Ci dimenticheremo tutti di Infinity Blade - editoriale
L'imperdonabile (e irrefrenabile) amnesia del mondo mobile.
Presto ci dimenticheremo di Infinity Blade. La storia, forse, dimenticherà Infinity Blade. Aver rimosso il gioco dall'App Store dove per anni è stato presente, significa che nessun utente potrà più giocarci: non esiste un altro modo per rivivere l'esperienza di Infinity Blade. È una tragica amnesia del mercato videoludico mobile che coinvolge non soltanto l'avventura di Epic Games, bensì ogni gioco che "viene alla vita" attraverso i negozi digitali mobile.
Si tratta di problema già ben noto del mondo digitale: i giochi spariscono. Non c'è modo di ritrovarli una volta che il produttore decide di rimuoverli dai negozi digitali. Non tutti i titoli, infatti, sono come Doom, il cui codice sorgente è disponibile online e del quale quindi abbiamo visto porting persino su smartwatch. Tanti sono codici proprietari e in quanto tali sono ben chiusi in cassaforte.
Ma se su console e PC gli utenti possono ancora (nella maggior parte dei casi almeno) fare riferimento alle edizioni fisiche oppure buttarsi sul mercato dell'usato per rispolverare vecchie console e vecchi giochi, l'avvento del digitale ha cambiato tutto. E nel mondo mobile il digitale è l'unico mezzo per esperire i videogiochi; non ci sono cartucce né dischi da inserire.
Così quando un produttore decide di dire "basta" a una sua produzione, per qualsiasi ragione, significa che sta togliendo un pezzo di storia videoludica. Infinity Blade è il caso più recente ma qualcosa di molto simile è accaduto non molto tempo fa e ha coinvolto tantissimi giochi per iOS.
Nel 2017, iOS 11 ha introdotto il supporto esclusivo alle applicazioni che supportano i processori a 64-bit. Qualsiasi applicazione che allo scadere del tempo non fosse compatibile col nuovo requisito tecnico, è stata rimossa. Tra queste c'erano molti giochi, come The Secret of Monkey Island. Altrettanto è avvenuto su macOS e molti giochi su Steam sono spariti dall'oggi al domani.
Su Android la questione è meno drastica perché gli sviluppatori garantiscono una compatibilità abbastanza estesa per adattarsi alla natura frammentata delle versioni del sistema operativo attive. Ma è soltanto questione di tempo. E a oggi non esiste una soluzione al problema, se non sperare che qualcuno abbia conservato, da qualche parte, una versione del gioco e attrezzarsi a livello hardware e software per poterlo giocare.
Non si tratta di qualità. A tutti verrebbe da pensare "ma sì, quel gioco non è mai stato granché". Si parla di perdere pezzi di storia; videogiochi che, da un giorno all'altro, non possono più essere riprodotti. È l'ironia del mercato videoludico mobile: è quello che sta crescendo più in fretta e, allo stesso tempo, è quello che sparisce più in fretta. Giochi entrano, giochi escono, ma quest'ultimi non sono più recuperabili.
E cos'è un'industria senza la sua storia? Perché escludere il mondo mobile significa non considerare il 47% dell'interno giro d'affari videoludico annuale. Non siamo ancora in stato di emergenza; tantissimi videogame sono recuperabili, disponibili in formato fisico o giocabili tramite macchine virtuali.
Ma è qualcosa a cui l'industria videoludica deve pensare perché si tratta di un fenomeno costantemente sotto gli occhi di utenti e produttori. Considerato che parliamo di cloud gaming, servizi su abbonamento e, in generale, di digitalizzazione del medium videoludico, è il caso di capire cosa fare perché non ci scordiamo la storia. Il digitale è comodo, conveniente e versatile: cerchiamo solo di non dimenticare cosa può comportare.