Skip to main content

Call of Duty Championship 2014: diario di viaggio - articolo

L'evento di Los Angeles a mente fredda.

Dopo così tanti anni in questo settore, ogni tanto mi domando se non abbia già visto tutto quel che c'era da vedere. E la risposta è che sì, probabilmente è così. Fortunatamente però ci sono tante angolazioni da cui approcciare il mio mestiere e sebbene il Call of Duty Championship 2014 non sia un'esperienza di quelle che ti cambiano la vita, s'è trattato comunque di un qualcosa cui non avevo ancora assistito.

Di tornei di videogiochi infatti ne ho visti parecchi, compresi i Blizzard Worldwide Invitational del 2007 di Seoul e del 2008 di Parigi, manifestazioni da tramandare ai posteri perché la casa di Irvine, quando si muove, fa le cose a modo. Però quello cui ho assistito lo scorso weekend è stato il mio primo Call of Duty Championship, un evento mediatico trasmesso in streaming a milioni di spettatori di tutto il mondo. E con un montepremi da un milione di dollari, 400.000 dei quali al team vincitore. Che per inciso si chiama compLexity ed è composto da quattro ragazzi (ACHES, Crimsix, Teepee e Karma) che ora si godranno una vacanza defatigante.

Quanto meritata, è stato oggetto di un'interessante discussione nata nei commenti al pezzo riguardante il professionismo nei videogiochi che ho scritto da Los Angeles. C'è chi trova immorale che per un evento del genere vengano messi sul piatto 20 anni di stipendio di un lavoratore medio italiano, chi invece ricorda che gli atleti (senza il "cyber" davanti) guadagnano ben di più e non si scandalizza nessuno. O quasi. Quella che è certa è la vicinanza geografica di questo avvenimento sportivo col quartiere di Skid Row, del quale vi parlo nel box qui a fianco. Nell'arco di pochi isolati siamo passati infatti dalla favelas brasiliana nel cuore di Los Angeles all'arena hollywoodiana dell'LA Live, in uno di quei tipici contrasti cui ci ha ormai abituati la società occidentale, soprattutto quella americana.

No, non avevano appena aperto i cancelli. Il Call of Duty Championship 2014 è stato a porte chiuse, con questo risultato.

Nella contradditoria Downtown s'è quindi tenuto l'evento di punta per il gioco di punta di Activision. Inevitabile quindi che tutto venisse fatto ad arte, in quel modo curatissimo che solo gli americani sono capaci di fare. Il risultato è stato non una NGI LAN di lusso ma una serata di gala con invitati che stranamente si sono presentati con un pad in mano. Fumi, laser, steady cam, commentatori sorridenti ed eleganti, e presentatrici scollate dalla dentatura abbagliante in stile californiano, compresa una Jessica Chobot che dal vivo dà la sensazione di aver già fatto un visita dal chirurgo plastico.

Non è mancato neppure l'ex militare a chiedere soldi per Job4Vets, società che si occupa di reinserire i veterani nel mondo del lavoro: perché l'impegno sociale alleggerisce gli animi, fa bene all'immagine e sdogana tutto. Meno male che a ricordarci che eravamo in un posto dove la gente si fraggava per soldi hanno pensato i ragazzi, che si sono affrontati nelle (sempre) stesse tre modalità: Domination, Seek & Destroy e Blitz.

Le scene cui ho assistito non sono neanche lontanamente vicine a quelle divenute famose l'anno scorso durante il campionato europeo di CoD, ma mi ha divertito riscontrare le stesse dinamiche che avvengono in qualsiasi competizione. La concitazione del momento, il capitano che urla ordini al resto della squadra, le litigate tra gli sconfitti tra un round e l'altro; lo sguardo teso e attento di chi sta vincendo, quello vacuo e inespressivo di chi sta perdendo.

Gli OpTic Gaming festeggiano la vittoria che li porta alla semifinale con un urlo liberatorio molto... agonistico!

E anche, perché no, i trucchetti psicologici per mettere in soggezione gli avversari, gli stessi che ho vissuto per anni sui campi da squash. E dunque gli sfottò agli sconfitti per fargli perdere la concentrazione in vista della partita successiva e i tentativi d'intimidazione, magari non urlando in faccia all'avversario ma infierendo sul suo cadavere con sventagliate di mitra. D'altronde in amore e in guerra tutto è lecito...

Piccole furbizie di ragazzi che a dispetto della giovane età sono smaliziati come consumati professionisti, capaci di contare tanto su una notevole astuzia quanto su riflessi fulminei dovuti a un'eccellente coordinazione tra l'occhio e la mano. E che, se mai ce ne fosse bisogno, ricordano che la differenza tra sport ed e-sport, atleti e cyber-atleti, è sempre più labile.

L'unica differenza, se proprio vogliamo, sta nella brevissima carriera di questi ragazzi che a 25 anni sono equiparabili a calciatori di quarant'anni. Per loro fortuna, a differenza di una partita di pallone, gl'incontri sono velocissimi, frenetici, e dunque incomprensibili a chiunque non sia un addetto ai lavori. Ecco quindi l'esigenza di avere dei commentatori che spieghino ciò che accade in campo, le tattiche e le strategie. E dunque di ex giocatori che possono vivere una seconda carriera dall'altra parte del monitor, sebbene faccia sempre un certo effetto vedere davanti alle telecamere dei ragazzi in giacca e cravatta che fino all'altro ieri giravano in jeans e maglietta.

Quattrocentomila dollari. Tanti? Pochi? Giusti? Ditelo voi.

E così, dopo una tre giorni a tratti interminabile, con centinaia di partite giocate e commentate, siamo arrivati finalmente alla finalissima tra compLexity ed EnVyUs, coi primi che hanno schiacciato i secondi, pur autori di una grintosa prestazione contro gli OpTic Gaming (che non sei un vero professionista se non abusi delle maiuscole nel tuo nome).

Il tripudio finale di luci, fumi e coriandoli ha conferito all'evento quell'atmosfera che fino a quel momento era mancata, complice anche l'ingresso finalmente libero di amici e parenti, che hanno riempito l'unica tribuna presente. Ma dopo aver visto altri eventi di e-sport, è la formula a porte chiuse a non convincere: senza un minimo di tifo a scaldare l'atmosfera, in un contesto emotivamente asettico, al World Championship è mancato pathos.

La gente dava la sensazione di essere lì per lavorare, non per divertirsi e godersi quella che, in fin dei conti, era pur sempre una finale mondiale. Con lo Staples Center, il Nokia Theatre e un paio di teatri nell'area di Downtown, è un peccato che non si sia pensato a una formula open. Magari l'anno prossimo?

Avatar di Stefano Silvestri
Stefano Silvestri: Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.
In this article

Call of Duty: Ghosts

PS4, Xbox One, PS3, Xbox 360, Nintendo Wii U, PC

Related topics

Sign in and unlock a world of features

Get access to commenting, newsletters, and more!