The Chronicles of Riddick: Assault on Dark Athena
Il buio è mio amico...
Mark Sinclair Vincent III, meglio noto con il fumigante nome di Vin Diesel, in questo momento starà festeggiando alla grande. "E perchè mai?" potrebbero chiedersi i topolini in ascolto? Facile facile: pare proprio che il quarto episodio di Fast and Furious (quello che da noi si chiama "Solo Parti Originali", complimenti vivissimi ai titolisti italioti...) sia diventato un vero hit al botteghino e che il nostro amato pelatone possa mettere finalmente un bel segno positivo in carriera dopo anni di porcame che non ha avuto il successo sperato. Diversamente da così, l'ultimo blockbuster legato al suo nome sarebbe Missione Tata, una commediola per famiglie (divertente, per carità, l'ho persino vista, tutta, su Sky...) lontana anni luce dai ruoli che ci fà piacere vedergli interpretare: quelli del muscolare protagonista di belle cafonate che, a cavallo tra il 2001 e il 2002, Vin sparava a ripetizione. Roba forte come il Fast and Furious originale e XXX, gli unici suoi film a superare la magica soglia dei 100 milioni di dollari di incasso che divide gli attoroni-oni, quelli importanti per varie ragioni, da quelli magari più bravi ma meno interessanti. Economicamente parlando. E adesso non venitemi a dire che il merito del successone di XXX è di Asia "miss dizione strascicata" Argento, plìs.
Per questo motivo, Diesel è uno di quegli attori la cui popolarità e il cui successo variano come il Nasdaq, essendo legate a doppio filo con i risultati del box office. The Chronicles of Riddick, in particolare, fu un floppone imbarazzante (cavolo, anche quello l'ho visto su Sky e anche quello m'è piaciuto... sarò mica un fan del Vin?), dal punto di vista finanziario un vero buco nero per la Universal che, in previsione futura, decise la morte della saga di Riddick. Per lo meno sul fronte cinematografico.
Come i possessori della prima Xbox possono confermare senza ombra di dubbio, mentre Riddick affondava sul grande schermo, veniva contemporaneamente innalzato al rango di eroe dai giocatori che se lo ritrovavano sugli schermi casalinghi in versione console. Realisticamente parlando, se la carriera del nostro dovesse mai avere un momento di stallo, Vin è indubbiamente il primo attore a poter contare su un'alternativa: diventare la prima vera stella "crossover" tra cinema e videogame. Più di molti suoi contemporanei, Diesel ha capito molto bene che apparire in un videogame non è soltanto una marchetta o un obbligo contrattuale postriprese e che diventare il protagonista di una serie di videogiochi può aiutare a mantenere intatta la propria popolarità e rivelarsi un mezzo efficace tanto quanto apparire in un nuovo film o in una serie TV.
Questo è il motivo perchè il titolo del 2004 dedicato a Riddick, Escape from Butcher Bay, era così impressionante. Nel progetto si percepivano chiaramente passione e ambizione, ingredienti che da soli bastavano per distanziare questo prodotto dalla maggior parte delle schifezze videoludiche tratte da film di successo. Il gioco aveva anche una presentazione grafica formidabile che risultava ancor più potente nell'era pre HD con modelli ed ambienti estremamente dettagliati, senza contare l'innovativa miscela esplosiva composta da una visuale in prima persona sulla quale si innestava una meccanica stealth alla Thief e un quadro narrativo generale che traeva la sua ispirazione nientemeno che da Morrowind [in realtà è stato tutto copiato da Breakdown NdEldacar]. L'arrivo della 360 e la sua discutibile politica circa la retrocomptibilità spinsero tristemente Butcher Bay in un angolo buio, per la delusione di moltissimi giocatori che non l'avevano provato ma che alla fine avevano cominciato a domandarsi per quale motivo la critica ne parlasse così bene (a volte serviamo a qualcosa anche noi critici). Fortunatamente, grazie all'intervento di Starbreeze e di Tigon (gli studios di proprietà di Diesel), questa piccola gemma di gameplay esce ora dall'oscurità, dato che le due softco hanno deciso di rieditare Escape From Butcher Bay per questa genetrazione di console.
Il gioco originale, in una forma leggermente remixata, rappresenta comunque solo un terzo del totale. Starbeeze ha anche provveduto a creare un nuovo capitolo della vita di Riddick, aggiungendo, per buona misura, addirittura il multiplayer e questo pacchettone a tre gusti è quindi appetibile anzichenò proprio in virtù delle sue multiformi offerte. Da notare, tristemente, che malgrado tutto il tempo passato Escape From Butcher Bay rimane tuttora l'elemento più polposo e interessante dell'intera offerta. Il remake è tanto vicino all'originale che potreste credere che si tratti di un'emulazione, goduria e problema al tempo stesso perchè 1) il gioco è fico come vi ricordavate 2) è un peccato che una buona parte delle scelte di design più controverse non siano state corrette, problemi che erano più accettabili o giustificabili per la scorsa generazione di console ma che oggi...insomma...lasciano un po' l'amaro in bocca.
L'opera si apre con l'arrivo di Riddick all'infame Butcher Bay, ambientazione superbamente caratterizzata, ed è davvero un piacere scoprire un gioco che pur potendo agilmente affidarsi alla più ignorante carneficina (magari con un gameplay imperniato sul blastare, pugnalare o maciullare nemici), preferisce invece costringere il giocatore a esplorare l'ambiente, parlando con un gran numero di PNG per le prime ore di gioco. Da segnalare la presenza di un certo numero di side quest opzionali e di missioni che possono essere completate in qualsiasi ordine desideriate. La semplicità del vostro obiettivo primaio (fuggire) significa che avvertirete comunque una pulsione alla progressione man mano che vi addentrerete nel brutale mondo di Butcher Bay. Si tratta anche di un gioco difficile e l'ambientazione carceraria garantisce che vi troviate sempre a interpretare la parte del possibile perdente che può comunque affidarsi alla sua abilità EyeShine per vedere nel buio per fronteggiare una quantità di guardie pesantemente armate e dotate di grilletto estremamente facile.
I difetti, paragonati con le delizie che il titolo ha da offrire, sembrano minori ma sono sufficientemente spinosi da meritare un esame più approfondito. Il gioco, ad esempio, presenta quello strano effetto di visuale a "bolla" quando si guarda in alto o in basso tipico dei primi FPS. I checkpoint non sono esattamente affidabili e non saprete mai con sicurezza se l'icona lampeggiante a forma di dischetto segnala il raggiungimento di un checkpoint o semplicemente un dannato autosave. Dato che il gioco concede un solo autosave alla volta e non esiste la possibilità di effettuare salvataggi manuali, chiunque decidesse di "assaggiare" Dark Athena prima di aver completato Butcher Bay sappia fin d'ora che gli toccherà ricominciare da capo con la baia del macellaio, qualora volesse riprendere in mano la prima avventura.