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Cena con delitto - recensione

Da Star Wars ad Agatha Christie il passo è breve.

Difficile dire perché un film come Cena con delitto sia divertente e degno di visione. Difficile perché della trama si può raccontare appena l'essenziale. Muore, per apparente suicidio, il celeberrimo scrittore di libri gialli Harlan Thrombey, ricchissimo ottantacinquenne ancora assai pimpante (Christopher Plummer) e con le idee chiarissime nei confronti della sua parassitaria famiglia.

Il fattaccio avviene dopo una festa di compleanno cui partecipano il figlio maggiore Walt (Michael Shannon), umile erede di un patrimonio letterario che non ha avuto mai davvero modo di amministrare, pur da direttore della casa editrice dei romanzi paterni; la sua ansiosa moglie e il figlio adolescente con simpatie naziste e cellulare incorporato (Jaeden Martell di It); la figlia Linda (Jamie Lee Curtis), con avido un ma ancora fascinoso consorte (Don Johnson) e il figlio ben cresciuto (Chris Evans), nullafacente a vita.

C'è poi la vedova di un altro figlio deceduto, Joni (Toni Collette), rimasta legata al suocero per puro interesse, insieme alla figlia ipocritamente contestatrice (Katherine Langford della serie tv 13); la madre di Harlan, specie di mummia su sedia a rotelle che tutto vede e tutto ascolta (perché se lo scrittore ha 85 anni, quanti mai ne avrà lei?), interpretata dalla veterana K Callan. Fra di essi, considerata apparentemente una di loro, si muove Marta (Ana de Armas con i suoi occhioni), immigrata da qualche paese sudamericano che nessuno ricorda bene, con famiglia clandestina a carico, infermiera e assistente dello scrittore, a lui devota.

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Naturalmente la casa dello scrittore è una magione antiquata, una villa bostoniana a due piani, piena di corridoi e passaggi, satura di mobili e suppellettili, circondata a un parco che è impossibile coprire con le telecamere di sorveglianza, dove scorrazzano due luponi che abbaiano solo a chi sta proprio antipatico. Sul luogo del delitto arrivano due detective, cui poi si aggiunge un misterioso investigatore privato, tale Benoît Blanc (Daniel Craig), uomo dalla leggendaria fiducia nelle proprie capacità, che tutto vede, tutto ascolta e fiuta e deduce.

Ovviamente non può mancare un testamento da aprire e quando arriva il notaio (Frank Oz) è scontato aspettarsi qualche brutta sorpresa per gli astanti. Ma mentre i famigliari si dilaniano fra loro (lo sport prediletto è "girare il coltello nella piaga dell'altro"), mentendo e sapendo di mentire, anche la palpitante infermiera deve affrontare le sue grane.

Tutti i personaggi sembrano pedine spostate sulla scacchiera da un invisibile demiurgo, tutto quanto avviene fra colpi di scena, e il risultato è una trama che sembra un libro di Harlan, tanto da costituire motivo di goduria per uno dei detective, fan sfegatato del defunto. Si sbroglierà l'aggrovigliata matassa di menzogne o presunte verità? E chi alla fine ne uscirà meglio?

Il calore sincero della famiglia?

Cena con delitto (in originale 'Knives Out', fuori i coltelli) è scritto e diretto da Rian Johnson, regista di Star Wars VIII, quel "Gli ultimi Jedi" investito da ondate di critiche dai fan più duri e puri, che qui, libero dalla presenza di una Major, senza la pressione terrificante del fan service, dimostra un suo talento riprendendo un progetto che risale ai tempi di Looper, misconosciuto film sui viaggi nel tempo.

Johnson cita come fonte per la sua ispirazione molti titoli classici del genere prediletto da Agatha Christie, con delitti commessi dentro ambienti "chiusi", cerchie di famigliari e amici, e stanze, magioni, isole, villaggi, treni, navi. Johnson ha anche pubblicato online i poster dei film che lo hanno ispirato (fra cui, pensiamo per scherzo, anche Detective Pikachu). La più palese fonte ispiratrice di questo riuscito 'murder mystery' è chiaramente la Christie e quindi Assassinio sull'Orient Express, Assassinio sul Nilo, Assassinio allo specchio e Delitto sotto il sole.

Ma il regista cita anche Un rebus per l'assassino (diretto da Herbert Ross ma scritto dall'attore Anthony Perkins insieme al compositore Stephen Sondheim) e Invito a cena con delitto, la divertente parodia di Neil Simon (ispirato al grande classico Dieci piccoli indiani, a sua volta divenuto film e serie TV). Poi si prosegue con Trappola mortale (Sideny Lumet, su testo di Ira Levin) e non può mancare Signori il delitto è servito, tratto dal gioco Cluedo, a sua volta ispirato a tutta questa serie di narrazioni. Ci ha provato anche Robert Altman con Gosford Park e noi ricordiamo la serie TV Ordeal by Innocence - Le due verità.

Non sembra tanto bello e onesto?

Il bello è che Johnson non esegue un compitino ben fatto, su noti modelli del passato. Lo ravviva, lo attualizza e lo arricchisce di dettagli surreali e spiritosi, facendo di Cena con delitto non la banale rilettura di un format di genere ma una spassosa variazione sul tema, inserita in una cornice volutamente canonica, quanto ad ambientazione e caratteri, sostenuta dalle convinte interpretazioni di un cast variegato, al quale è stato detto di fare tutto con grande serietà ma anche con ironia.

Il protagonista della storia è un insolito e divertito Daniel Craig, che nell'originale sfoggia un accento del Tennessee, collegato al suo cognome francese, probabile omaggio al notissimo Hercule Poirot. Tutto il resto del cast è composto da attori notissimi, assai ben scelti. Oltre al Grande Vecchio Christopher Plummer (5 anni più del suo personaggio) si rivede brevemente un altro ultra-ottantenne, M. Emmet Walsh.

Anche le musiche di Nathan Johnson si adeguano all'atmosfera del film. Cena con delitto non si dimentica però di essere un "giallo" e fornisce allo spettatore più curioso qualche elemento per non farlo arrivare alla conclusione troppo sprovvisto di indizi.

Il detective e la fanciulla.

In tale contesto risaltano maggiormente alcune bizzarrie dei personaggi, la più divertente delle quali (ci asteniamo dallo specificarla) riguarda la protagonista, la tenera, indifesa infermierina latina, afflitta da una caratteristica che, usata in maniera spiritosa, sembrerà nuocerle per poi risultarle favorevole. In fondo "non conta la verità ma quello che si fa dopo averla scoperta".