Call of Duty Vanguard Recensione: Una pallottola spuntata
Sledgehammer Games torna al timone.
Call of Duty: Vanguard è il nuovo, attesissimo capitolo della celeberrima serie di FPS a stampo bellico pubblicata a cadenza annuale da Activision e sviluppata, questa volta, da Sledgehammer Games, team californiano già salito agli onori delle cronache per il rivoluzionario Advanced Warfare e per il più recente WWII, che condivide con Vanguard l'ambientazione storica del Secondo Conflitto Mondiale.
Come di consueto, il pacchetto offerto da questa nuova iterazione di Call of Duty è alquanto corposo e ricco di contenuti che spaziano da una campagna single player dal taglio cinematografico fino ad arrivare ad un robusto comparto multigiocatore competitivo, passando dall'ormai immancabile modalità Zombie che, per questa edizione, ha subito un importante processo trasformativo.
L'adozione di una versione riveduta e corretta dell'impressionante IW 8.0 Engine di Modern Warfare, inoltre, conferisce al titolo una veste estetica di assoluto rispetto che proietta Call of Duty: Vanguard nella nuova generazione con una serie di accortezze visive dall'effetto sbalorditivo. I modelli dei personaggi, gli effetti particellari, il sistema di illuminazione: tutto contribuisce a costruire un'immagine cristallina, coadiuvata dal solito frame-rate granitico a 60fps.
Purtroppo, però, dobbiamo riconoscere che la grande quantità di contenuti e la cura dimostrata nella realizzazione tecnica di questa ennesima incarnazione di Call of Duty non sono supportate da un uguale sforzo in termini di scrittura o di aggiornamento delle meccaniche che, oramai, iniziano a mostrare il fianco al tempo che scorre inesorabile, soprattutto se raffrontate con le decine di altri esponenti del genere che popolano il mercato di questi tempi. Ma andiamo per gradi.
Berlino, 1945. La Seconda Guerra Mondiale è ormai alle battute finali, il Reich sta perdendo su tutti i fronti e l'esercito dell'Asse è costretto a ritirarsi a Berlino dove l'Armata Rossa e gli Alleati si preparano a sferrare l'attacco decisivo in modo da chiudere per sempre una delle pagine più oscure della storia dell'umanità.
Eppure, il pericolo non è ancora scampato. Alcune voci di corridoio suggerirebbero che Hitler, poco prima di compiere l'estremo gesto chiuso nel suo bunker abbia architettato un ultimo, folle piano criminale per garantire stabilità e lunga vita alla Germania Nazista: il progetto Phoenix.
A quanto pare, il folle leader del partito nazionalsocialista che tanto dolore e morte ha causato in tutto il globo, avrebbe in mente di designare un successore, un individuo talmente potente e radicato nel tessuto sociale dell'epoca da rappresentare un valido leader per condurre la nazione all'agognato e terribile obiettivo dell'istituzione di un fantomatico Quarto Reich.
Si tratta di una prospettiva a dir poco terrificante che richiede un'operazione di intelligence particolarmente articolata che coinvolge Paesi da ogni angolo del globo per debellare questa incombente minaccia. In buona sostanza, l'idea è quella di mettere insieme una squadra altamente specializzata composta da agenti che si sono distinti sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale e che, per un motivo o per l'altro, hanno dei conti in sospeso da saldare con le forze dell'Asse: la Task Force 1.
È la nascita del primo gruppo di Forze Speciali della storia dell'umanità, un team di soldati di élite scrupolosamente selezionati per compiere missioni dall'elevato gradiente di rischio, impossibili per chiunque altro.
La campagna single player di Call of Duty: Vanguard inizia di notte, su un treno lanciato a tutta velocità sulle rotaie di una Amburgo sferzata dal vento e dalla pioggia battente. Qui facciamo la conoscenza del carismatico leader della squadra, Arthur Kinglsey, originario del Camerun ma in forze all'esercito britannico.
Ad accompagnarlo in questa prima missione ci sono anche Polina Petrova (cecchina russa ispirata ad una soldatessa realmente esistita e passata alla storia con oltre 300 abbattimenti confermati tra le file dell'esercito tedesco); il dinamitardo australiano Lucas Riggs e il pilota dell'aeronautica statunitense Wade Jackson. I quattro sono ad un passo dal mettere le mani sui documenti che proverebbero l'esistenza del progetto Phoenix ma l'operazione, ovviamente, è destinata a finire nel peggiore dei modi.
Dopo un intenso conflitto a fuoco, sapientemente coreografato con la solita dose di spettacolarità e adrenalina, la Task Force finisce nelle grinfie di Henrich Friesinger, il direttore della Gestapo. Quest'ultimo, delineato come il più classico archetipo dell'ufficiale nazista perfido ed efferato, conduce la squadra nelle prigioni del Reich in cui, tramite l'espediente narrativo dei flashback, potremo approfondire il passato di ciascuno dei protagonisti.
Ciò ha permesso a Sledgehammer Games di progettare delle missioni dalla breve durata e tutte apparentemente slegate tra loro, in cui sperimentare sia sotto il profilo del ritmo dell'azione che con le abilità peculiari di ciascun personaggio.
Il flashback di Kinglsey, ad esempio, è ambientato in Normandia, nella notte precedente al famoso D-Day, e immerge il giocatore in un contesto meno frenetico del solito, costringendolo ad adottare un approccio più stealth a causa di una sistematica mancanza di armi. Dopo esserci riuniti ai nostri compagni, tuttavia, l'azione accelera irrimediabilmente e il conflitto assume proporzioni ben più ingenti.
Qui potremo fare affidamento sulle doti da leader del buon Arthur che ci consentiranno di impartire ordini ai compagni e segnalare potenziali obiettivi sul campo di battaglia su cui concentrare il fuoco. Si tratta di una meccanica interessante per quanto non esattamente originalissima che però, come tutte quelle che vedremo a breve, sono utilizzate più come un tentativo di dare un minimo di caratterizzazione ai vari soldati che come mezzo per variegare l'esperienza di gioco.
Emblematico, in tal senso, il 'potere' di Wade che gli permette di raccogliere la concentrazione per scorgere la presenza di nemici nelle vicinanze, con tanto di effetto wallhack e auto-aim sui malcapitati che incontreremo sul nostro cammino. Potenzialmente è un concetto che potrebbe essere giustificato con la necessità di un soldato di dare fondo a tutto il proprio istinto per sopravvivere a situazioni di estremo pericolo ma è implementato talmente male da sembrare un fondamento di gameplay appena accennato, una meccanica presente ma totalmente fine a sé stessa (e utilizzabile letteralmente due volte per tutta la durata della campagna).
Leggermente meglio le fasi in cui prendiamo il controllo del leggendario Usignolo, Polina Petrova, in cui Vanguard assume i connotati di un action/platform sfruttando la spiccata agilità della cecchina russa. Polina può arrampicarsi sulle sporgenze come una novella Lara Croft, sgattaiolare attraverso condotti di areazione e strettoie di vario tipo per assalire i nemici alle spalle come un redivivo Sam Fisher o riposizionarsi rapidamente per scatenare la furia del suo infallibile fucile di precisione come nei migliori Sniper Elite.
Anche in questo caso, però, l'eccessiva linearità del level design (sensibilmente più guidato anche rispetto alla media del passato della serie) penalizza fin troppo la libertà d'azione del giocatore, troppo spesso costretto a seguire un percorso predeterminato e impossibilitato a trarre il massimo dalle abilità specifiche degli eroi.
Il povero Lucas Riggs, infine, deve accontentarsi della possibilità di portare con sé fino a quattro equipaggiamenti letali differenti, non essendo in possesso di alcun'altra capacità particolare. Davvero un peccato.
La sceneggiatura stessa della campagna single player sembra essere stata stesa con una certa approssimazione. Le motivazioni dei villain rimangono per lo più suggerite per l'intera durata della storia, non ci sono reali colpi di scena utili a mantenere alta l'attenzione dei giocatori e il finale, troppo brusco e repentino, è tra i più anticlimatici dell'intera storia del brand.
È un po' un mistero come Sledgehammer Games non sia riuscita a centrare il bersaglio con questa storia dai presupposti tanto affascinanti, soprattutto considerando il buon lavoro svolto con Advanced Warfare e WWII. La campagna di Vanguard, per quanto piuttosto gradevole da giocare nelle circa 6 ore necessarie a portarla a termine, non impressiona né sotto il profilo visivo, a causa di una regia parecchio meno ispirata rispetto al passato, né sotto quello della trama, davvero troppo sbrigativa per poter lasciare un segno concreto.
Il vero fiore all'occhiello di qualunque Call of Duty che si rispetti tuttavia è tradizionalmente il comparto multigiocatore online che, anche in Vanguard, si presenta all'appuntamento in un ottimo stato di salute grazie ad una mole contenutistica smisurata e ad un gameplay sempre incredibilmente accessibile e divertente.
Per chi non avesse seguito il percorso di anteprime e prove che hanno preceduto l'uscita di questo nuovo episodio di COD, è bene ripetere come, sotto il profilo della struttura ludica, Vanguard attinga a piene mani dal reboot di Modern Warfare del 2019, riproponendo un feeling pressoché identico a quello dell'ultima fatica di Infinity Ward.
I movimenti risultano fluidi e dinamici mentre le armi sono state riprodotte in modo il più possibile fedele alla realtà in modo da replicarne i comportamenti e offrire ai giocatori un ampio ventaglio di scelte in termini di equipaggiamento e armamentario da portare sui campi di battaglia in rete.
A tal proposito è opportuno evidenziare il ritorno dell'Armaiolo, ormai un importante punto cardine dell'esperienza di Call of Duty, che consente di personalizzare le bocche da fuoco in dotazione ai soldati fin nei minimi particolari. In Vanguard, indipendentemente dal tipo di arma che sceglierete, avrete a disposizione un quantitativo mastodontico di accessori, livree, ottiche e appendici per modificare radicalmente le prestazioni delle vostre armi e adattarle al meglio allo stile di gioco che preferite.
Certo, permangono ancora evidenti problemi di equilibrio tra la potenza dei fucili d'assalto e dei fucili a canna liscia o la velocità delle mitragliette ma, tutto sommato, possiamo dirci soddisfatti del lavoro svolto da Sledgehammer nella creazione di un ambiente di gioco online che garantisce battaglie piuttosto eque e bilanciate sia per i novizi che per i più rodati veterani della serie.
Tornano ovviamente anche le Serie Uccisioni che, abbandonato il sistema di punteggio visto in Cold War, premiano i giocatori che riescono ad accumulare diverse eliminazioni senza morire con ricompense che vanno dal classico radar e raid aereo a soluzioni ben più devastanti come i Cani da Guerra (già apparsi in World at War) o la tuta da Pironauta con tanto di lanciafiamme.
Buono anche il lavoro svolto sulle mappe, ben venti già dal day-one, un sapiente mix di nuove proposte e revival di ambientazioni storiche come le splendide Dome e Castle direttamente da World at War. Queste ultime, però, mettono in mostra una criticità che Call of Duty porta con sé da qualche uscita a questa parte, ossia quella legata ai respawn.
Se da un lato, infatti, le nuove mappe dal più ampio respiro riescono in qualche modo a mascherare i deficit di gestione dei rientri dopo la morte, dall'altro Dome e Castle risultano particolarmente caotiche per via della loro origine legata a doppio filo ad un'esperienza molto più ragionata rispetto a quella offerta dai CoD più moderni.
Si tratta in definitiva di un comparto multigiocatore solido e convincente che, seppure fortemente radicato nella tradizione della serie (nel bene e nel male), saprà regalarvi ore ed ore di spensierato divertimento tra modalità classiche come TDM, Cerca e Distruggi, Dominio e Postazione o novità assolute come Collina dei Campioni di cui vi abbiamo già parlato approfonditamente in passato.
Resta da trattare la sezione relativa agli Zombie di Vanguard, curata per l'occasione proprio dai padri di questa celebre modalità: Treyarch. Der Anfang, come dicevamo in apertura, rappresenta una piccola rivoluzione per Call of Duty Zombies che abbandona la semplice struttura ad ondate che ha caratterizzato tutte le precedenti edizioni, per adottare uno stile più in linea con quello dei roguelike.
Una volta avviata una nuova partita, infatti, verremo proiettati in una piazza nel cuore di Stalingrado in cui, spendendo i soldi e le risorse ottenute sterminando i non-morti, potremo acquistare nuove armi o potenziare i nostri equipaggiamenti. Dopo aver preparato adeguatamente l'offensiva, potremo accedere ad uno dei portali che appariranno in zona e che consentono di partecipare ad una delle attività ideate dal team di Treyarch.
Le missioni Raccolta richiedono di eliminare rapidamente gli zombie e di consegnare le pietre runiche trovate sui loro cadaveri in una zona della mappa; quelle Blitz di resistere agli assalti dei nemici per un determinato periodo di tempo; quelle di Trasmissione di portare una testa fluttuante da un punto all'altro dello scenario.
Completata la missione, verremo trasportati nuovamente alla piazza per poter migliorare ulteriormente il nostro personaggio e ricominciare un ciclo che si spezzerà solo quando le forze demoniche che ci sbarreranno la strada diventeranno riusciranno a sopraffare i nostri sforzi.
È senza ombra di dubbio una svolta tanto inaspettata quanto gradita per la serie, che riesce a svecchiare in un solo colpo anni di meccaniche stantie che iniziavano a fare sentire il peso del tempo. C'è da dire che la presenza di sole quattro attività differenti può sfociare ben presto in una notevole sensazione di ripetitività ma, d'altro canto, Treyarch ha già confermato di essere a lavoro su un programma di aggiornamenti costanti (e gratuiti) che potrebbero migliorare parecchio la situazione nel corso dei prossimi mesi.
In definitiva, Call of Duty: Vanguard ci ha convinti solo a metà. Se da una parte possiamo trovare un comparto multiplayer solido e dannatamente divertente, dall'altra appare chiaro come Sledgehammer si sia limitata a fare il minimo indispensabile con la campagna single player che risulta notevolmente meno ispirata rispetto a quelle che l'hanno preceduta negli scorsi anni (Modern Warfare e Cold War in primis).
Buono il lavoro svolto da Treyarch sui suoi Zombies ma, sotto questo punto di vista, solo il tempo potrà dirci quanto sarà stata efficace la piccola rivoluzione apportata a questa celebre modalità.
Call of Duty: Vanguard è un acquisto consigliabile solo a chi sia fermamente intenzionato a passare decine e decine di ore nei campi di battaglia online della Seconda Guerra Mondiale in cerca di un'esperienza sempre fresca, accessibile e divertente.
Se, invece, eravate in cerca di una storia emozionante, ben calibrata e ricca di colpi di scena, il rischio concreto è quello di ottenere una cocente delusione.