L'importanza del Cuore: il segreto della magia dietro Kingdom Hearts - articolo
Perché la saga di Square-Enix è quasi una religione?
Sarà capitato a tutti i fan della saga di trovarsi di fronte a qualcuno che etichettava la produzione di Square-Enix come "quel gioco in cui ci sono Pippo e Paperino" o ancora "roba per bambini", ma la verità è che Kingdom Hearts esercita un'attrazione magnetica sulla fanbase, trascinandola all'interno di un vortice fatto di emozioni uniche, ricordi indelebili e improbabili speculazioni.
Rapisce l'attenzione dei giocatori per poi liberarla in un mondo magico in costante equilibrio tra spensieratezza e dolore, nel pieno di una battaglia fra luce e oscurità che spalanca enigmatiche porte sul cuore dell'esistenza stessa.
C'è un momento, all'inizio del primo capitolo della serie, in cui trascorriamo giornate luminose sulla sabbia delle Destiny Island, terra natia del protagonista, in compagnia degli amici d'infanzia e di una colonna sonora che trasuda gioia di vivere. Tuttavia, basta avventurarsi in una piccola grotta poco distante dal rumore delle onde per scoprire una misteriosa barriera impenetrabile, trovandosi al cospetto di una figura incappucciata che, improvvisamente, sussurra alle nostre orecchie parole incomprensibili, stuzzicando la sete di conoscenza e segnando l'incipit di un lunghissimo viaggio di scoperta.
Pillola rossa o pillola blu? Tenetevi forte, perché in Kingdom Hearts la tana del Bianconiglio è molto, molto profonda. Cosa c'era dietro quella misteriosa porta sigillata? Cosa intendeva l'ambigua figura quando parlava del "cuore del mondo"? Interi universi stavano scomparendo: gli abitanti svanivano senza lasciare traccia mentre l'oscurità metteva in scena il suo personale big crunch, strappando l'essenza dell'animo umano e trasformandola in un'estensione dell'abisso capace addirittura di uccidere. Possibile che tutto questo stesse accadendo nella colorata cornice dell'esperienza crossover?
In principio, esisteva una singola dimensione sotto quel cielo comune che prendeva il nome di Kingdom Hearts, il regno dei cuori. Ma l'equilibrio del sogno idilliaco si sarebbe presto spezzato: il Maestro dei Maestri aveva osservato il futuro, scoprendo un imminente conflitto tra le tenebre e la luce, una guerra destinata a recidere e tessere nuovamente le fila dell'esistenza stessa. All'insaputa dei suoi discepoli, instillò in loro il seme del dubbio per spingerli a scatenare proprio la guerra che aveva previsto, in modo da poterne stringere le redini in prima persona; egli sapeva come sarebbe andata a finire: una volta distrutta la chiave dell'Eden, l'universo avrebbe vissuto una seconda genesi, questa volta nella forma di innumerevoli mondi germogliati dal dualismo tra luce e oscurità.
Tutto questo accadeva eoni prima dell'esordio della saga: è una sorta di libro della creazione che introduce le tematiche alla base dell'opera, oltre che una dimostrazione della complessità in cui si è contorto l'intreccio a seguito delle ultime release. Dalla prima Guerra dei Keyblade ha avuto origine una storia che attraversa quattro generazioni, costruita sulle fondamenta dell'amicizia, del conflitto interiore e del sacrificio. A partire dal concetto di cuore, elemento alla base dell'essere umano assieme ad animo e corpo, si è sviluppata una vera e propria cosmogonia originale, pur se raramente coerente con sé stessa.
Non c'è spazio per le certezze nella serie di Kingdom Hearts, si tratta di un'epopea quasi impossibile da codificare. Esistono creature di pura luce, cuori nobili oramai corrotti e gusci vuoti privati dell'essenza; esistono mondi che non esistono, abissi generati dalla solitudine, personaggi che vivono unicamente grazie alla forza di un ricordo e istanti che trascendono il tempo stesso.
L'amalgama assumeva una forma credibile grazie alla struttura dei multiversi, mettendo in scena uno spiazzante accostamento tra i magici mondi di casa Disney e l'aberrante oscurità che proiettava un onnipresente cono d'ombra, senza disdegnare l'innesto di elementi pescati dalla saga di Final Fantasy; alla fine, sorprendentemente, dal calderone usciva un profumo unico, e gli ingredienti si mescolavano alla perfezione riuscendo a coinvolgere giocatori di tutte le età.
Un attimo prima si era assorbiti dall'esplorazione dell'esotico reame di Agrabah, mentre si volava nel deserto battuto dal sole verso l'iconica Grotta delle Meraviglie. Qualche istante più tardi, ci si trovava a camminare sugli ultimi frammenti di una dimensione oscura ormai portata sull'orlo del collasso e, soprattutto, si facevano i conti con una serie di vicende tragiche culminate in atti di estremo coraggio o intensi momenti di redenzione.
È stata la storia di Roxas, nel lontanissimo 2005, ad accendere una lampadina. Un personaggio che non poteva esistere, o meglio, che non aveva diritto di esistere, capace di stringere amicizie e legami, di scegliere una strada, di prendere coscienza del suo destino e accettarlo malinconicamente. Nel mondo non c'era posto per lui, eppure aveva dato così tanto per gli altri. Con la fine di Roxas, iniziava a prendere forma una particolare emozione divenuta nel tempo un marchio di fabbrica della serie.
Roxas ha inaugurato un'era della melancolia che è diventata il fil rouge comune a tutte le declinazioni successive, specialmente le più fortunate. I personaggi più apprezzati sono coloro che hanno dovuto compiere un sacrificio impossibile, che hanno fallito nei loro intenti, che, pur combattendo, sono stati trascinati a fondo dalla corrente del destino. Proprio come Riku e Terra, simboli del fine che giustifica i mezzi: entrambi hanno rinunciato alla propria integrità per proteggere le persone amate, e lo hanno fatto proprio a causa di quel sentimento viscerale divenuto la loro stessa condanna.
Probabilmente è questo il segreto del successo della narrativa, perché sarebbe una follia negare la presenza di buchi nell'intreccio o affermare che la continuity possa contare su solide radici: spesso, la risposta ai dubbi sollevati a fronte della sceneggiatura si risolve in un semplice "è così e basta". A tratti, Kingdom Hearts si trasforma in un caos nel quale è impossibile orientarsi, e solo un deus ex machina può discendere per risolvere le situazioni più intricate. Eppure, le tragiche storie dei vinti sono costantemente riuscite a coinvolgere il grande pubblico, che si trattasse della triste fine di Ventus, eternamente addormentato in un angolo dell'universo, o della povera Aqua, sprofondata nell'abisso dopo aver protetto i suoi affetti.
Kingdom Hearts ha rappresentato, nel mondo dei videogiochi, ciò che Lost è stato nell'ecosistema delle serie televisive. Al termine del primo capitolo si assisteva ad "Another side, another story", un'inaspettata sequenza cinematica che metteva in scena una battaglia all'ultimo sangue tra due misteriosi personaggi, figlia di una maturità artistica aliena al capitolo appena concluso. A quei tempi, nei forum, le community passavano mesi a speculare sull'identità del ragazzo, sulla natura del setting e sulle possibili implicazioni dello scontro.
Qualche anno più tardi, in seguito al secondo epilogo, spuntò un nuovo teaser: un trio di eroi del Keyblade combatteva una catastrofica battaglia contro un avversario invincibile, il tutto sotto al cielo illuminato da Kingdom Hearts. Il seme di Birth by Sleep era gettato, la saga era più viva che mai e, un titolo dopo l'altro, mancava solo la chiusura del cerchio. È impressionante vedere quelle stesse dinamiche sopravvissute fino ad oggi, a distanza di 16 anni e a seguito della clamorosa rivoluzione del web: per ogni questione sciolta nasce una nuova domanda, per ogni dettaglio svelato una nuova teoria.
L'effetto hype, nel corso degli anni, finiva per riversarsi nel gameplay: visitare ambientazioni solamente intraviste nelle cutscenes regalava una sensazione straordinaria, trasformava l'esplorazione in una concreta rappresentazione delle fantasie degli appassionati. Allo stesso modo, c'era qualcosa di magico nelle interazioni con entità del calibro di Cloud Strife sullo sfondo di un mondo neutrale: era quasi come imbattersi in un vecchio amico durante un viaggio all'estero. Senza contare l'impatto della scenografia, che riproponeva la dimensione Disney in tutto il suo splendore: quanti avevano sognato una passeggiata nel Paese delle Meraviglie? Quanti altri un volo notturno attorno al Big Ben di Londra?
Kingdom Hearts ha avuto il grande merito di fare le giuste scommesse: qualcuno si è avvicinato perché attratto dalla presenza di Final Fantasy, altri a causa degli elementi RPG hardcore, altri ancora hanno teso la mano in cerca dell'emozione del mondo cinematografico.
Partendo da esperienze diverse, si è venuta a creare una fanbase originale, non più figlia del proprio retaggio ma visceralmente legata alle vicende di Sora e compagni, ai misteri di quell'universo e al sapore dolceamaro della componente narrativa.
In questi giorni siamo pericolosamente vicini alla fine di un'era. Ci sono intere generazioni che hanno lasciato un pezzo di cuore nell'opera di Square-Enix, pur riuscendo a non trasformarsi in Heartless: giovani ormai divenuti adulti e adulti pronti a ritornare giovani.
Proprio per questo motivo, Kingdom Hearts 3 porta sulle spalle una responsabilità straordinaria, un'eredità pesantissima ricevuta da anni di sogni, successi e fallimenti. Pensate ai personaggi cui siete affezionati, ovunque essi siano: presto, potrete tornare a inseguirli tra un mondo e l'altro, e potrebbe essere l'ultima occasione.