Cosa ci fa Celeste tra i colossi dei The Game Awards 2018? - editoriale
Madeline sfida Kratos e Arthur Morgan.
Respira, Madeline. Immagina di mantenere una piuma in volo calmando il tuo ansito. Chiudi gli occhi, e tutto passerà. Voltati a guardare il tuo percorso: hai fatto l'impossibile, sei caduta nelle profondità degli abissi e sei riemersa più forte di prima, hai combattuto i tuoi demoni e sei riuscita fare pace col passato.
Il Monte Celeste cambia le persone, le mette a nudo, le porta ad affrontare i propri limiti e a crescere costantemente; è un vero peccato che non si possa attraversare lo schermo del televisore per tenderti la mano, per aiutarti a superare qualche ostacolo o sussurrarti parole di conforto.
E pensare che il viaggio capace di portare Celeste accanto ai giganti dell'intrattenimento ha inizio come una semplice scalata, una prova di forza e di coraggio per dare l'ultimo saluto ai rimorsi e ai rimpianti della gioventù. Una missione che alza il sipario sul tema del conflitto interiore, proponendo una convincente metafora della depressione e caratterizzando profondamente la dolce ragazza dai capelli rossi.
La montagna fittizia del Canada occidentale è permeata da una strana magia: il nucleo materializza il tormento presente nell'animo dei visitatori, concretizzandone il subconscio e mettendoli di fronte a una serie di sfide reali e immaginate, in una sorta di mistico rituale di passaggio.
Ed è così che lungo il cammino la giovane Madeline fa la conoscenza di Theo, aspirante fotografo alla deriva partito da Seattle per cercare sé stesso, si confronta con il signor Oshiro, un tempo albergatore di successo ormai privato del suo scopo e della sua felicità, e non manca di battibeccare con quella cinica vecchietta che abita tutta sola le pendici del monte. Ma il personaggio più importante è senza alcun dubbio l'altra Madeline, quella generata dalla paura e dallo sconforto, quella che nel mondo reale soffre in silenzio nel cuore della protagonista.
L'incontro tra le due Madeline traccia il filo conduttore dell'intera opera, e la costante sfida ambientale diventa un semplice sfondo per la ben più importante battaglia mentale. È impressionante come il giocatore sia portato a empatizzare con i personaggi, affrontando quelle stesse difficoltà nella cornice del gameplay e vivendo in prima persona la lotta interiore, pensando più volte di mollare di fronte alle scalate più ripide. Possibile che tutto questo accada nel piccolo Celeste di Matt Makes Games? Che cos'è quest'opera indipendente capace di ritagliarsi uno spazio tra i colossi dei The Game Awards 2018?
Celeste è un platform in due dimensioni duro e puro, con una fortissima impronta tecnica che strizza palesemente l'occhio all'universo degli speedrunner. Si tratta di un'opera da vivere attraverso quattro semplici input: il movimento, il salto, un pulsante per l'arrampicata e uno per l'utilissimo dash; ogni quadro rappresenta un checkpoint, e bisogna sopravvivere alla scalata risolvendo enigmi lungo una curva di apprendimento estremamente ripida e ricca di sfumature.
Non mancano tecniche avanzate come super-dash e wall jumping ma, nonostante l'anima dalle sfaccettature hardcore, la spina dorsale dell'opera è completamente fruibile da qualsiasi genere di videogiocatore. Mettiamo una cosa in chiaro: non è concepibile, perlomeno nel corso della prima run, riuscire a concludere un qualsiasi stage senza morire almeno un centinaio di volte, e la difficoltà generale si attesta su un livello che, pur essendo decisamente superiore alla media del mercato odierno, non è troppo distante da quella riscontrata nei classici platform dei primi anni '90.
Ciò che è veramente ragguardevole è il modo in cui il gameplay sfrutta gli elementi dello scenario e le meccaniche, rinfrescando ogni quadro e portando il giocatore al cospetto di esperienze in continuo divenire, boss fight sapientemente integrate e collezionabili apparentemente imprendibili. Una volta conclusa la scalata, i più masochisti possono continuare a torturarsi perseguendo il completamento dei Lati B: questi sono versioni particolarmente complicate degli stage, capaci di spingere la sfida oltre il limite consentito; è qui che Celeste mostra il suo vero volto, presentando pattern al limite dell'impossibile e combinazioni che richiedono riflessi degni di un vero maestro Jedi.
Coloro che avranno dimostrato perseveranza e abilità sovraumane raccogliendo tutti i Cuori di Cristallo, poi, saranno messi ulteriormente alla prova con i Lati C, quadri ancor più letali e punitivi, quasi disumani, che spalancano le porte sul vero nucleo del Monte Celeste e sull'opportunità di svelare il mistero una volta e per sempre. Insomma, si tratta di un viaggio di formazione su più fronti: da un lato assistiamo alla fantastica evoluzione interiore di Madeline, dall'altro vediamo le nostre abilità crescere incessantemente percorrendo la dorsale della montagna e, una volta arrivati in fondo, diventa inevitabile accarezzare l'ipotesi di un completamento al 100%.
Celeste, forte dell'ultimo traguardo raggiunto, rappresenta una vera e propria favola per l'universo degli sviluppatori indipendenti: Matt Thorson (noto per Towerfall) e Noel Berry avevano creato un prototipo del gioco per la virtual console Pico-8 nel corso di un contest, per poi sviluppare l'idea attraverso un team di soli sette elementi; l'intera programmazione è stata gestita da tre individui capaci di realizzare oltre 700 schermate di gioco, mentre il design grafico si è arricchito di una palette di colori spettacolare e di animazioni che, nella loro semplicità, riescono a mozzare il fiato in più di un'occasione.
È una di quelle opere in cui ogni pixel trasuda la sensazione di essere stato realizzato a mano, ma il vero punto di forza risiede nella colonna sonora. Il lavoro di Lena Raine è qualcosa di eccezionale, e va ad arricchire il già ottimo connubio tra comparto narrativo e gameplay attraverso una serie di tracce oltremodo azzeccate e capaci di caratterizzare personaggi, paesaggi e perfino emozioni. Sono presenti anche una serie di remix e adattamenti dedicati alle sfide più complesse che riescono nel difficile intento di addolcire centinaia di inevitabili morti.
Non è da sottovalutare, infine, l'incalcolabile impatto che Celeste ha avuto sulla community degli speedrunner: il sito speedrun.com, piattaforma che tiene giornalmente aggiornate le classifiche, vede ormai da qualche mese il prodotto di Matt Makes Games al primo posto tra i titoli più giocati, con oltre 600 runner attivi che presentano al pubblico tecniche al limite dell'impossibile. Un risultato simile non è assolutamente un caso: il level design di Celeste è probabilmente il migliore nel suo genere, e ogni singolo ostacolo è stato posizionato con la dovizia e la cura necessarie per premiare abilità meccanica e capacità interpretativa.
Celeste è una pietra miliare per gli appassionati del gioco a piattaforme tradizionale, oltre che un ottimo esempio di come la competenza tecnica possa portare a risultati incredibili nell'universo del piccolissimo sviluppo indipendente. È vero che la curva di apprendimento dell'opera non è delle più permissive, ma il connubio tra accessibilità e profondità si lega alla perfezione con un comparto narrativo che supera di gran lunga ogni aspettativa, diventando a tutti gli effetti il motore dietro ai nostri sforzi.
La scalata è sofferenza, ma Celeste, se preso nel verso giusto, è in grado di regalare emozioni incredibili. La candidatura ai The Game Awards 2018 è solamente l'ultimo tassello di un percorso destinato ad influenzare irrimediabilmente la filosofia alla base del design indipendente.
Non sottovalutatelo e, in caso non l'aveste ancora fatto, correte a scalare il monte Celeste: siamo certi che, una volta raggiunta la vetta, comprenderete appieno le ragioni dietro l'inevitabile inclusione tra i finalisti della kermesse.