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Call of Juarez: The Cartel

Perché cambiare qualcosa che funziona?

Nel calcio, così come in gran parte degli sport di squadra, è abitudine citare un famoso adagio che recita che “squadra che vince non si cambia”. Spesso questo detto è stato utilizzato anche nel mondo dei videogiochi, che per decenni (e in parte ancora oggi), ha testimoniato l’uscita di raffiche di sequel senz’anima, che poco o niente aggiungevano ai capitoli precedenti.

Poi ci sono le eccezioni, molto rare a dire la verità, rappresentate da quei prodotti che cambiano in parte o anche radicalmente lo stile e le caratteristiche di quelli che li avevano preceduti. In alcuni casi il risultato finale è stato positivo (vedi, ad esempio, Resident Evil 2), in altri molto meno, ed è purtroppo questo il caso di Call of Juarez: The Cartel.

Mi ero divertito parecchio con il capitolo precedente, che insieme a Gun e Red Dead Redemption aveva rappresentato una buona fonte con la quale placare la mia sete di western. Ho accolto con disappunto il cambio di rotta di questa nuova uscita e in più di un’occasione mi sono chiesto il perché di questa decisione, visto che il secondo capitolo aveva ricevuto buone critiche e tutto sommato anche buoni risultati al “botteghino”.

Il design del gioco è altamente prevedibile. Dopo un’ora saprete già da dove spunteranno i prossimi nemici.

I miei dubbi sono cresciuti ulteriormente in sede di hands-on, nel quale avevo evidenziato alcuni importanti difetti strutturali e tecnici che mi facevano temere il peggio per il prodotto finale.

Purtroppo tali timori si sono dimostrati fondati una volta messe le mani sul gioco, una rivisitazione moderna del west nella quale praterie, ranch, cavalli e colt a tamburo sono stati sostituiti da ambientazioni urbane, grattacieli, SUV e mitragliatori automatici.

Tre protagonisti si contendono le luci della ribalta e le decisioni del giocatore, chiamato a sceglierne uno all’inizio dell’avventura. Il trio è piuttosto disomogeneo nella caratterizzazione e alcune sottotrame che lo riguardano contribuiscono a rendere la loro conoscenza via via più interessante.

Abbiamo l’affascinante e determinata agente FBI Kimberly Evans, il cow-boy moderno Benjamin McCall della omicidi e l’agente della narcotici Eddie Guerra, un tipo dal passato tutt’altro che cristallino. A prescindere da chi di loro si scelge all’inizio, la trama non cambia molto. Tutto ruota intorno al tentativo di distruggere il “cartello” che dà il titolo al gioco, un gigantesco traffico di droga che dalla costa ovest degli Stati Uniti minaccia di sommergere l’intero pianeta in un oceano di stupefacenti.

Il trailer del gioco.