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Creando Cyberpunk: quando Mike Pondsmith ha incontrato CD Projekt RED - intervista

"È piuttosto sofisticato per un gruppo di ragazzi che lavora in uno sgabuzzino"

"Avevamo il Comunismo e avevamo Cyberpunk."

Mike Pondsmith avrebbe ascoltato queste parole 25 anni dopo aver scherzato su quante poche persone di una nazione dietro alla Cortina di Ferro avrebbero giocato a una traduzione polacca di Cyberpunk, il suo gioco di ruolo cartaceo made in USA. Sono state le parole di una compagnia che gli stava offrendo l'affare della vita e le parole che lo hanno spinto a firmare. Oggi, a circa 30 anni da quando Mike Pondsmith ha pubblicato per la prima volta Cyberpunk, stiamo per vedere i frutti di ciò che in passato aveva inavvertitamente seminato: Cyberpunk 2077.

Con la serie di The Witcher che riposa dietro le quinte, CD Projekt RED è pronta a portare questa nuova collaborazione al centro della scena, e mentre le luci della ribalta si concentrano su Cyberpunk 2077, Mike Pondsmith è inevitabilmente al centro dei riflettori. Chi è l'uomo dietro al gioco su cui si baserà il futuro prossimo di CD Projekt RED e come li sta aiutando a realizzarlo? Per scoprirlo ho seguito Mike Pondsmith in Spagna, alla conferenza Gamelab.

Faccia a faccia Mike Pondsmith è un raccontastorie. Lo avete già visto in passato in un video che promuoveva Cyberpunk 2077 ma ne è imbarazzato. È successo quattro anni fa e non è neanche lontanamente così imbronciato nella vita reale. Semmai è vivace, una persona che gode a pieno di una storia prima che si chini verso la propria matita per stendere la battuta finale. È un uomo di compagnia e sembra sapere qualsiasi cosa, com'è tipico dei game designer. "Devi leggere tutto; userai tutto", afferma. "Mangi mozzarella, mangi impasto, mangi pomodori e sputi fuori pizza". Avrà un milione di sciocchi modi di dire di questo tipo.

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È cresciuto come un "service brat", il figlio di un militare sempre in movimento cambiando casa con il padre che faceva parte della US Air Force e vivendo in Germania così come in diversi luoghi degli Stati Uniti. Un fatto gli ha fornito una prospettiva eclettica, una infinita sfilza di insegnanti e influenze e chissà cos'altro? Probabilmente la mancanza di un gruppo regolare di amici con cui divertirsi. All'età di 11 anni ha scoperto la fantascienza e a quest'età ha anche realizzato il suo primo gioco: un gioco simile agli scacchi che si giocava su un piano quadrato con altri piani rialzati che rappresentavano diversi livelli dell'iperspazio. L'idea era quella di portare la tua navicella all'altro lato evitando le navi nemiche spostandosi dentro e fuori l'iperspazio.

Decide di raccontarmi una storia riguardante i suoi primi problemi con Dungeons & Dragons. "Questa è una cosa successa davvero tanto tempo fa", inizia. "Uno dei ragazzi del nostro gruppo portò una copia dell'originale Dungeons & Dragons, creammo i personaggi e iniziammo a giocare stando svegli tutta la notte e facendo parecchio rumore".

"L'appartamento del mio amico si trovava in una zona piuttosto squallida di Berkeley e una notte facemmo così tanto rumore che una delle prostitute della zona venne a controllare cosa stessimo facendo e... iniziò a giocare anche lei! Quindi avevamo questa donna che quando non lavorava giocava come nostro chierico."

Era appassionato di fantascienza, fumetti e giochi di guerra, ma suonava anche nelle band. "Non ero esattamente un geek", mi spiega, "perché non ce n'erano ai tempi", e ai tempi dell'università era anche positivamente "detestabile", come venne descritto in un'occasione da quella che poi sarebbe stata sua moglie (aveva chiesto a una sua amica di uscire piuttosto che a lei). "Quello successe durante lo strano periodo in cui ero una sorta di celebrità", afferma, "quando uscivo con parecchia gente ed ero piuttosto spavaldo".

Per avere un'altra possibilità ha dovuto riprendere a giocare e unirsi a un gruppo di Dungeons & Dragons di cui lei faceva parte. "E fui invitato in una partita che era gestita da lei e dal suo vecchio fidanzato", mi racconta, "che continuava a provare in ogni modo possibile a uccidere il mio personaggio!"

"Devi capire che ai tempi avevo una grossa capigliatura afro, indossavo occhiali mirrorshades, una sgangherata giacca dell'esercito, stivali da motociclista e portavo con me un coltello da circa 15 centimetri dato che lavoravo a West Oakland, un quartiere davvero molto duro. Non avevo l'aspetto di una persona che era consigliabile disturbare! Ed eccomi là nella sua partita a combattere qualche orco mentre lui mi scatena contro un Balrog."

Ma il Balrog non funzionò (lo fanno mai?) e Mike e Lisa ora stanno vivendo insieme per sempre felici e contenti, ma la cosa più importante ai tempi fu che Pondsmith era tornato a giocare e a visitare i negozi dedicati, dove un pomeriggio si imbatté nel gioco di ruolo fantascientifico Traveller. "Ne rimasi incredibilmente eccitato", mi spiega. "Tornai in quell'ambiente, tirai nuovamente fuori i miei libri e iniziai a lavorare".

Aveva circa 20 anni quando creò quello che sarebbe stato il suo primo successo commerciale: Mekton, un gioco ispirato al fumetto giapponese Mobile Suit Gundam. Un gioco su giganteschi robot che combattono l'uno contro l'altro. Usò la macchina per la composizione a caldo della University of California, luogo dove stava lavorando, per crearlo e poi lo portò a un evento per testarlo. Il primo giorno giocarono sei persone, ma quello dopo si presentarono in quaranta e iniziarono a voler sapere quando lo avrebbero potuto acquistare. Nel 1982 Pondsmith prese in prestito $500 da sua madre per creare R. Talsorian Games e realizzare i loro desideri. "Che lo avessi pianificato o meno ero un game designer".

L'idea per Cyberpunk fece capolino nella mente di Pondsmith circa cinque anni dopo, mentre stava attraversando il San Francisco Bay Bridge alle 2:00 di notte. Blade Runner era il suo film preferito e amava davvero l'aspetto che la città aveva quella notte. "Hmm mi chiedo se..." pensò in quel momento.

Voleva creare un futuro (la prima edizione era ambientata incredibilmente nel 2013) in cui la società non funzionava, ma l'accesso alla tecnologia e all'informazione permetteva alle persone comuni di superare barriere e restrizioni imposte da una potente e influente élite. "E quell'accesso", sottolinea, "è qualcosa di ribelle, è pericoloso, richiede dei rischi".

Cyberpunk era gli anni '80: l'essenza dell'eccitazione per la direzione in cui la tecnologia in rapida evoluzione (cellulari e personal computer) avrebbe portato, unita allo stridio a tutto volume tipico dell'anticonformismo dell'animo punk. Un gioco di "grandi armi da fuoco, rock and roll, droghe e follia". "Tutte quelle cose che teoricamente non dovresti fare negli altri giochi di ruolo: non dovresti rubare, non dovresti irrompere in un edificio e dire 'dammi tutto il tuo cyberware e tutti i tuoi chip!' Tutto questo lo puoi fare in Cyberpunk". Avrebbe dato alle persone "una meravigliosa opportunità di compiere azioni sbagliate e malvagie".

"Immaginavo che avrebbe fatto bene", afferma, "ma non mi aspettavo che avrebbe cavalcato un'onda culturale. Vendette in una maniera impressionante. Fu un'uscita che cambia la vita".

Il successo ottenuto da Cyberpunk (che venne pubblicato nel 1988) portò la R. Talsorian Games fuori dalla casa di Pondsmith arrivando in un vero e proprio ufficio e dominando la produzione della compagnia per anni grazie alla pubblicazione di diversi contenuti aggiuntivi e di una seconda edizione, Cyberpunk 2020 nel 1990. Una terza edizione sarebbe dovuta uscire prima del 2005 ma fu ritardata quando il metodo per prevedere il futuro (così definito da Pondsmith stesso) incappò in un problema non da poco.

"Ho fatto saltare in aria le torri gemelle Araska di Night City con un'arma nucleare", spiega. "Lo scrissi. Stavo seduto finendo il tutto, creando una sequenza in cui un cyborg correva. In pratica faceva parte del team di recupero che doveva estrarre i corpi da questi giganteschi edifici che erano stati fatti saltare in aria. Lo finii, mi allontanai, guardai la TV e mi chiesi: 'quello è un film o qualcosa del genere?'"

Era l'11 settembre 2001.

"È qualcosa di troppo agghiacciante", pensa. "Sto guardando la distruzione del World Trade Center pensando che non solo sono profondamente inorridito da tutto ciò che succede, ma che ho anche appena creato questa intera sequenza, inclusi i soccorsi che entrano trascinando le persone fuori dall'edificio dalle macerie. Pensai che fosse tutto incredibilmente assurdo. Questo è il motivo per cui il terzo Cyberpunk arrivò in ritardo.

Ma nessun successo e nessuna previsione avrebbero potuto impedire il fallimento del mercato dei giochi di ruolo cartacei che caratterizzò i tardi anni 90, e Pondsmith, che ormai aveva alle spalle dozzine e dozzine di pubblicazioni (inclusa la nuova serie Castle Falkenstein) fu costretto a mettere in pausa il lavoro di Talsorian e cercare un altro lavoro. "Avevo un figlio da crescere", afferma.

Poi il telefono squillò. "E Microsoft comparve dal nulla chiedendomi se volevo un lavoro. Risposi 'ho già un lavoro, ho un'intera compagnia'. E loro mi dissero, 'puoi tenere la tua compagnia, non c'è problema'. Allora risposi, 'Ok... quanto mi paghereste?' Mi risposero e pensai che fosse una cifra assurda, incredibile".

Il suo lavoro in Microsoft consisteva nel gestire un concept team che aveva il compito di trovare idee da affidare ai team più grandi dopo che aveano concluso i loro progetti. Ha lavorato a giochi come Crimson Skies, Blood Wake (un titolo di lancio di Xbox), la serie di Flight Sim e "supervisionato una manciata di altri team che crearono prodotti che non videro mai la luce del sole". Microsoft lo inviò anche a presentare un'idea per un gioco di Matrix alle Wachowski ma per quanto ci fosse un certo legame grazie all'amore verso il kung fu/wushu e una certa affinità tra le compagnie non ottenne il lavoro.

Avrebbe continuato a lavorare a The Matrix Online di Monolith anche se si trattava di "un progetto molto strano. Nel corso dello sviluppo non capii mai cosa stava succedendo tranne il fatto che le direzioni prese continuavano costantemente a cambiare". Per quando Matrix Online uscì deludendo, Pondsmith era un freelancer che stava adocchiando un posto come insegnante al DigiPen Institute of Technology in Redmond, Washington. The Matrix Online rimase per parecchio tempo la cosa più vicina allo sviluppo di un videogioco dedicato a Cyberpunk.

Poi nel 2012, nel bel mezzo di una riformazione di R. Talsorian Games, il telefono squillò nuovamente. Era una chiamata dalla Polonia e in particolare dallo studio di The Witcher, i ragazzi di CD Projekt RED. "CDPR arrivò come se cadesse dal cielo e mi dissero, 'Ciao siamo un gruppo di ragazzi dalla Polonia e vogliamo creare un videogioco di Cyberpunk.

"Stavamo scoppiando a ridere", afferma. "Quando effettuammo la licenza il mio commento fu, 'Beh, ci saranno sei persone che lo giocheranno in polacco', e a quanto pare queste persone erano proprio loro".

Gli inviarono una copia di The Witcher 2: Assassins of Kings come metodo di convincimento e "porca miseria", pensò che fosse fantastico. Allo stesso tempo tuttavia era anche scettico. Non era la prima volta che qualcuno gli chiedeva di creare un videogioco di Cyberpunk. "Sin dalla sua concezione è quasi sempre stato sotto licenza", e diversi grandi publisher avevano fatto il loro tentativo. Il punto più avanzato a cui arrivò furono le negoziazioni per il contratto "ma il problema era che volevano cambiare quasi tutto ciò che lo caratterizzava" e le negoziazioni si risolsero in un nulla di fatto.

Nel corso dei tanti anni passati in Microsoft in cui occupò anche il ruolo di una sorta di fixer, aveva visitato anche degli studi dell'est Europa. "Sono stato in parecchie nazioni che erano appena uscite dalla Cortina di Ferro e ho lavorato con degli sviluppatori di quelle nazioni quindi pensavo che CDPR fosse un gruppo di ragazzi ammassati in un piccolo negozietto", afferma. "In un posto in Ungheria producevano opere molto belle, ma lo studio era letteralmente uno sgabuzzino con 25 persone ammassate sopra a monitor surriscaldati. Questo è ciò che mi aspettavo".

Nonostante questo aspetto era intrigato e accettò l'offerta di viaggiare verso la Polonia, e iniziò a cambiare idea. "Arrivai, mi sistemarono in questo hotel molto carino e inviarono un autista che sembrava dovesse accompagnare degli agenti segreti. Era quasi tanto largo quanto alto, aveva un accento molto marcato, parlava pochissimo l'inglese, indossava un rigoroso completo nero e guidava una Mercedes.

"È piuttosto di lusso per un gruppetto di ragazzi che lavora in uno sgabuzzino", pensò, ma si stava ancora preparando a declinare la proposta disattendendo le speranze di CD Projekt RED. Solo quando arrivò allo studio e diede un'occhiata a strumenti, procedure e impostazioni generali con il suo occhio allenato dai tempi in Microsoft pensò, "Wow. Questo può funzionare".

In ogni caso ciò che lo impressionò di più fu quanto CD Projekt RED conoscesse Cyberpunk. "Sapevano più di quanto avevamo fatto con il gioco originale di Cyberpunk rispetto a chiunque altro", mi spiega. "C'erano dei punti in cui dicevo, 'mi ero scordato di quello' e io sono colui che lo aveva scritto, lo aveva creato! Mi resi conto che questi ragazzi erano dei fan. Amavano il gioco perché erano cresciuti giocandoci. Nessuno lo aveva mai esaminato da quel punto di vista prima".

In CD Projekt RED fecero spallucce e spiegarono: "Avevamo il Comunismo e avevamo Cyberpunk".

"E quella frase", afferma Pondsmith, "sigillò il nostro accordo".

Quando ha stretto questo accordo con CD Projekt RED, Mike Pondsmith ha avuto molti vantaggi rispetto all'altro partner di primo piano della software house, l'autore di The Witcher, Andrzej Sapkowski, che come sappiamo si è spesso lamentato della propria sorte . Sapkowski non credeva assolutamente nei videogiochi e nel fatto che CD Projekt RED ne avrebbe effettivamente realizzato uno. Una decina di anni dopo Pondsmith, che crede parecchio nel mondo dei videogiochi, aveva la possibilità di giocare a The Witcher 2 e vedere lo sviluppo di The Witcher 3. Ha anche passato diverso tempo lavorando su delle IP in Microsoft, quindi sapeva che tipo di accordo ritagliarsi. "Basti dire che abbiamo guadagnato molti più soldi in questo accordo rispetto a quello di Sapkowski", mi conferma. "Non voglio andare in pensione ma volendo potrei".

Ci vollero circa sei mesi per completare l'accordo. "Si è trattato di un processo più lungo perché stavamo pensando in termini di serie e di un franchise", spiega Pondsmith, "per questo abbiamo dovuto chiederci 'come funzionerà a cinque giochi da ora?'"

L'accordo dichiara che CD Projekt RED ha i diritti per "ciò che è legato a Cyberpunk 2077 fino alla fine dei tempi e fino a quando l'inferno si congelerà", e da ciò che so in esclusiva. "Il modo in cui operiamo è che noi creiamo tutto fino al periodo del 2077 e loro fanno ciò che va oltre. Questa decisione è stata presa per lasciare un po' di spazio di manovra a tutti.

"Quando ora scrivo qualcosa di nuovo per Cyberpunk parlo con loro per fare in modo che ciò che faccio nel 2030 rispecchi ciò che sta succedendo nel 2077. Permette a loro di andare avanti e io posso ancora creare nuovo materiale a patto di rimanere coordinati".

Un esempio: "un paio di settimane fa controllavo l'attuale sceneggiatura e mentre lo facevo affermavo, 'ok, ok questo è fantastico questo anche, oh comunque quella persona è morta'", mi spiega. "Stiamo costantemente andando avanti e indietro, lavoriamo molto duramente sulla sequenza temporale. Vogliamo che le persone abbiano la sensazione che ci sia un universo coerente. Sono sorprendentemente compatibili.

CD Projekt RED non sapeva che Pondsmith avesse una decina di anni di esperienza nel mondo dei videogiochi e lo scoprì solo dopo alcuni incontri. "Fu allora che l'accordo passò da uno legato alla sola IP all'essere qualcosa in cui ero piuttosto coinvolto in prima persona", racconta, e la collaborazione iniziò con l'evidenziare i concept e le caratteristiche fondamentali di Cyberpunk.

Molte persone tendono a pensare che se è cupo e truce allora è Cyberpunk", spiega. "Credo davvero che ci debba essere qualcosa che vada fuori dai canoni, che scateni l'inferno, una parte di ribellione. Questo è ciò a cui stiamo puntando, ottenere quella sensazione. Voglio che le persone sentano che si tratta di un futuro oscuro, ma che ci siano elementi con cui è possibile divertirsi".

Cyberpunk deve anche essere una storia personale. "Non salvi il mondo, salvi te stesso", afferma. "Questa è una cosa davvero importante. Solitamente non sei l'eroe, sei qualcuno di decisamente oppresso, una persona che non può raggiungere la vetta ma l'accesso alla tecnologia, la conoscenza e la necessità di sfangarla vi fanno superare una certa situazione".

Al di là di concept e sensazioni, c'è semplicemente una montagna di dati da analizzare, suddivisi in tre grandi manuali e numerosi supplementi di accompagnamento. Le città sono disegnate nei più minimi dettagli (provate a cercare delle immagini tratte dai manuali e vedrete ciò che intendo). La mole di dati subissa quella su cui CD Projekt RED ha dovuto lavorare per The Witcher e se da un lato avere così tante fonti è una benedizione, visionarle e rispettarle tutte richiede tempo.

Ma il tempo non era un problema. C'è un piccolo team al lavoro su Cyberpunk 2077 sin da quando il gioco venne annunciato nel 2012. Un annuncio fatto per attirare verso lo studio vari talenti, un qualcosa di cui attualmente CD Projekt RED non deve preoccuparsi. Quando visitai CD Projekt RED nel 2013 per conoscere la storia dello studio, c'erano circa 50 persone al lavoro sul gioco. Non so quanto il team sia cresciuto successivamente perché quando tornai quasi come un infiltrato durante il lancio di The Witcher, non ero autorizzato a saperlo. Questo a causa dell'ancora più solida cortina di silenzio che circonda il gioco, un modo per gestire le aspettative dopo The Witcher 3. In parole povere, CD Projekt RED non parlerà di Cyberpunk fino a quando non avrà qualcosa da mostrare.

Pondsmith afferma che, dal lancio di The Witcher 3, CD Projekt RED è cresciuta. "Il numero di sviluppatori si è quanto meno raddoppiato", afferma, "e attualmente quasi tutti lavorano a Cyberpunk. È una quantità impressionante di persone. Ricordo che in un viaggio incontrai l'intero team a Varsavia e poi andai a Cracovia (un secondo team più piccolo venne aperto nel 2013), ho incontrato il team lì e poi sono tornato a Varsavia. Il team è cresciuto in maniera incredibile.

Pondsmith visita il team tre o quattro volte l'anno, consegnando documenti e dati al fine di evitare qualsiasi "disastro" simile al recente furto di asset di Cyberpunk 2077, e passando diverse giornate tra incontri infiniti con tutto il team. Uno dei motivi per cui Pondsmith crede che il suo gioco ottenne così tanto successo fu "l'impressionante" mole di ricerche effettuate per dare la sensazione di qualcosa di autentico. Un paramedico dei ranger che aveva curato delle persone nel corso di veri e propri scontri fece da collaboratore per il sistema di danni, e un chirurgo traumatologo spiegò esattamente ciò che succedeva quando penetri all'interno di un cranio per un impianto.

Per quanto riguarda le armi: non c'è nulla di meglio dell'usare la controparte reale. "Ho appena comprato del nuovo materiale", afferma gioiosamente Pondsmith. "Non puoi scrivere qualcosa sull'utilizzo delle armi da fuoco senza sapere come usarle", spiega ai colleghi. "È necessario approfondire e capire come funzionano altrimenti dirai delle sciocchezze come l'aver impugnato una .357 (Magnum) e l'aver fatto fuoco con una sola mano'. Sì e ti sei anche rotto il polso".

Non mi dice quante armi possiede e la cosa mi fa pensare che ne possieda parecchie. Possiede una Mauser, l'arma vintage su cui si basa la pistola di Han Solo all'interno della saga di Star Wars, ma la sua arma preferita (ma che non possiede) è un H&K MP5K. "È l'equivalente più corto di un Uzi ed è una bellissima arma", mi assicura. "Quando andammo a Las Vegas sfruttai l'occasione per provarla perché sono assolutamente illegali nella maggior parte degli Stati Uniti".

Anche suo figlio è un fan delle armi, anche se di stampo medievale e possiede diverse spade e archi. "La cosa più curiosa è che nel caso in cui qualche criminale dovesse entrare in casa nostra, il momento di maggiore imbarazzo sarebbe quello in cui ogni presente deve decidere quale arma utilizzare tra spade, pistole, balestre per farli fuori", scherza.

Pondsmith ha puntato il proprio "meticoloso occhio per l'autenticità" su Cyberpunk 2077 sin dall'inizio dello sviluppo. È questo aspetto, insieme alla conoscenza maturata in più di dieci anni nella creazione dei giochi, a rendere il suo contributo completamente agli antipodi rispetto all'altezzosa indifferenza che Andrzej Sapkowski ha dimostrato nei confronti di CD Projekt RED nel corso dello sviluppo di The Witcher. E tutto questo duro lavoro sta dando i suoi frutti.

"Ho visto qualcosa del gameplay l'ultima volta che sono stato in Polonia e ho pensato che fosse la strada giusta per realizzare un buon gioco di Cyberpunk, che mi trovavo nel bel mezzo di qualcosa che io stesso avrei creato", afferma Pondsmith. "Posso assicurarvi che è tutto piuttosto chiassoso. Ci diciamo, 'Sì. Sì. Sì! Mi avevate detto che era buono ma questo è eccezionale'".

Un effetto collaterale inaspettato nato dalla collaborazione per Cyberpunk 2077 è il gioco di ruolo da tavolo di The Witcher 3, qualcosa che inizialmente non faceva parte dell'accordo originale, ma venne fuori dopo l'ennesima telefonata. "Vogliamo realizzare un gioco da tavolo dedicato a The Witcher", dissero i ragazzi di CD Projekt RED, "conosci qualcuno?"

Pondsmith era occupato e non lavora sul fantasy, ma a fissarlo mentre parlava al telefono c'era qualcuno che lo avrebbe fatto: suo figlio Cody, che fece capolino affermando, "io voglio creare il gioco da tavolo di The Witcher".

"In effetti mio figlio è un designer davvero piuttosto bravo", mi dice con orgoglio Mike Pondsmith. "Non sapevo che stava prestando attenzione mentre il suo vecchio lavorava a qualcosa, non sapevo che fosse fatto della mia stessa pasta ma in ogni caso ha talento per queste cose.

"La prima volta che me ne resi conto fu durante un viaggio a Varsavia in cui venne con me e lo vidi in un bar parlare con Damien (Monnier, l'ex gameplay designer di The Witcher e co-creatore di Gwent), la persona che si occupa dell'implementazione dei sistemi e che è molto bravo nel suo lavoro. Lui e Cody se ne stavano seduti discutendo con estrema passione di come implementare qualcosa. Ci "stavano dando dentro" mi dice per enfatizzare. "Non so dove l'abbia imparato, ma lo ha fatto. Guarda ai giochi nel modo in cui lo faccio io: li fa a pezzi, li smembra".

Mike era divertito dall'idea di Cody, ma gli disse che se lo voleva doveva ottenerlo da solo. "Devi presentare tu la proposta, devi mettere insieme il gioco, devi convincere CDPR a lasciartelo fare, devi seguire tutta le procedura".

Mesi dopo si sono diretti verso la Polonia, Mike per gli incontri dedicati a Cyberpunk 2077, Cody per presentare la sua proposta. Mike stava correndo da tutte le parti per vari incontri, ma ogni volta che passava dalla caffetteria dove Cody stava presentando la sua visione, vedeva un diverso membro di CD Projekt RED annuire in maniera entusiastica. Questo processo è continuato fino a quando c'è stato il cofondatore della compagnia, Marcin Iwinski, ad annuire. Il che era sicuramente un buon segno e Cody ottenne il lavoro. Da quel momento si è immerso nel lore di The Witcher. A quanto pare andrà anche alla scuola degli Witcher. Spero che sia pronto a cosa lo aspetta!

L'RPG cartaceo di The Witcher sarebbe dovuto uscire a metà 2016, ma non è successo perché CD Projekt RED non aveva nessuno a disposizione per controllarlo. "CDPR è piuttosto precisa quando si tratta di accertarsi della qualità di un prodotto", afferma Mike Pondsmith. In ogni caso è tutto scritto. "In realtà si trova nella fase di editing, quella fase in cui viene rifinito".

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È buffo pensare a ciò che attualmente il futuro ha in serbo per Mike Pondsmith, un uomo che fece il proprio mestiere semplicemente immaginandolo. Forse ciò che ha visto all'interno di Night City lo ha terrorizzato e per questo a quasi 60 anni si trovava lontano dall'occhio pubblico, nella sua casa nascosta dalla foresta, "scatenando l'inferno" con il suo corgi di nome Pikachu, quando CD Projekt RED arrivò come una meteora nella sua vita rimettendo in ballo, chiaramente e inequivocabilmente, Cyberpunk. A 63 anni potrebbe essere in procinto di diventare più famoso di quanto sia mai stato e proprio come un vero surfista si sta preparando per l'arrivo dell'onda. "Ci aspettiamo una sorta di ritorno alla ribalta", afferma.

"In realtà quando comparve CD Projekt RED ero nel bel mezzo di realizzare Cyberpunk Red, quindi continuerò quel progetto. "Probabilmente" realizzerà anche una versione cartacea di 2077 in aggiunta al gioco Mekton Zero su cui è un po' in arretrato. In parole povere non ha alcuna intenzione di rallentare. "Lisa dice che mi ritirerò solo quando strapperanno la tastiera dalle mie mani ormai fredde e morte".

Ma prima ovviamente c'è Cyberpunk 2077. La finestra di lancio rimane un'incognita e non prima del 2017 è tutto ciò che gli sviluppatori avevano dichiarato. Io punto sul 2019, ma chi sono io per dirlo?

"Mettiti nei miei panni!" sbotta Pondsmith. "So diverse cose e non posso dirle a nessuno. Lisa e io lo stiamo paragonando al primo film di Indiana Jones, uscito ormai parecchi anni fa. Andammo a uno spettacolo di mezzanotte prima che diventasse un successo di massa. Ci trovavamo allo spettacolo di mezzanotte in questo cinema da due soldi di Davis, California. Guardiamo il film, siamo due delle dodici persone presenti e usciamo pensando, 'OH MIO DIO!' Avevamo la bava alla bocca e in questo caso la situazione è la stessa.

"Come dice sempre Lisa: 'Abbiamo puntato sul cavallo giusto.'"