Che fine hanno fatto i jRPG?
Storia di un mercato in costante evoluzione.
Di che si tratta? Come molti di voi potrebbero già sapere, avendo magari dato un'occhiata ai video pubblicati proprio su queste pagine, il titolo sarà un po' diverso dai precedenti prodotti targati Atlus.
Strizzando l'occhio alle popolari produzioni hentai ben note in Oriente (e non solo), gli sviluppatori ci proporranno presto un titolo capace di fondere i canoni tipici dell'erotismo "made in Japan" con le esoteriche e misteriose tematiche che hanno caratterizzato gran parte dei loro titoli per PS2, in un mix di sesso, violenza, demoni e onirismo che stuzzicherà senz'altro l'interesse di molti.
Al momento le informazioni disponibili sono purtroppo ridotte all'osso ma considerando la qualità che ha sempre contraddistinto le opere di questa software house, non c'è davvero alcun motivo per preoccuparsi.
Al di là delle speranze legate al futuro di Atlus, è tuttavia necessario porsi due semplici interrogativi per quanto riguarda il nostro triste presente: è davvero questa "l'evoluzione concettuale" che desideriamo? E soprattutto, la meritiamo?
Confesso che nel corso degli ultimi anni mi è capitato spesso di sedermi davanti alla televisione, joypad alla mano, e chiedermi se determinati sviluppatori siano consapevoli del fatto che, per alcuni, il processo di estrema semplificazione da loro messo in atto potrebbe risultare in un certo senso offensivo.
Come molti di voi avranno capito, sto estremizzando il concetto, ma la verità è che la scomparsa dei jRPG non è altro che la conseguenza di un processo ben più ampio e articolato che sta coinvolgendo l'intero settore videoludico.
Agli albori della "next-gen" le tendenze di sviluppo subivano ancora l'influenza della generazione precedente, ma con il passare dei mesi qualcosa è cambiato; i survival horror si sono trasformati in action game (Silent Hill Homecoming e Resident Evil 5 su tutti), gli action RPG hanno gradualmente abbandonato gran parte di quegli aspetti che giustificavano il suffisso "RPG" (Mass Effect 2, giusto per citare il caso più eclatante) e il mercato è stato invaso da un fiume di FPS e action game sviluppati al grido di "evviva il sistema di coperture".
Per certi versi sembra che il pubblico non sia più in grado di dedicarsi ad avventure complesse che non implichino solo sparatorie e assalti a testa bassa, ma personalmente credo che i motivi di un tale cambiamento siano da ricercarsi negli sviluppatori stessi.
Con gran parte dei primissimi prodotti di questa generazione, alcuni team di sviluppo non sono stati in grado di proporre le innovazioni che molti avrebbero sperato, e questo, anziché portarli spremersi le meningi in cerca di una qualche soluzione, li ha spinti a puntare solo ed esclusivamente su "progetti sicuri", quali appunto gli FPS e gli action. Progetti che possano soddisfare il mass market nel suo insieme, anche se questo vuol dire deludere quello zoccolo duro di utenza che, pochi anni prima, li aveva portati al successo.
L'attuale situazione del mercato non sta passando inosservata agli occhi dell'industry, o almeno a non tutte le figure di spicco che la compongono.
Come vi abbiamo raccontato in una recente notizia, Hironobu Sakaguchi, creatore di Final Fantasy e dunque non proprio l'ultimo arrivato, ha infatti dichiarato di credere che la principale causa di questo cambio di tendenza sia l'incapacità degli sviluppatori contemporanei di esaltare quella che da sempre è stata la più grande peculiarità delle produzioni orientali: i sentimenti.
Come molti di voi senz'altro ricorderanno, titoli come Final Fantasy VII, giusto per citare un "illustre sconosciuto", facevano dei sentimenti la colonna portante dell'esperienza, il cui principale obiettivo era quello di penetrare nel cuore e nell'anima degli appassionati al fine di accrescere esponenzialmente il loro grado di coinvolgimento e immedesimazione nelle realtà di gioco proposte... ma tale punto di forza è andato scomparendo, anno dopo anno.
Come approfondito in un nostro vecchio editoriale, "Il Declino del Giappone", Sakaguchi non è tuttavia l'unico ad essersi accorto di come l'industry nipponica abbia perso una sua reale identità, ma quel che è certo è che la conseguente perdita di qualità dei jRPG, da sempre una "specialità" degli sviluppatori orientali, ne è solo una delle tante tristi dimostrazioni.