Le emozioni senza tempo di Brothers: A Tale of Two Sons - recensione
Nuove console, stessa magia.
Sono molti i titoli che si propongono di trascendere i limiti stabiliti del videogioco e diventare vere e proprie esperienze, in grado di emozionare e lasciare un segno duraturo nella "carriera" di un videogiocatore. Quelli che riescono nell'intento fanno però parte di una cerchia molto ristretta che annovera opere come ICO e Journey, solo per fare un paio di esempi ben noti.
Brothers: A Tale of Two Sons è uno dei più recenti esponenti di questa categoria, e forse anche uno dei meno considerati nonostante un riscontro generalmente molto positivo da parte della critica in occasione del lancio delle versioni originali.
Ora, due anni dopo il debutto, questa particolare avventura di Starbreeze Studios si affaccia anche sulla nuova generazione di console, dando agli utenti che hanno saltato le precedenti edizioni la possibilità di recuperarlo.
Perché particolare? I motivi di questa definizione sono tanti: la premessa è forse l'elemento meno sorprendente, con due fratelli disposti a intraprendere un viaggio periglioso per trovare una medicina in grado di salvare il padre malato.
O almeno questo è ciò che si intuisce dalla breve fase introduttiva, visto che il parlato è affidato a una lingua particolare fatta di suoni e sillabe accennati che riprende qualcosa dall'arabo, risultando comunque incomprensibile all'orecchio. Ma non è all'udito che Brothers: A Tale of Two Sons si affida per farsi comprendere, bensì all'immaginazione e alla sfera emozionale.
Il fulcro del gameplay è la collaborazione dei due fratelli, dotati di caratteristiche differenti: il maggiore può interagire ad esempio con i macchinari che richiedono più forza, come delle leve da tirare, o fare da appoggio per permettere al minore di raggiungere una piattaforma sopraelevata. Il secondo sfrutta invece spesso le sue dimensioni ridotte per sgattaiolare tra sbarre o barriere, e aprire la strada al fratello dal lato opposto.
La collaborazione è fondamentale, e a volte è necessario che alcune azioni vengano eseguite contemporaneamente. A permetterlo ci pensa il sistema di controllo, che dedica metà del joypad a ciascun personaggio: stick e tasti posteriori destri e sinistri sono delegati a movimento e interazione di ciascun fratello, e anche se a volte il sistema può confondere in base alla posizione dei due personaggi, basta poco per rimettere le cose a posto. Con un po' d'abitudine, poi, anche le interazioni simultanee diventano perfettamente gestibili.
I puzzle variano molto e vanno dal semplice azionamento di meccanismi in sincronia, con alcuni passaggi mozzafiato in ambientazioni veramente evocative, a occasionali combattimenti con i boss in cui bisogna far funzionare il cervello per sopperire alle ovvie differenze di stazza, forza o capacità.
Scordatevi infatti di ritrovarvi a utilizzare l'approccio più diretto in Brothers: A Tale of Two Sons. I due ragazzi non sono in grado di affrontare con le maniere forti ciò che si ritroveranno davanti dopo una prima fase abbastanza prevedibile, la cui ambientazione abbastanza canonica serve probabilmente per permettere di abituarsi al particolare sistema di controllo.
L'avventura decolla ben prima dell'insorgere della noia, e paesaggi e situazioni variano molto spesso offrendo cambi di ritmo e visuale che nell'insieme mantengono viva la voglia di andare avanti. I paesaggi, in tutto questo, meritano una menzione particolare: gli sviluppatori hanno sopperito ai limiti tecnici con una direzione artistica di altissimo livello che vi spingerà quasi sempre a sfruttare le panchine disseminate per i livelli per godere di una visuale più ampia del panorama di turno.
Sogni, colpi di scena, cambi inattesi di livello e i momenti di contemplazione di cui abbiamo appena detto sono amalgamati a dovere e forniscono un carburante inesauribile alla voglia di proseguire, anche quando il puzzle di turno è una variante di quanto visto in precedenza. Non mancano momenti di arrampicata estrema ad altezze impossibili, o pericoli del tutto inattesi a scuotere la situazione con un cambio di ritmo inatteso. A meno che l'avventura non fallisca nel catturarvi inizialmente, insomma, non dovreste avere problemi ad arrivare fino in fondo, complice anche una difficoltà non propriamente elevata.
Per quanto riguarda invece i limiti tecnici, l'eredità che il gioco si porta dietro dalle versioni last-gen è evidente. Nonostante l'Unreal Engine abbia dimostrato di essere un middleware di tutto rispetto, PS3 e Xbox 360 hanno sicuramente ridimensionato le ambizioni del team in alcuni ambiti, primo tra tutti l'estensione degli scenari, e le nuove versioni non fanno molto per andare oltre.
In alcune particolari situazioni capita infatti di sedersi sulla panchina di turno e ammirare una stupenda vallata che però si confonde in una nebbia indistinta a distanza fin troppo breve, o di non riuscire a scorgere lo scenario sottostante quando si è aggrappati precariamente ai resti di una statua che adorna il ponte di un castello abbandonato.
A prescindere dalle doverose osservazioni tecniche, soffermarsi su questi punti sarebbe un grave errore, perché a fronte di qualche animazione legnosa o visuale più ridotta di quanto si vorrebbe, Brothers: A Tale of Two Sons vive di uno spirito tutto suo che non è facile trovare in altre produzioni recenti.
Il gioco di Starbreeze si compone di tanti elementi difficili da quantificare e, come scritto nella recensione della versione Xbox 360, forse anche da cogliere a una prima lettura: il legame tra i fratelli, il rapporto tra il più piccolo dei due e la madre (che pure compare solo di sfuggita), intreccio e finale, a cui non è possibile minimamente accennare senza rovinarne totalmente il gusto... tutto quanto si radica sottilmente nell'esperienza vissuta ed esercita una presa particolare di cui non ci si accorge immediatamente, ma che lascia comunque il segno.
In breve, Brothers: A Tale of Two Sons è uno di quei titoli a cui potreste ritrovarvi a pensare anche parecchi giorni e forse ancora di più, dopo aver visto i titoli di coda, ed è difficile pensare a un complimento migliore per un videogioco.
Resta il piccolissimo rammarico di un comparto tecnico non aggiornato per le nuove console, comunque mitigato dalla mancanza dei soliti suffissi che indicano edizioni definitive, rimasterizzazioni o operazioni simili. Fin dal titolo è ben chiaro, insomma, che siamo di fronte a una conversione abbastanza semplice.
In conclusione, è una vera opera che merita di essere apprezzata e in cui potrete perdervi per una manciata di ore e ritrovare sensazioni vissute in titoli come ICO (ma non solo) in un contesto totalmente diverso.