2019. E sono tutti al loro meglio, le caratteristiche che ci hanno fatto amare ogni singolo personaggio sono immutate e la serie procede con lo stesso ritmo, con tante battute e situazioni divertenti. Ottima anche la new entry di Emma Lo Bianco nel ruolo della responsabile della mitizzata piattaforma.

L’inimitabile trash all’italiana…

Mattia Torre compare come presenza extracorporea, sempre interpretato da Valerio Aprea, a dialogare come “collaboratore invisibile” dei due infami sceneggiatori sopravvissuti. Possiamo immaginare cosa potrà partorire un simile cast, tecnico e artistico, mettendo mano a una storia che riguarda Gesù Cristo, interpretato dal mai domo divo Stanis La Rochelle.

Vedremo nelle prossime settimane come tutto questo si concilierà con un mondo così diverso, come possono convivere due ambienti così diversi, come potrà sopravvivere l’italica arte di arrangiarsi con l’asettica efficienza straniera, dove ormai il mitico motto di Renè “dai, dai, dai!” può assumere un connotato diverso se declinato in inglese. Vedremo e intanto, sia ringraziato iddio o chi per lui, ci divertiremo, ci distrarremo anche noi.