Call of Duty: Black Ops
Treyarch risponde alla chiamata alle armi più difficile.
Giunti nelle immediate vicinanze della base sovietica constatiamo la possibilità di significativi approcci stealth o a distanza. Muniti di balestra, è pertanto possibile eludere i nemici poco distanti o creare diversivi facendo saltare in aria camion stracarichi di munizioni, per poi cecchinare uno per uno i soldati accorsi a seguito del boato.
Girando in quello che sembra un enorme garage militare, i classici cattivoni in parka e occhialini da neve sbucano ovunque sbarrandoci il cammino. È il momento di fare fuoco, e proprio in questi istanti di pura azione sembra che dietro ad ogni anfratto si celi sempre qualcuno in attesa dello scontro.
Una volta ripulita la zona, è tempo di procedere con l’irruzione calandoci da un terrazzo per approdare in una nuova area della base sfondando letteralmente la finestra. Seguono ancora scontri a fuoco, con una regia pronta a sottolineare la reazione degli avversari mentre imbracciano le armi e rispondono al fuoco della vostra squadra. Seguono corridoi e stanze colme di computer grandi come frigoriferi e bobine contenenti chissà quali dati segretissimi.
Entusiasmante da vedere e sicuramente divertente da giocare, ciò non toglie che tutta la sana azione mostrata a schermo sia frutto di un sapiente lavoro intermini di script.
Dal ghiaccio si passa poi al fuoco. Siamo ancora nel 1968, ma stavolta siamo in Vietnam, e precisamente a Hue City. L’intera zona è devastata: gli elicotteri statunitensi continuano a mitragliare pesantemente dall’alto, i palazzi crollano uno dopo l’altro e il cielo sembra una grossa fiamma che avvolge l’intero scenario.
Anche in questo caso, adrenalina e azione squisitamente cinematografica sono gli elementi predominanti. Ci si muove in questo inferno facendo incetta di nemici e scampando di volta in volta ai pericoli circostanti. L’idea è chiaramente quella di far rivivere il caos di una vera battaglia, anche a costo di stordire il giocatore praticamente ogni due passi.
Non mancano momenti drammatici, con nemici che si acquattano pregando di non essere individuati e altri che tentano disperatamente di rompere una finestra in cerca di una via di fuga. Siamo in Vietnam, e la precisione storica del team impone l’utilizzo di armi al Napalm. Fiamme illuminano di rosso ogni angolo dello scenario, e il nostro lanciafiamme contribuisce non poco a riscaldare ulteriormente l’atmosfera, eliminando tre o quattro nemici per volta.
È ancora presto per azzardare giudizi sull’opera di Treyarch, ma è chiaro che Black Ops sembra già contenere tutti gli elementi che hanno decretato la fortuna della serie. La varietà di ambientazioni e il setting moderno potranno certamente portare una ventata d’aria fresca, ma ancora una volta, servirà una sceneggiatura orchestrata a dovere e missioni capaci di evidenziare compiutamente il senso di progressione del gioco.
Il lavoro sembra procedere sui binari giusti ma al momento manca ancora il vero piatto forte del franchise, cioè un multiplayer capace di tenere testa all’incredibile lavoro svolto da Infinity Ward. Restate con noi, torneremo a parlarne quanto prima.