Che cos'è Embracer Group, la nuova superpotenza del gaming
Una storia fatta di grandi acquisizioni che non ha ancora prodotto grandi videogiochi.
Siamo nel 1980: l'imprenditore svedese appena tredicenne Lars Wingefors, che aveva messo via più di qualche soldo commerciando principalmente borse in plastica, fonda una piccola società che tratta la vendita per corrispondenza di fumetti usati originariamente acquistati nei mercati delle pulci, ovvero la LW Comics. Quando la suddetta compagnia oltrepassa il confine delle 300.000 corone di fatturato annuale, solo tre anni più tardi, il giovanissimo Wingefors decide di espandere la propria attività attraverso la costituzione di Nordic Games, impresa che ricalcava la medesima struttura di LW Comics nell'ambito dei videogiochi.
Oggi Lars Wingefors è CEO è fondatore di Embracer Group, società che rappresenta proprio la “forma finale” di quella Nordic Games nata nel 1983, ora una gigantesca holding che si sta facendo strada con una velocità disarmante fra gli altri colossi del gaming, adottando una forte strategia espansionistica che in tempi recenti l'ha portata ad acquisire dozzine di software-house. Sono oltre 120 gli studi di sviluppo che fanno parte del gruppo, i videogiochi in sviluppo sono quasi 270, e fra questi spiccano 30 titoli AAA. Ma cosa si nasconde dietro il gigante che ora possiede i diritti di pubblicazione di Tomb Raider, di Deus-Ex, e persino de Il Signore degli Anelli?
La prima Nordic Games fondata da Wingefors si trovò nei '90 a fatturare oltre 5 milioni di corone. Un fattore, questo, che portò il giovane imprenditore a trasformare quello che era un marketplace per corrispondenza in una vera e propria catena di negozi retail. Dopo aver aperto sette punti vendita in Svezia, Wingefors decise di vendere l'azienda a Gameplay Sweden – sussidiaria di Gameplay.com – che provò senza successo ad espandersi oltre i confini del medium. All'alba dei 2000 l'esplosione della bolla di internet compromise irrimediabilmente la situazione: Nordic Games fu rivenduta a Lars per il prezzo simbolico di una singola corona svedese, e la dichiarazione di bancarotta gettò le fondamenta di quello che si sarebbe trasformato in un inaspettato rinascimento.
L'imprenditore decise di investire i suoi risparmi in una nuova società, ovvero Game Outlet Europe, il cui scopo era quello di acquistare grossi stock di copie invendute delle principali società del mondo del gaming, come ad esempio Electronic Arts, per poi pacchettizzarle e rivenderle sul mercato internazionale. Questo nuovo successo spinse Wingefors a diversificare gli investimenti – nonché a recuperare il vecchio marchio a cui era affezionato – attraverso Nordic Games Publishing, una sussidiaria destinata alla produzione di videogiochi originali che mirassero a riempire specifiche nicchie di mercato.
Tale filosofia si tradusse nella pubblicazione di We Sing per console Nintendo, un titolo che nacque proprio a seguito di un'analisi di mercato che individuò l'assenza totale di un competitor del SingStar di PlayStation sulle piattaforme della casa di Kyoto. Accanto ad altre produzioni minori, We Sing portò una violenta impennata nel fatturato della compagnia, e fu così che a marzo del 2011 fu istituita Nordic Games Holding, nuova capogruppo destinata ad accogliere sotto il suo cappello tanto Nordic Games Publishing quanto Game Outlet Europe, allineando tutti i tasselli necessari per un'espansione a livello internazionale.
Fu allora che le cose iniziarono a farsi non solo serie, ma soprattutto complicate: a giugno del 2011, la holding acquisì JoWood Entertainment AG, una società di publishing allora in bancarotta che deteneva i diritti di serie di videogiochi come i classici Gothic e SpellForce. A seguito di una sequela di passaggi di mano, si arrivò alla fondazione di una nuova holding ancora più vasta, Nordic Games Licensing, ma anche questa “nomenclatura” sarebbe stata destinata ad avere una vita brevissima: tre anni più tardi, tra il 2013 e il 2014, si verificò infatti un vero e proprio terremoto.
La società acquisì a sorpresa diversi asset da un'altra grossa compagnia in bancarotta, ovvero THQ – un vero e proprio colosso dell'intrattenimento fondato nel 1990 - fino ad appropriarsi anche del marchio stesso, trasformandosi di conseguenza in THQ Nordic GmbH. Oltre ad essersi assicurato i diritti di pubblicazione legati a un numero incalcolabile di titoli di successo, Wingefors poté finalmente capitalizzare su un nome forte come quello di THQ, e fu proprio per questa ragione che la holding divenne pubblica, venendo quotata al Nasdaq con una valutazione complessiva di 1.9 miliardi di corone svedesi.
Dopo aver incorporato tramite THQ tantissime IP tra cui spiccano Darksiders, Destroy All Humans, MX vs ATV, Red Faction e Saints Row, la nuova società di Wingefors puntò dritto su Koch Media Holding, e soprattutto sulla divisione publishing Deep Silver (Metro, Dead Island), acquisendo a febbraio 2018 l'intero pacchetto per ampliare ulteriormente i confini del gruppo; questa operazione avrebbe portato, in futuro, anche all'acquisto dello studio italiano Milestone (Ride, MotoGP) per 50 milioni di dollari. Nello stesso anno fu ultimata anche l'incorporazione di Coffee Stain (Goat Simulator, Satisfactory), e quella che inizialmente appariva come una “semplice” coppia di acquisizioni portò ad un incremento dei profitti legati alle vendite del 713%, per un totale annuale di 447 milioni di dollari.
Fu solo nel 2019 che emerse il nome che oggi sta facendo piazza pulita nel settore del gaming: dopo aver comprato Goodbye Kansas Game Invest, una società di investimenti con diverse partecipazioni in studi di sviluppo emergenti, per evitare confusione con la sua divisione di publishing – che si chiamava anch'essa THQ Nordic – il gruppo cambiò nome in Embracer Group. Entro la fine dell'anno si sarebbe concretizzata la prima acquisizione di questa nuova era, ovvero quella di Tarsier Studio, ma la proprietà originale mantenne i diritti di pubblicazione di Little Nightmares e The Stretchers.
Negli anni successivi Embracer Group assieme ad Amplifier Game Invest (frutto del rebranding di Goodbye Kansas) si abbatté come un uragano sull'industria dei videogiochi. A febbraio 2020 spese mezzo miliardo di dollari per accaparrarsi l'intera Saber Interactive, comprese le singole IP e i cinque studi di sviluppo interni, per poi puntare deciso verso DECA Games, publisher di titoli mobile free-to-play. L'impennata del segmento smartphone spinse anche all'acquisizione di Crazy Labs, società israeliana specializzata in videogiochi hyper-casual. Il picco di questo processo di crescita, d'altra parte, si sarebbe raggiunto solamente nel 2021, con la doppia acquisizione completa di Gearbox (Borderlands, Brothers in Arms) e Aspyr Media, per un totale complessivo di 1,75 miliardi di dollari.
Verso la fine del 2021 Embracer Group imboccò anche la prima deviazione netta dal binario del mondo dei videogiochi, mettendo sul piatto 2.75 miliardi per acquisire Asmodee e impiantare solide radici nel segmento dei board games. Ma non sarebbe stata l'unica diversificazione del business, perché di lì a breve avrebbe puntato gli occhi su Dark Horse Publishing e Dark Horse Entertainment, penetrando ufficialmente anche il segmento dei fumetti e quello della produzione cinematografica.
È bene precisare che nel corso delle analisi ci siamo limitati a prendere in considerazione le operazioni che hanno coinvolto pubisher e holding che facevano da contenitori a diversi studi di sviluppo e ampi bacini di IP, ma nel frattempo Embracer Group ha messo le mani su decine e decine di singoli studi di sviluppo. Tra questi vale la pena citare 3D Realms, 4A Games, Snapshot Games, Cryptic Studios e Ghostship Games, ma anche importanti asset ausiliari come la società di quality-assurance Quantic Lab, e persino servizi di streaming e società di produzione del calibro di Spotfilm Networx e Sola Media.
Tuttavia, è stato solo a maggio del 2022 che le attività di Embracer Group sono giunte all'attenzione del grande pubblico internazionale. A seguito di una trattativa con Square-Enix, la holding è riuscita ad integrare nel suo portfolio studi del calibro di Crystal Dynamics, Eidos Montreal e Square-Enix Montreal, assieme ai diritti su opere celebri come Tomb Raider, Deus-Ex, Thief, Legacy of Kain e oltre una cinquantina di altre, il tutto per 300 milioni di dollari. Una somma che diversi esperti hanno indicato come “un prezzo di saldo”, probabilmente un'espressione diretta della volontà della stessa Square-Enix di separarsi da quello che era divenuto un “fardello” occidentale economicamente insostenibile.
È proprio delle ultime ore, invece, la notizia dell'acquisizione di Middle Earth Enterprises, la società che detiene e gestisce i diritti dell'intero universo de Il Signore degli Anelli per quanto riguarda i videogiochi e il merchandise; questo annuncio è stato seguito a stretto giro da quello relativo a una nuova tornata di acquisizioni, nello specifico legate a Bitwave Games, Gioteck, Limited Run Games, Singtrix, Tatsujin, Tripwire Interactive, e Tuxedo Labs.
In sostanza, ad agosto del 2022, Embracer Group possiede 120 studi di sviluppo interni per un totale di 12.750 dipendenti; i titoli in sviluppo sono oltre 230, tra cui spiccano 30 produzioni AAA, ma il ventaglio di IP a disposizione – buona parte delle quali si possono definire storiche – ha ormai oltrepassato quota 850. I gruppi sotto il suo ombrello sono 11, comprendono volti noti come Koch Media e Gearbox, e ciascuno di essi è libero di fare a sua volta acquisizioni proprie. La holding vale 33 miliardi di corone, nel 2021 ha fatturato 10 miliardi, e Lars Wingefors – che è ancora CEO – detiene tutt'ora il 25% delle quote, a 29 anni di distanza dalla fondazione della prima Nordic Games.
Se il passato del gruppo e il cammino che l'ha portato fino a questo punto, al netto delle dozzine di stravolgimenti degli asset societari e soprattutto dei nomi, risulta piuttosto chiaro, lo è molto di meno il suo futuro, specialmente nella forma dell'effettiva efficacia economica e creativa nel tessuto dei videogiochi. Al netto delle decine di acquisizioni e delle centinaia di IP attualmente a disposizione, i marchi di Embracer Group non si sono attualmente dimostrati in grado di raggiungere picchi di sorta.
Innanzitutto è inevitabile constatare come gran parte delle acquisizioni non siano altro che le risultanti di diverse dichiarazioni di bancarotta, a loro volta strettamente legate all'andamento altalenante o all'effettivo crollo di determinati brand, spesso forti in passato ma incapaci di adattarsi ai tempi moderni. Se questo è lo specchio perfetto di THQ e JoWood, differenti sono i casi di conglomerati come Deep Silver, anch'essi costellati di numerosi lanci sì efficaci ma sovente lontani dai numeri dei big del settore. Ciò potrebbe far pensare a una filosofia della quantità che, nel sottobosco del gaming, si è molto raramente dimostrata efficace.
È emblematico in questo senso il caso di BioMutant, titolo sviluppato da Experiment 101 che era stato annunciato come “uno dei franchise più importanti della compagnia” a seguito di un'acquisizione da 9 milioni di dollari, per poi rivelarsi un clamoroso buco nell'acqua tanto sul piano critico quanto su quello commerciale. Ad oggi, in effetti, non sono ancora emerse produzioni legate a Embracer Group capaci di fare il botto, specialmente se consideriamo che il più grande exploit degli ultimi anni, ovvero il Valheim pubblicato sotto Coffee Stain, è ancora di proprietà degli sviluppatori originari.
Ovviamente questo discorso non vale per le ultime IP acquisite, su tutte quelle strappate a Square-Enix e il portfolio di Gearbox, che hanno tutte le carte in regola per sbancare il botteghino. Proprio in occasione dell'accordo con Square-Enix, il CEO Lars Wingefors ha dichiarato: “Cerco di guardare dieci anni nel futuro, e voglio creare nuovi spettacolari videogiochi di grande qualità o grande ambizione insieme a questi studi. E sono già emozionato da quel che ho visto”.
Insomma, l'ambizione che emerge dalle parole del fondatore sembra proprio quella di voler elevare le opere nate sotto l'ombrello di Embracer Group al medesimo livello dei successi generati da giganti del settore come Electronic Arts o Take-Two, magari spingendo al massimo su brand intramontabili come quello de Il Signore degli Anelli. Risulta inevitabile, d'altra parte, notare un certo clash tra le dichiarazioni d'intenti e l'effettivo peso delle forze radunate sotto al nuovo grande stendardo, la maggior parte delle quali hanno ancora tantissimo da dimostrare.
Riuscirà Embracer Group a stupire il mondo intero non attraverso una maxi-acquisizione ma per mezzo del rilascio di un grande videogioco? Quelle 850 IP rinchiuse nel cassetto sono destinate a ritornare lentamente a galla nel corso di una lunga pioggia di versioni remake e remastered? Possibile che opere come Tomb Raider e Deus-Ex stiano per rivivere i fasti di un tempo? Purtroppo per rispondere a queste domande non basterebbe neppure una sfera di cristallo, e forse nemmeno una DeLorean volante.
Quel che è certo è che accanto ai giganti dell'industria dei videogiochi – settore che si sta condensando sempre più nelle mani di pochissimi, immensi contendenti – è emerso con prepotenza un nuovo sfidante che, oltre a rimanere tutt'ora un vero e proprio enigma, è diventato troppo grande per essere ignorato.