Bright Memory: Infinite, la Recensione
Dopo l’esordio su PC lo shooter di FYQD Studio è pronto a far tremare anche le nostre console.
Quando ci si può permettere il lusso di aprire lo showcase Xbox del 2020, mettendo sul piatto una grafica notevole ed un gameplay adrenalinico e spettacolare al punto giusto, non deve stupire se poi si finisce con il ritrovarsi gli occhi della platea videoludica puntati addosso.
A maggior ragione se a confezionare questo piccolo spaccato di azione al cardiopalma è un singolo sviluppatore, ovvero Zeng Xiancheng, mente e codice dietro Bright Memory: Infinite e deus ex machina di FYQD Studio. Nato dalle ceneri del primo progetto dell’autore cinese, quel Bright Memory da tempo disponibile all’acquisto presso i vari store digitali, la versione riveduta e corretta dell’avventura di Shelia è pronta a squassare anche il mondo console, dopo aver debuttato in formato PC una manciata di mesi fa. E nella recensione che vi apprestate a leggere, scopriremo insieme se sotto quell’estetica accattivante si nasconde un titolo degno di meritare la nostra (e la vostra) attenzione.
La breve cinematica iniziale di Bright Memory: Infinite ha il compito, come vuole la tradizione, di introdurre brevemente il player alle vicende che faranno da collante alle azioni di Shelia. Il plot di supporto è estremamente semplice, e prenderà il via in seguito alla comparsa di alcuni strani fenomeni atmosferici che, poco a poco, hanno iniziato a colpire varie parti del globo, al punto da attirare la attenzioni della SRO (Supernatural Science Research Organization), che deciderà di inviare ad indagare la letale agente.
Senza perdersi troppo in chiacchiere inutili, data anche la natura del progetto, ci ritroveremo sbattuti letteralmente nel mezzo dell’azione in una manciata di secondi, pronti a mettere in mostra le abilità combattive di Shelia che, nel corso delle (ahinoi) due ore scarse che ci separeranno dai titoli di coda, sarà in grado di sorprendere il giocatore grazie ad un discreto mix di possibilità di offesa.
Il gioco è strutturato come un classico FPS, pertanto ad accoglierci troveremo sin dal principio un gunplay di ottima fattura, estremamente responsivo e dotato di un feeling decisamente convincente. Questo si applicherà a quattro distinte tipologie di armi, con cui entreremo gradualmente in contatto nel corso dell’avventura, e che comprenderanno un fucile d’assalto, uno pesante, una pistola e l’immancabile fucile da cecchino.
Oltre al classico fuoco standard, ciascun armamento potrà contare su di una modalità secondaria, attivabile in qualsiasi momento (a patto di avere le munizioni dedicate disponibili) tramite la pressione della croce direzionale. Largo, pertanto, a proiettili traccianti, granate, bombe incendiare e sticky bomb, che andranno ad ampliare ulteriormente il potenziale offensivo di Shelia.
Non di solo piombo, però, vive l’assassina made in SRO, che potrà difatti contare anche su di una affilatissima katana, tramite la quale sarà possibile gettarsi nella mischia anche in modalità melee, ma anche sfruttare per dare vita a parry di soulsiana memoria, tramite i quali stordire temporaneamente gli avversari, oppure ferirli rispendendo direttamente al mittente i proiettili che ci vomiteranno contro.
A chiudere il cerchio troviamo un guanto potenziato, con il quale potremo generare devastanti onde d’urto, attirare a noi i nemici e scatenare poderosi affondi potenziati. Si tratta di un mix di meccaniche sicuramente ben congeniate e rifinite, che potremo alternare tra di loro senza soluzione di continuità nella maniera che più ci aggrada, così da dare vita a combattimenti caratterizzati da un tasso di spettacolarità ed imprevedibilità davvero marcato.
A dare una spruzzata di pepe in più al tutto, inoltre, ci pensa anche un basilare set di potenziamenti dedicato ad ogni armamento che, grazie al reperimento di particolari artefatti disseminati lungo gli stage, ci consentiranno di sviluppare ulteriormente le nostre capacità offensive.
La volontà di proporre un ventaglio di variazioni sul tema è riscontrabile anche nel level design generale, che non si limiterà a mettere in scena momenti di puro shooting ma andrà a inframmezzare l’esperienza tramite sezioni in grado di spezzare, più o meno efficacemente, il flow generale. Largo quindi a porzioni dalle sfumature platform, che avranno nel rampino e nel doppio salto i loro elementi cardine, oppure una breve sezione a bordo di un veicolo corazzato, oltre ad un livello in cui dovremo fare affidamento sulle capacità di infiltrazione di Shelia.
Questo, in verità, rappresenta il momento più debole della pur breve campagna, a causa di meccaniche sin troppo basilari, a cui fanno eco la costruzione dello stage alquanto elementare e l’IA dei nemici che, mai come in questa porzione, finisce per mettere in scena tutte le proprie lacune.
Il quadro che emerge alla fine della prova, in definitiva, è quello di un vero e proprio bignami dei giochi d’azione in soggettiva, quasi come se FYQD avesse deciso consapevolmente di mostrare al pubblico la propria abilità nel gestire le varie situazioni ludiche. Si tratta sicuramente di un intento lodevole ma che ha l’indubbio difetto di non eccellere mai in nessuno dei suoi momenti, visto il modo in cui Bright Memory: Infinite non riesce a prendersi il tempo necessario ad imbastire una struttura sufficientemente catalizzante.
Non facciamo in tempo a metabolizzare una meccanica, difatti, che subito siamo costretti a subire un cambio di rotta, a tratti sostanziale. Ben venga pertanto l’ottimo gameplay alla base della struttura ma che finisce, proprio per questi motivi, per relegare il tutto all’interno delle pareti del mero showcase delle abilità produttive di FYQD Studio. La sensazione che rimane una volta giunti al termine, dato anche il modo in cui l’avventura si chiude (il finale pare buttato là giusto per concludere forzatamente il tutto), è di avere assistito ancora una volta ad usa sorta di prologo di quella che avrebbe dovuto essere un’esperienza invero più stratificata e corposo. Se è pur vero, come c’insegnano, che in molti casi less is more, stavolta il vedere diluito un poco questo interessante brodo non avrebbe finito per configurarsi certo come un peccato mortale.
Tra luci ed ombre si muove anche il comparto tecnico di Bright Memory: Infinite, sebbene in questo caso le prime abbiano finito per superare le seconde, anche in virtù del fatto che, piaccia o no, stiamo parlando del lavoro svolto da un singolo sviluppatore (se si esclude una manciata di contributi collaterali minori). Diciamo comunque subito, a scanso di equivoci, che almeno su console non ci troviamo al cospetto dell’impressionane impatto estetico ammirato in occasione del celebre trailer protagonista del citato Xbox Showcase.
Al netto di questo evidente e ovvio ridimensionamento generale, la presentazione complessiva si attesta su livelli decisamente alti, complici anche delle scelte stilistiche in grado di esaltare a dovere i punti forti della produzione. La modellazione generale degli ambienti e l’effettistica, difatti, restituiscono un colpo d’occhio alquanto accattivante che, grazie anche ad un interessante utilizzo dei giochi di luce, ci regala momenti capaci di colpire con veemenza l’occhio del giocatore.
Certo, permangono alcuni elementi un po’ più in disparte, come la resta dell’interazione con l’acqua ed alcune texture, ma quando ci troveremo intenti ad evitare gli assalti avversari avremo davvero poco tempo per prestarvi attenzione. Più evidenti, invece, sono le animazioni dei vari personaggi che, soprattutto in concomitanza delle cinematiche, finiscono con il mettere in mostra la natura self made man della produzione. Nessuna riserva, invece, per quanto riguarda la bontà della fluidità generale, capace di attestarsi su livelli eccellenti, qualunque sia la modalità grafica scelta, tra quelle disponibili.
Queste ci permetteranno di attivare o meno i riflessi in ray tracing, con conseguente variazione del frame rate generale: tenendo spenta la funzione, a patto di avere un monitor compatibile, potremo spingere il tutto a 120 frame al secondo, mentre in alternativa dovremo “accontentarci” di 60 fotogrammi solidissimi, anche nelle situazioni ad alto tasso di complessità. Personalmente, data la bontà dell’esperienza, il nostro consiglio è quello di godersi il tutto al massimo delle possibilità grafiche garantite, ma come sempre, in questi casi, si tratta di gusti puramente soggettivi.
Sebbene l’esperienza di Bright Memory: Infinite, performance tecniche escluse, non si discosti affatto dalla precedente incarnazione PC, la versione console giunge sul mercato con un set di skin accessorie aggiuntive per Shelia e le armi che ha a disposizione: un piccolo bonus non certo in grado di spostare l’ago della valutazione finale, ma che comunque fa piacere trovare all’interno del pacchetto.
Bright Memory: Infinite è un titolo cattivo e subdolo ma non in senso totalmente negativo. Questa sua spietatezza, difatti, nasce dal contrasto che si va a creare quando le buone idee e l’ottimo gameplay si scontrano con l’estrema brevità della campagna. I limiti della produzione firmata FYQD, difatti, risiedono tutti nel suo titillare il giocatore a colpi di momenti sicuramente esaltanti, ma che finiscono per risultare incapaci di prendersi con convinzione la scena, dato il modo estremamente volatile con cui si alternano sullo schermo.
È sicuramente apprezzabile e degno di nota lo sforzo produttivo compito da FYQD Studio, così come non si può chiudere un occhio sul costo estremamente contenuto del pacchetto (tra l’altro gratuito per chi abbia già acquistato l’originale Bright Memory), ma proprio questa volontà di confezionare tutto in autonomia ha finito per rendere l’esperienza, ancora una volta, solo un piccolo antipasto. Le qualità e le abilità per realizzare uno shooter notevole ci sono, e questo è innegabile, ci auguriamo soltanto che la prossima volta vengano messe al servizio di una produzione con tutti i crismi del caso.