Close to the Sun - recensione
Rapture sta alla Helios come Andrew Ryan sta a Nikola Tesla?
È finalmente arrivato il momento di parlare di un progetto tutto italiano che sin dalla sua prima presentazione è stato accostato a una IP cult di assoluta qualità, nata dalla mente di Ken Levine e Irrational Games.
Quella del "BioShock italiano" è un'etichetta indubbiamente scomoda da gestire e, come spesso accade di fronte alle etichette, è almeno in parte troppo semplicistica. Close to the Sun, è l'ultima opera di Storm in a Teacup, uno studio nato a Roma nel 2013 che è alla ricerca della consacrazione definitiva e che sicuramente deve dimostrare ancora molto.
Nonostante i molti difetti N.E.R.O. aveva lasciato intravedere un certo potenziale nella creazione di mondi di gioco peculiari e di atmosfere affascinanti, e una certa tendenza a puntare con decisione sulla narrazione. Enki si è rivelato un palese buco nell'acqua mentre Lantern, per quanto difficile da inquadrare, aveva effettivamente dimostrato una certa crescita del team romano. Close to the Sun è in questo senso l'opera più ambiziosa di Storm in a Teacup ma le etichette, per quanto ottime, non bastano di certo.
Affermare che il titolo lanciato per il momento solo su Epic Games Store (ma in arrivo anche su PS4 e Xbox One) si ispiri ai lavori di Levine e soci, è a dir poco un eufemismo ma questo rimando continuo e costante si limita alla costruzione del setting, alle atmosfere e alle premesse narrative. Se da una parte avevamo Andrew Ryan e la sua utopia sottomarina, qui dobbiamo fare i conti con le ambizioni e i sogni di un Nikola Tesla, che ha deciso di creare una sorta di oasi nelle acque internazionali. La Helios è una gigantesca nave che accoglie le migliori menti del mondo, un simbolo di una rivoluzione scientifica che, chi l'avrebbe mai detto, vuole allontanarsi dalla politica e dalla religione. Insomma, se non vi imbatterete nella scritta "niente dei o re, solo l'uomo", poco ci manca.
Ispirarsi a un capolavoro non è in assoluto una cattiva idea ma in certi casi le sensazioni di déjà-vu diventano leggermente troppo palesi, anche perché i punti in comune si estendono ad alcune tematiche chiave di BioShock. Pensiamo per esempio ai limiti a cui il progresso scientifico dovrebbe sottostare e al concetto di tempo, qui assolutamente fondamentale per tutte le circa 5 ore di gioco necessarie a raggiungere i titoli di coda. Va comunque detto che il lavoro svolto sulle atmosfere e la cura dei dettagli nella costruzione del mondo di gioco, non deludono di certo. Anzi, sono due degli elementi più riusciti e apprezzabili insieme all'ottima colonna sonora.
Il doppiaggio in Italiano, a volte altalenante ma generalmente di buona fattura, l'ottimo utilizzo dell'Unreal Engine 4 nella realizzazione di ambienti cupi, affascinanti e credibili (anche se i modelli degli umani non sono all'altezza) in pieno stile art déco, la presenza di collezionabili e una buona dose di narrazione ambientale, tratteggiano un lore molto convincente e capace d'immergerci in un'avventura che, forse in sottrazione, avrebbe convinto ancora di più. In più di un'occasione infatti abbiamo avuto la sensazione che Close to the Sun si facesse del male con le sue stesse mani, cercando di coniugare tante anime e ispirazioni diverse ma non convincendo a pieno da nessun punto di vista.
Al di là dei cliché e dell'evidente natura derivativa, la stessa narrazione non riesce a sfruttare a pieno tutte le forze di un setting affascinante, di alcuni comprimari interessanti e in generale di elementi che, se ben amalgamati, avrebbero potuto portare a un finale molto più riuscito e appagante. Manca un senso di vera e propria chiusura con un epilogo che risulta troppo affrettato, mentre alcuni temi e storyline avrebbero meritato un approfondimento decisamente maggiore. Discorso simile per Nikola Tesla stesso, genio discusso e costantemente citato ma troppo ai margini della vicenda, considerando quanto la sua fama e il suo fascino siano indiscutibili.
Così com'è la storia di Rose Archer, la giovane giornalista che attracca sulla Helios su invito della sorella Ada e che si trova di fronte a una nave alle prese con una pericolosissima emergenza e una serie di misteri da svelare, convince solo a metà. Purtroppo la storia non riesce a fare da traino a una produzione che vuole essere un horror con elementi puzzle ma che, a conti fatti, si avvicina molto di più a un'avventura narrativa in prima persona vicina a certe caratteristiche dei tanto vituperati walking simulator.
L'anima horror può contare su dei buoni livelli di tensione, qualche jumpscare ben studiato e delle sezioni in cui è necessario fuggire a perdifiato dalla minaccia di turno. Queste ultime dovrebbero spezzare il ritmo generalmente lento della progressione ma invece sfociano in qualche breve sgambata, condita da una manciata di dimenticabili trial and error. Anche in questo caso è l'atmosfera a convincere rispetto alle vere e proprie meccaniche di gioco che in realtà risultano troppo semplicistiche anche a livello di enigmi. Che si tratti di scovare delle password, dei passaggi segreti o di attivare qualche marchingegno per proseguire, il livello di sfida rimane sempre basso se non del tutto assente, privandoci della soddisfazione di aver risolto un puzzle complicato e per nulla scontato.
Il che non è necessariamente un male, considerando come le esperienze tutta esplorazione e narrazione siano un genere ormai diffuso e apprezzato da molti. Le criticità in Close to the Sun sono però trasversali e toccano tutto sommato ogni componente. È per questo motivo che un gioco incentrato solamente sulla narrazione e l'esplorazione, e non uno che cerca di essere un punto d'incontro tra SOMA, Outlast, Layers of Fear e Firewatch, avrebbe probabilmente avuto miglior fortuna. Un focus maggiore su pochi elementi avrebbe sicuramente esaltato un'atmosfera e delle premesse nonostante tutto di ottima fattura.
Siamo convinti che Storm in a Teacup abbia imboccato la strada giusta dopo i passi falsi o quanto meno incerti di Enki e N.E.R.O, e che Close to the Sun possa rivelarsi interessante per molti palati affascinati dal mondo di gioco indubbiamente convincente e attraente creato dal team italiano. Se l'essere derivativi non è sempre e comunque un difetto, la pochezza a livello di interattività e gli inciampi nella storia non possono essere ignorati, e ci lasciano con un leggero amaro in bocca.
La Helios nasconde infatti un immaginario splendido e l'idea di avere tra le mani una sorta di BioShock italiano, in fin dei conti, non ci sarebbe di certo dispiaciuta.