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Call of Cthulhu - recensione

“Io son colui che urla nella notte, io son colui che ascende dall'abisso”.

Si dice che una volta toccato il fondo non si possa che risalire ma, come qualsiasi frase fatta, anche in questo caso non può mancare l'eccezione che conferma la regola, il più classico dei casi disperati. Un altro incubo. Alcol, sonniferi e ricordi di guerra non vanno d'accordo ma questo non è un incubo come gli altri.

Pesci sventrati e viscere indecifrabili ai bordi di un piccolo attracco ricavato all'interno di una ignota caverna. Candele e sostanze misteriose e qualcosa di strano, un gruppo di persone raccolte in preghiera? Un uomo insolito, uno sparo, una mano sul volto e poi il buio. Un rumore ma in questo caso si torna alla altrettanto dura realtà: qualcuno bussa alla porta di Edward Pierce, veterano della Prima Guerra Mondiale e detective privato.

Il protagonista di Call of Cthulhu, ultima fatica dei francesi di Cyanide Studio (responsabili dei due Styx, Blood Bowl II, Space Hulk: Deathwing) che hanno ereditato il progetto presentato nel 2014 da Frogwares (che ha dirottato le attenzioni su The Sinking City), è il più classico degli "eroi" tratteggiati da H.P. Lovecraft.

Pierce è un derelitto con nulla da perdere ma è anche una persona acuta, un detective capace dalla mentalità aperta e disposto a tutto nel giusto contesto. Un uomo che potrebbe sicuramente uscire direttamente dalle pregiate pagine delle opere del discusso e apprezzatissimo autore di Providence il cui Ciclo di Cthulhu è da diversi anni una pressoché infinita fonte di ispirazioni anche per il mercato videoludico.

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Ma se i giochi che si ispirano per atmosfere sono davvero moltissimi, quelli che in questi anni hanno cercato di trasporre in tutto e per tutti gli stilemi narrativi di Lovecraft sono decisamente di meno. Cyanide si inserisce in questa nicchia dando vita a un mix di influenze e di generi che ha incuriosito non poco nel corso dei mesi successivi all'annuncio.

Una sorta di avventura investigativa in prima persona che non solo si fonda con decisione sull'esplorazione di ambientazioni più o meno ampie ma che innesta al suo interno una crescita del personaggio e delle abilità tipicamente ruolistiche. Non a caso quello che abbiamo provato con mano per circa una decina di ore è a tutti gli effetti una trasposizione ufficiale del gioco di ruolo pen and paper omonimo lanciato per la prima volta nel 1981 da Chaosium. Per quanto ibridare non sia di certo una novità in questa industria, le anime che entrano in contatto in questo caso plasmano un'esperienza sotto molti aspetti unica.

È l'ottobre del 1924 quando il telefono di Edward Pierce squilla informandolo che se continuerà a non accettare nuovi casi, perderà inevitabilmente la licenza da investigatore privato. Quelli da due soldi non sono di certo uno stimolo per un uomo così palesemente alla deriva ma quasi come un segno del destino, ecco Stephen Webster.

L'uomo vuole far luce sulla morte della figlia, Sarah e della sua famiglia, scomparsa in un incendio doloso di cui la stessa Sarah viene ritenuta responsabile dalla polizia locale. Una pittrice la cui arte faceva trasparire un certo squilibrio mentale che ha definitivamente perso il lume della ragione o un caso decisamente più intricato? Sicuramente un'occasione per cambiare aria e per tornare in pista per il nostro Detective Pierce, un detective che si imbarca alla volta di Darkwater Island. Alla volta del proprio destino.

Solo un accendino come scudo contro l'oscurità. Atmosfera da vendere.

Un'isola in cui i balenieri hanno prosperato per anni ma che ora, in preda a una profonda crisi, è terreno fertile per burberi marinai disoccupati, ubriaconi e criminali dediti al contrabbando. Una comunità chiusa che non vede di certo di buon occhio le facce nuove, chi ficca il naso dove non dovrebbe. Nonostante le difficoltà il buon Pierce darà tutto se stesso andando a tratteggiare una storia tipicamente lovecraftiana e sicuramente imperdibile per i fan di Cthulhu e dei Grandi Antichi.

Una storia che non adatta il racconto "Il Richiamo di Cthulhu" ma che inserisce lo stile dei Miti su una trama completamente originale anche se non priva di alcuni evidenti cliché. Si tratta in definitiva di un comparto narrativo complessivamente di buona qualità e sicuramente positivo e ben riuscito, che sa miscelare nelle giuste dosi le tematiche tanto care al buon H.P.

Tra qualche colpo di scena e rimandi a non finire (come quelli a opere come Il Caso Charles Dexter Ward e L'Orrore di Dunwich), gli sviluppatori ci hanno accompagnato verso due finali perfettamente in linea con le fonti di ispirazione, un viaggio che data la particolare impronta da gioco di ruolo della produzione viene plasmata dal nostro modo di approcciarci alle situazioni di gioco e dalle abilità del nostro personalissimo Pierce.

Il grosso del gameplay è legato alla natura di investigatore privato del nostro alter ego tra esplorazione, raccolta di indizi anche attraverso la modalità Investigazione (avete presente la modalità detective di Batman? Perfetto.) e dialoghi a scelta multipla con diversi NPC che dimostrano la centralità dell'aspetto investigativo premiando il ritrovamento degli indizi con ulteriori opzioni.

Questo è il particolare 'skill tree' su cui si basa una delle anime di Call of Cthulhu.

I primi capitoli non spezzano particolarmente questa sorta di routine ma hanno il pregio di mostrare sin da subito una discreta varietà di approcci e qualche puzzle più o meno complesso. Nulla di trascendentale ma si tratta di una sorta di dichiarazione d'intenti che sicuramente incuriosisce e che è che si pone come premessa di ciò che abbiamo vissuto proseguendo nell'avventura e trovandoci di fronte anche a situazioni di gioco inaspettate come alcuni momenti puramente stealth o una porzione inaspettatamente action verso la fine del titolo. Non diciamo altro per non incappare in alcun spoiler ma sappiate che complessivamente la varietà si è dimostrata più elevata di quel che ci saremmo aspettati dopo i primi passi all'interno di Darkwater Island.

Tutto rose e fiori quindi? Non proprio purtroppo perché la varietà e la voglia e l'impegno profusi nel tentativo di innestare elementi RPG non ha dato vita a un mix privo di difetti Nelle battute iniziali abbiamo avuto la possibilità di distribuire una serie di punti esperienza che poi abbiamo continuato a ottenere nel prosieguo dell'avventura. Le abilità sono in tutto sette: Investigazione, Eloquenza, Psicologia, Fiuto e Forza sono migliorabili con i punti esperienza, mentre Occultismo e Medicina migliorano scovando oggetti dedicati all'interno delle diverse aree che caratterizzano i 14 capitoli proposti da Cyanide.

Tutte queste abilità permettono di superare in modi diversi certi puzzle o certe fasi dell'esplorazione, possono essere utili all'interno dei dialoghi e aprono o precludono approcci differenti. L'idea è ottima ma troppo spesso c'è la sensazione che al di là dell'approccio e delle scelte i risultati siano in tutto e per tutto identici o comunque caratterizzati solo da delle leggere sfumature.

Troppo spesso le abilità si rivelano utili solo nei dialoghi e non vengono inserite efficacemente nell'esplorazione e nelle varie sfaccettature del gameplay, con alcune skill complessivamente decisamente meno importanti se non addirittura completamente inutili (si Forza, stiamo proprio parlando di te). Sempre rimanendo in tema skill, l'Occultismo è legato a doppio filo alla Sanità mentale di Pierce andando a evidenziare un tema particolarmente caro a Lovecraft: la conoscenza spinge gli uomini a muoversi sul filo del rasoio, sul ciglio del baratro della pazzia.

La modalità Investigazione è la controparte lovecraftiana della Detective Mode di Batman Arkham.

Fortunatamente in Call of Cthulhu apre anche ad approcci unici con parecchi personaggi ma di là di questo aspetto molto interessante una sanità mentale più bassa non ha effetti evidenti sul gameplay e questo è un vero peccato perché un maggior numero di allucinazioni o di visioni si sarebbero rivelati una soluzione molto gradita per evidenziare la mente sempre più scossa di Pierce.

Altra magagna l'intelligenza artificiale tutt'altro che da incorniciare nelle sezioni puramente stealth e una già citata fase action nelle battute finali decisamente dimenticabile e realizzata in maniera approssimativa. Tutti difetti che minano un'avventura indubbiamente godibile grazie alla già citata discreta varietà di approcci ma anche priva della classica scintilla che aggiunga quel tocco in più in grado di spingere un progetto verso l'eccellenza. Sembra sempre che a Cyanide manchi quel piccolo passo necessario per la consacrazione definitiva e in questo senso anche il comparto tecnico è una questione di luci e ombre.

L'atmosfera centra in pieno l'essenza Lovecraft e non scade mai nell'horror becero lesinando con eccellente parsimonia i jump scare e puntando soprattutto su una tensione palpabile caratterizzata da elementi soprannaturali, momenti puramente onirici e da incubo e musiche ed effetti sonori che sanno colpire nel segno. A sostenere ulteriormente questo ottimo lavoro sull'atmosfera ci pensa anche una recitazione in Inglese completamente sottotitolata in un Italiano complessivamente di buon livello ma che va a cozzare con alcune evidenti limitazioni a livello di pura forza bruta nonostante l'utilizzo dell'Unreal Engine 4.

Se le ambientazioni se la cavano grazie a una ricercatezza notevole e a una buona cura artistica accompagnate da una attenzione certosina per il dettaglio, i modelli dei personaggi sono caratterizzati da uno stile che ricorda in parte una versione meno grottesca di quello utilizzato all'interno di Dishonored.

Quando il ritmo si abbassa ulteriormente per dare spazio ai puzzle più complessi, la qualità dell'esperienza aumenta con decisione.

La scelta non è di certo da condannare a priori anche se a conti fatti un gioco che si basa con decisione anche sui dialoghi perde inevitabilmente qualcosa quando deve farlo sfoggiando modelli di personaggi e volti che non sono sempre in grado di trasmettere efficacemente le emozioni evidenziate dalla recitazione e dal contesto narrativo. Il lip sync è in questo senso ciò che fa più storcere il naso anche se nel lungo periodo il difetto diventa indubbiamente meno evidente. Call of Cthulhu è per certi versi l'emblema dei titoli pubblicati da Focus Home Interactive esattamente come il Vampyr di Dontnod Entertainment lo fu alcuni mesi fa. È quel gioco imperfetto, caratterizzato da budget evidentemente lontano dai tripla A ma comunque un'opera per certi versi unica, in grado di solleticare l'immaginario dei giocatori con qualcosa di diverso dal classico action/adventure con elementi RPG ambientato all'interno di un open-world tanto diffuso di questi tempi. Un titolo che in diverse occasioni potrà far storcere il naso ma che cerca comunque di seguire una propria strada, per quanto imperfetta, piuttosto che "copiare".

Il voto che spunta alla fine di questa recensione non deve trarre in inganno. A modo suo Cyanide ha fatto centro e ha probabilmente posto le basi per ulteriori sperimentazioni che si muovano al di là dell'ibridazione sconclusionata e sconsiderata ma al tempo stesso la formula creata dalla software house non riesce ancora a decollare del tutto. Ci sono ancora delle criticità palesi in molte sfaccettature dell'esperienza di gioco e chiudere con troppa decisione il proverbiale occhio sarebbe molto probabilmente un errore.

Sei proprio tu H.P.?

Ciononostante vale indubbiamente la pena di sottolineare come questo Call of Cthulhu meriti la vostra attenzione. Soprattutto coloro che sapranno andare almeno in parte oltre ad alcune pecche del gameplay si troveranno tra le mani una vicenda imperdibile, che saprà sicuramente deliziare i fan dell'iconico scrittore di Providence.

In questo senso proprio nel caso in cui foste tra coloro che considerano i miti del Grande Sognatore come una sorta di personalissima bibbia potreste considerare questa bizzarra creatura come un quasi must have. Quindi andate sul sicuro e non dimenticate: Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn!

7 / 10