Card Shark Recensione, una partita a carte tra inganno e ghigliottine
Un asso nella manica spesso non basta.
È ormai indubbio che Devolver Digital abbia l’occhio lungo per giochi che sanno catturare l’attenzione e che si rivelino piccole sorprese in grado d’intrattenere e divertire. Il prodotto in questione stavolta è Card Shark, adopera di Nerial, il team che ha dato vita a Reigns, disponibile anche su mobile, e che ha ricevuto maggior popolarità grazie alla versione dedicata a Game of Throne.
Dopo Pikuniku, lo studio londinese si è messo al lavoro su qualcosa di completamente diverso nel tentativo di creare un prodotto sorprendente e che potesse intrigare una più larga fetta di pubblico. Non possiamo negare che fin dalla prima presentazione ufficiale Card Shark sia entrato immediatamente nei progetti indie da tenere d’occhio, grazie a un’apparente semplicità di gameplay ed una grafica più che piacevole a schermo.
Dopo aver provato la demo, tutt’ora disponibile sia su Steam che su Nintendo e-Shop (le piattaforme su cui sarà disponibile il gioco completo a partire del 2 giugno), abbiamo potuto mettere le mani sulla versione finale e completa. Possiamo dire fin da subito che le prime impressioni sull’ironia e la leggerezza con cui questo titolo è stato costruito, permangono col crescere delle ore all’interno del gioco, con alcune chicche in grado di generare sempre nuovi stimoli per portare il giocatore a terminare l’esperienza. La preoccupazione principale, però, risiedeva nella longevità del prodotto e su come non rendere banali gameplay e narrativa sulla lunga distanza.
Con poche certezze e qualche dubbio abbiamo dunque intrapreso questo viaggio nella Francia del XVIII secolo, un’epoca storica ben nota per i grandi avvenimenti politici e culturali. Vestiamo i panni di un ragazzo muto, cameriere in una locanda apparentemente anonima, ai servizi di una signora esigente ma di buon cuore. In una notte qualunque al tavolo della taverna si siede un uomo che ci propone di aiutarlo nella vile e rischiosa arte dell’inganno, insegnandoci dunque un primo trucco per avere la meglio in una partita a carte barando.
L’incipit di Card Shark è molto semplice e non troppo originale, una messa in scena che possiamo dire di aver visto in molti film o letto in romanzi dell’epoca ma che, nella sua banalità, offre l’appiglio giusto per creare una storia a suo modo interessante. Senza dilungarci troppo nel preambolo alla trama, ci ritroviamo catapultati in un’avventura in varie città francesi con l’obiettivo di gonfiare il nostro sacchetto di monete e di scoprire qualche segreto in più dietro l’intricata rete di mistero che permea la borghesia parigina.
Come avrete capito lo scopo del gioco è semplicissimo: per vincere è obbligatorio barare. Trattandosi di un prodotto in cui i nostri movimenti sono dettati da una modalità punta e clicca, in cui ci è concesso “giocare” solo in determinate finestre di tempo, la precisione e la rapidità di esecuzione sono l’unica cosa necessaria per portarsi a casa una mano vincente. Il nostro compagno di avventura e mentore, il Conte di Saint-Germain, ci insegnerà, tappa dopo tappa, trucchi nuovi e sempre più elaborati per poter ingannare i signori e le dame che siederanno al nostro tavolo.
I primi imbrogli sono semplici e sfruttano la nostra vita da cameriere, come il poter sbirciare le carte dell’avversario mentre stiamo versando del vino e segnalare al nostro complice il seme più alto grazie a delle rotazioni del panno sul tavolo. I trucchi e gli inganni si estendono anche a quando saremo noi a partecipare alla partica, con la possibilità, ad esempio, di raccogliere le carte in modo da distribuire le più alte al Conte. In tutto ci sono circa 30 trucchetti da imparare, alcuni sicuramente più banali ed altri inutilmente complicati ma che costituiscono il nostro lasciapassare per arrivare a scoprire uno dei segreti più importanti della Corona francese.
La difficoltà principale di Shark Card però non è contraddistinta dalla facilità o meno di ricordarsi quali azioni o movimenti fare ma si basa sul tempismo. Quando si è al tavolo appare una barra sull’estremità inferiore dello schermo che determina la pazienza del nostro avversario; se perdiamo troppo tempo, il pollo che vogliamo spennare si accorgerà dell’inganno e potrà reagire malamente, anche uccidendoci.
Fine del gioco quindi? No, ed è proprio in questo che Card Shark mostra sia la genialità nella scrittura e, al tempo stesso, qualche limite tecnico. Nell’opera di Neriel non vi è una morte vera e propria che costringa il giocatore ad iniziare un nuovo salvataggio e questo ci ha molto sorpreso, soprattutto per il modo cui questo viene gestito in gioco.
Nel caso finissimo tutte le monete potremo tornare alla locanda iniziale e, mano dopo mano, potendo scegliere quale trucco usare e lasciare il tavolo in qualsiasi momento, potremo ricreare un piccolo gruzzolo che ci permetterà di proseguire la storia.
Le cose si fanno più interessanti, si fa per dire, in caso di morte. In quest’ultimo caso potremo scegliere di pagare il nostro ritorno sulla Terra coi soldi o giocarci letteralmente la partita più importante della nostra vita con la Morte in persona. Insomma, nel mondo dei ladri e bari c’è sempre un modo per farla franca.
Precedentemente però abbiamo accennato che questo meccanismo innesca anche dei problemi, a volte talmente gravi da compromettere l’intero salvataggio. Tornando dalla morte il gioco riprende all’inizio della partita che stavamo giocando, con l’obbligo di dover rileggere tutti i dialoghi senza possibilità di saltarli e, nel caso lasciassimo il tavolo prima della conclusione della trama, uno dei personaggi a schermo si blocca in un loop di animazioni senza fine, lasciandoci con nessuna possibilità di ripresa.
Anche lo schema dei comandi, sia con mouse che con pad, a volte subisce un ritardo nei tempi di risposta che può essere fatale, costringendoci a ripetere il livello. I tasti e i movimenti richiesti per segnalare i semi delle carte o il valore di esse sono semplici ma l’input ricevuto dal gioco è molto spesso impreciso, tanto da riconoscere un comando per un altro.
Nonostante un taglio artistico degno di nota, dove si nota l’estro e la cura di Nicolai Troshinsky (il tutto accompagnato da una buona colonna sonora d’orchestra ad opera di Andrea Boccadoro), Card Shark mostra il fianco a qualche problema di troppo. Dispiace molto vedere un titolo divertente e sagace perdersi in certi bug e mostrare la mancanza di quelle accortezze che avrebbero reso il gioco un’altra piccola perla di Devolver Digital.
È stato divertente passare dalla spalla del baro all’esserne complice, con trucchetti sempre più elaborati e che richiedono molta concentrazione e precisione, nonostante col precedere del gioco divengano sempre meno originali. I personaggi sono ben caratterizzati, la storia scorre fluida ed offre anche qualche piccolo colpo di scena, ed è davvero facile rimanerne inizialmente catturati.
Ci auguriamo dunque che il team possa correggere queste sbavature, dall’imprecisione dei comandi ai personaggi bloccati, che purtroppo rovinano un’esperienza genuina e simpatica con cui intrattenersi per una manciata di ore.