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Come BioWare rivoluzionò gli RPG - articolo

Dietro le quinte della realizzazione di Baldur's Gate e la nascita di una leggenda.

20 anni fa gli RPG o ristagnavano od ottenevano sempre più successo. Com'erano possibile? La risposta, come solitamente accade, dipende dalle prospettive. I fan del genere si erano da poco divertiti con il Fallout originale, un mondo post-apocalittico con scontri a turni che che poi sarebbe diventata la serie tanto amata di oggi.

Anche con il gaming su PC che stava godendo di una notevole crescita in popolarità, l'RPG rimaneva un tipo di gioco relativamente di nicchia su una piattaforma dove dominavano FPS, simulatori di volo e RTS. Nel 1998 BioWare e Baldur's Gate cambiarono tutto. Fondata nel 1995 dai medici Ray Muzyka, Greg Zeschuk e Augustine Yip, la software house canadese iniziò pubblicando Shattered Steel, la simulazione incentrata sui mech di Brent e Trent Oster, ottenendo un discreto successo. Una serie di congiunzioni astrali portarono poi alla realizzazione di quello che sarebbe diventato l'RPG di maggior successo di quel decennio, e non solo.

Il mondo di Baldur's Gate. Dove fortuna e gloria vi aspettano.

Baldur's Gate nacque come Battlegrounds: Infinity, una tech demo di un engine ideato da Scott Greig, uno dei primi impiegati di BioWare. Circa nello stesso periodo il publisher dello sviluppatore, Interplay, si assicurò la licenza di Dungeons & Dragons da TSR e puntava a pubblicare un gioco che emulasse quell'universo così famoso.

"La mia prima settimana in BioWare coincise con il party di lancio di Shattered Steel", racconta Luke Kristjanson, scrittore e narrative designer della hit con cui BioWare sfondò. "Iniziò come un concept/demo per un gioco incentrato su una IP fantasy originale. Da quel che ho sentito portarono questa idea a Interplay e dissero 'ci piace D&D e questo concept è simile'". La demo di Battleground Infinity divenne la base del noto Infinity Engine e quando Interplay suggerì a BioWare di utilizzare la licenza di D&D ogni tassello andò al proprio posto.

Oggi James Ohlen è conosciuto per il coinvolgimento creativo e a livello di design in diverse serie best-seller di BioWare. Nel 1995 era uno sbarbatello e fan di Dungeons & Dragons che stava appena iniziando la propria carriera nell'industria. "C'erano tre medici che avevano dato vita a una compagnia videoludica e stavano cercando persone che lavorassero per loro per, potrei dire, spiccioli!", afferma ridendo. "Scott aveva il suo engine e sei di noi si unirono al progetto, un gruppo di amici da Grand Prairie. Penso che raddoppiammo le dimensioni della compagnia". In linea con il team di Baldur's Gate né Ohlen né i suoi amici avevano alcuna esperienza nello sviluppo. Condividevano però un amore comune nei confronti del famoso gioco di ruolo da tavolo. "D&D ha fatto parte della mia vita da quando avevo 11 anni. Baldur's Gate quindi era la mia chance per presentare quello che credevo sarebbe stato un fantastico RPG in stile D&D".

Si unì a BioWare anche in questo periodo l'artista e designer Dean Andersen, anche lui fan del classico TSR anche se più da un punto di vista estetico. "Quando avevo circa 10 anni iniziai a collezionare tutti i diversi moduli, le mappe e i libri di D&D", ricorda. "Non avevo un'idea precisa di come giocarci, semplicemente amavo l'arte e la fantasia dei libri". La possibilità di combinare questa passione con quella per i videogiochi non era cosa da poco per Andersen. "Dire che ero molto eccitato dall'idea di lavorare su un gioco di D&D è dire drasticamente poco. L'opportunità di unire due delle mie passioni preferite in un'unica opera...ed essere pagato per farlo?!"

BioWare durante lo sviluppo di Baldur's Gate, intorno al 1997.

Per quanto riguarda Andersen quell'impegno riguardava l'arte del videogioco e in particolare il mondo e le ambientazioni. "Era fantastico lavorare con designer, scrittori e concept artist per immaginare e portare in vita incontri e scenari che in precedenza si trovavano solo nel nostro immaginario collettivo, quando si giocava all'RPG da tavolo". La portata e le dimensioni di Baldur's Gate pianificate colpirono nel segno mentre la sua gigantesca mappa veniva tratteggiata. "Ricordo quando abbiamo tracciato l'intera mappa del mondo, i suoi dungeon e i suoi interni. Mi resi conto che il gioco era più di di dieci volte le dimensioni esplorabili di uno dei miei giochi preferiti di tutti i tempi: Legend of Zelda. La mia mente implose. Letteralmente". Vista la precedente occupazione dei fondatori di BioWare, Andersen fu fortunatamente e facilmente ricostruito dopo questa implosione e in questo modo poté tornare a lavorare a Baldur's Gate.

Ma prima che il design del mondo di gioco venisse tracciato, Ohlen e il suo design team avevano già pensato al modo in cui Baldur's Gate si sarebbe effettivamente giocato ed è qui che il titolo iniziò a trasformarsi nel colosso che diede il via a una rivoluzione negli RPG. "Ho sempre avuto la sensazione che ci si potesse spingere troppo lontano sia nella direzione della storia che in quelle di combattimento ed esplorazione", spiega quello che di fatto era il lead designer e anche un ricorrente dungeon master. "In quanto dungeon master ho sempre unito queste anime per far si che i power gamer fossero coinvolti dalla storia e che i giocatori che guardavano più alla storia risultassero coinvolti nel combattimento e negli aspetti strategici, spingendo entrambi i lati ad apprezzare ciò che normalmente non apprezzerebbero".

Proprio come per Andersen anche per Ohlen lavorare al gioco era un sogno che diventava realtà. "Dal 1996 al 2000 dormii sul posto di lavoro ed ero famoso come l'unica persona che usava la doccia presente nello studio. Ricordo quando uscì Diablo e tutto l'ufficio chiuse per una settimana. Perfino Ray e Greg ci stavano giocando. Mi rifiutai fino alle 18 di venerdì e poi iniziai anche io fino a domenica. Vivevo e respiravo il gioco ma non era lavoro per me". In quanto uno dei primi scrittori di dialoghi e trama Ohlen cedette molto di questo aspetto a Kristjanson che si unì al team poco dopo che lo sviluppo fosse iniziato. "Una delle abilità che ho sempre avuto è quella di riconoscere quando qualcuno è migliore di me in qualcosa. Quando iniziai a lavorare su Baldur's Gate ero l'unico designer-scrittore prima che Luke e Rob (Bartel) arrivassero".

Per Kristjanson nelle prime fasi dello sviluppo era tutta una questione di stabilire stile e tono. Senza alcun tool dedicato per le conversazioni da implementare molti dei suoi dialoghi venivano realizzati come prototipi in Word corredati da degli hyperlink. "Stavamo anche cercando di capire come la storia sarebbe stata suddivisa e proposta", aggiunge, "l'aspetto che le scelte del giocatore avrebbero avuto e quale varietà di motivazioni potevamo mantenere per il protagonista senza impazzire". Lo "stile BioWare" emerse dal team decidendo ciò che "sembrava giusto" in termini di trama e personaggi e questo venne condizionato in maniera cruciale dall'esperienza di tutto con il gioco da tavolo.

La taverna, una parte essenziale di ogni RPG.

Incredibilmente, nonostante l'amore per D&D, nessuno nel team dietro a Baldur's Gate aveva alle spalle un briciolo di esperienza nella creazione di videogiochi. Fortunatamente la software house di proprietà di Interplay, Black Isle Studios, divenne un'utile alleata. "Furono dei buoni mentori per noi", ricorda Ohlen, "e traemmo beneficio dall'avere un gruppo di sviluppatori esperti che ci mostrassero come tutto funzionasse. Anche il fatto che fu uno sforzo molto collaborativo aiutò: ogni giorno avevamo delle riunioni con me, Ray, Scott e l'art director. Poi avrei potuto lavorare sui dialoghi di un personaggio e se avevamo gli strumenti, realizzare ciò che i personaggi avrebbero fatto e collegare i file dei dialoghi".

L'impegno profuso da Ohlen nel creare un gioco che fosse bilanciato tra action RPG e RPG tradizionale portò alla pausa tattica, una modalità in cui il giocatore poteva fermare l'azione mentre selezionava l'arma e gli obiettivi o riflettere sulla strategia da adottare. Era un sistema nato dallo scontro tra l'amore per gli RTS di Ohlen e lo stile a turni preferito da Muzyka. "Era il nostro modo per vincere entrambi", sorride Ohlen. "Avevamo un gioco in tempo reale che soddisfaceva i fan degli RTS ma anche uno in grado di soddisfare i fan dell'impostazione a turni".

Proprio come Andersen, anche Kristjanson collezionava libri di regole riguardanti gli RPG realizzando personaggi e trame di proprio pugno. "Ma non iniziai a giocare con altre persone fino all'università. Feci una campagna di D&D lunga un anno e poi quando il Dungeon Master si trasferì passammo a Champions. Giocavo soprattutto come bardo. Saggezza era la statistica che sacrificavo!"

Quando arrivò Kristjanson erano già state effettuate una serie di revisioni diverse della storia. "L'idea originale era considerata troppo grande per una campagna iniziale anche se diversi elementi chiave sarebbero poi confluiti in Baldur's Gate 2". Era chiaro che ci fossero delle visioni differenti in termini di complessità e grandezza tra TSR e BioWare, specialmente quando i primi suggerirono una campagna di basso livello sullo stile salva il villaggio. Il design del gioco si rivelò una questione di equilibrio anche in altri modi: cercare di conciliare i due pubblici degli RPG, quelli con esperienza nel genere e i fan casual che il gioco cercava di attirare, era una delle questioni chiave. Un'altra era l'equilibrio tra i puristi di Dungeons & Dragons, i cambiamenti della versione 2.5 di TSR e la realtà dietro l'adattare un gioco pen and paper allo schermo di un computer.

"Il fulcro delle mie giornate era illustrare e scrivere dato che ho scritto qualcosa come il 60-70% del gioco", spiega Kristjanson. "Ma c'era così tanto da fare. Quando non lavoravo alla storia principale, ai companion o quando non parlavo con James, perlustravo i livelli per luoghi in cui inserire dei libri contenenti storie. Dato che il dipartimento artistico aveva sostanzialmente libertà assoluta nell'addobbare gli spazi tra i luoghi cruciali del gioco il riempirli era un lavoro infinito". Per aiutarsi in questo lavoro gli scrittori passarono settimane facendo riferimento a libri del gioco di ruolo da tavolo, incorporando personaggi e ambientazioni o semplicemente traendo ispirazione dalla mole e dalla varietà di scenari come Dragon Mountain.

La schermata dell'inventario: da qui vengono equipaggiate armi e armature e selezionati gli oggetti rapidi.

Intanto nel dipartimento artistico la diversità di Baldur's Gate rendeva ogni giorno una sfida. "A volte ci occupavamo di come renderizzare in una reale prospettiva isometrica (allora i contenuti 3D stavano appena iniziando ad emergere) o dell'assemblare sfondi geometrici e dipinti", ricorda Andersen. "Oppure cercavamo di capire delle tecniche avanzate legate agli shader dell'acqua, l'usare texture retinate o l'illuminazione delle scene per la transizione giorno/notte. C'era davvero una varietà niente male. "Tuttavia non fu solo la grafica in-game a definire l'aspetto dell'RPG. I ritratti dei personaggi e altre opere, dipinte da Mike Sass, aiutarono a rendere Baldur's Gate una esperienza bella e coinvolgente. E per quanto concerne Andersen, diede a sua moglie la possibilità di essere immortalata nel classico BioWare per sempre. "Inizialmente era piuttosto tranquilla all'idea di posare per il ritratto di Imoen", ricorda Andersen. "Non ne capì l'importanza e quanto sia profondo l'animo di noi nerd fino ad anni dopo, quando durante una fiera venimmo fermati da un fan che la riconobbe".

Mentre lo sviluppo di Baldur's Gate superava il ciclo di sviluppo di due anni previsto, fu chiaro che il gioco avrebbe eclissato di parecchio quanto immaginato sia da Interplay che da TSR. Con il DVD ancora agli inizi si arrivò a una edizione mastodontica da cinque CD pieni zeppi di orchi, palle di fuoco e ambientazioni evocative. "Sapevamo che il gioco sarebbe stato grande e Interplay ci supportò parecchio", afferma Ohlen. "Volevamo rendere questo gioco un RPG open-world dalle dimensioni importanti in cui il giocatore sarebbe potuto andare ovunque. Sapevamo che questo avrebbe significato più dischi". BioWare stava anche considerando la possibilità di rendere il gioco una trilogia e certe parti di Baldur's Gate furono progettate basandosi su questa idea. "Volevamo che il giocatore fosse in grado di creare un personaggio non solo per un gioco ma per la trilogia", afferma Ohlen. "Quindi per esempio non potevamo permettere di raggiungere tutti i livelli sin dall'inizio". Questo cap nell'esperienza risultò frustrante per parecchi giocatori nel 1998 ma diede il via al trend dell'importazione del personaggio che da allora venne perfezionato per serie BioWare successive come Mass Effect.

Pubblicato alla fine del 1998, Baldur's Gate fu un successo straordinario e divenne rapidamente la solida base che permise a BioWare di diventare il successo che è oggi. Nonostante la nuova tecnologia coinvolta, l'inesperienza del team e l'enorme dimensione del gioco che stavano cercando di realizzare, i giocatori accorsero in massa ad acquistare un RPG che combinava il meglio di due mondi, un'esperienza di gioco splendidamente profonda ed eccitante .

"Penso che sia davvero una questione di personaggi, della storia e dell'abilità di interagire con essi", afferma Andersen. "Ci furono molti giochi fantasy epici prima ma abbiamo lavorato per creare qualcosa di più simile all'esperienza da tavolo e alle sfaccettature che ottieni dall'interagire con altri racconti e con una storia in evoluzione". Eppure nonostante ciò secondo Ohlen la caratterizzazione è qualcosa che ripensandoci mancava nel gioco. "Ricordo il parlare positivamente dei nostri personaggi con un gioco di così gran successo ma quando qualcuno menzionò i Final Fantasy li giocai e mi resi conto che avevano relazioni e romance reali".

Enormi diramazioni nei dialoghi sono cosa comune in Baldur's Gate.

Il team si rese conto che i propri personaggi erano essenzialmente monodimensionali, spesso dei semplici megafoni della situazione in cui si trovava il party. Fu qualcosa che venne corretto per l'inevitabile sequel spiegò Kristjanson. "I compagni erano tutti piuttosto basilari una volta che facevano parte del party. Avevamo 24 compagni in Baldur's Gate e tutti loro combinati avevano meno linee di dialogo rispetto alla sola Jaheira in Baldur's Gate 2".

Parlando di personaggi, la maggior parte si ispiravano a personalità provenienti dalle campagne di Ohlen. "Tutti i miei amici, tutti dalla mia città natale hanno un personaggio", racconta. "Per esempio Cameron Tofer, il suo personaggio era Minsc. Cam non era mai serio quando si trattava di D&D quindi disse che avrei chiamato il personaggio come una città russa e gli avrei comprato un criceto". Essendo un fan della campagna Spelljammer il gigantesco criceto spaziale divenne Boo, in realtà un roditore normale e assolutamente terrestre e Tofer diede vita a una battuta ricorrente che portò alla creazione di uno dei compagni più memorabili della serie.

Mentre la deluxe box contenente cinque CD e un lungo manuale presente sugli scaffali dei negozi andava a ruba, BioWare era già al lavoro su un'espansione, Tales of the Sword Coast, anche se il gioco base non era privo di detrattori. Alcuni fan degli RPG particolarmente hardcore non apprezzarono il focus sul combattimento; nonostante un'idea molto forte dal punto di vista teorico il multiplayer mancava di coesione con membri del party che mettevano in pausa lo schermo di tutti i giocatori mentre cambiavano degli oggetti e il pathfinding era un evidente punto critico con membri del party che spesso vagavano verso la destinazione passando attraverso un nido di letali ragni piuttosto che attraverso la strada sicura selezionata dal giocatore.

Dando ai giocatori qualcosa che non avevano mai visto in precedenza, un intricato ed enorme open world con la libertà di approcciare tatticamente ogni situazione, questo RPG si rivelò intrattenimento della più elevata qualità. Diede il via a carriere, lanciò uno sviluppatore di incredibile successo e cambiò la forma del genere di appartenenza per sempre. "C'è una certa aura di onestà sul titolo dato che è il gioco che volevamo giocare, il gioco che stavamo già giocando sedendoci intorno al tavolo con un gruppo di "disadattati" che forse non erano amici ma che lo sarebbero stati presto", ricorda Kristjanson, uno dei pochi membri del team di Baldur's Gate che fanno ancora parte di BioWare.

"Sapevamo che era un buon gioco e cambiò il modo in cui venivamo considerati da TSR e Interplay. Passammo dall'essere un piccolo studio canadese che lavorava su licenza a vendere una mole davvero impressionante di giochi". Nei meandri più profondi del quartier generale di BioWare si trova l'ufficio di Kristjanson. Sopra la sua scrivania, sul muro, c'è una fotografia dell'intero studio nel 1997. "Si tratta di 38 ragazzi che a mala pena riconosco, me stesso incluso. Guardo a quel viso e penso: 'amico non avevi idea di quel che stavi facendo' ma si tratta di qualcosa di fantastico e qualcosa che non voglio perdere. Non sapere ciò che stavamo facendo significò che dovemmo tirare fuori qualcosa di nuovo e questo è ciò che mi mantiene eccitato mentre continuo a lavorare qui".