Cursed to Golf, la recensione
Preparatevi a rivedere drasticamente tutte le vostre convinzioni sul golf in questo peculiare roguelite sportivo!
È innegabile come tra i generi videoludici più versatili, capaci di abbracciare una svariata tipologia di produzioni, si possa tranquillamente annoverare quello dei roguelite. Dai platform ai giochi di ruolo, passando per shooter e racing, l’aleatorietà e la difficoltà insite in questa declinazione ludica hanno trovato, soprattutto negli ultimi anni, una vera e propria fucina di idee. Tra i sentieri meno battuti troviamo però quello legato alle produzioni sportive, sicuramente più restie a proporre esperienze simili, e proprio per questo ci siamo avvicinati con estrema curiosità a Cursed to Golf.
L’incipit narrativo della produzione Chuhai Labs è quanto mai peculiare e vede il nostro protagonista, un vero e proprio asso dello sport caro a Lotti e Tiger Woods, in procinto di diventare il più grande giocatore di tutti i tempi. A separarlo dalla gloria c’è soltanto una manciata di colpi, lo strumento necessario a divorare le yard che mancano all’ultima, decisiva buca del torneo. Nulla sembra potersi frapporre tra il nostro eroe e la gloria imperitura, neppure il violento acquazzone che, a pochi passi dalla vittoria, inizia a flagellare il manto erboso del circuito.
Il destino però, si sa, è un amico quanto mai beffardo ed imprevedibile, e proprio quando lo swing decisivo sta per essere completato, ecco che un letale fulmine finisce per colpire la mazza metallica del nostro sventurato protagonista: finish, kaput, game over. Tutto quello che rimane dopo l’impatto non è altro che un piccolo mucchietto di cenere. Almeno per quanto riguarda le digitali spoglie mortali, dato che l’anima del nostro avatar videoludico, grazie ad un ipotetico contrappasso, finisce per ritrovarsi intrappolata nelle profondità dell’Abisso del Golfista. Ad accoglierla troveremo l’ilare spirito de Lo Scozzese, un tempo lui stesso giocatore di golf, che fungerà da ideale Virgilio in questa bizzarra dimora ultraterrena.
In pochi attimi, dopo esserci ripresi dalla sorpresa legata alla nostra dipartita, verremo a sapere che non tutto è perduto e che sarà sufficiente superare le 18 buche di questo regno per poter tornare sani e salvi nel mondo dei vivi. Impresa più facile a dirsi che a farsi, anche per degli assi come noi, dato che il circuito segue regole assai particolari, capaci di cambiarne continuamente la conformazione. E così, come novelli Zagreus, dovremo lanciarci in una folle sfida all’ultimo birdie, nel tentativo di tornare tutti interi “a riveder le stelle”.
Strutturate secondo un design bidimensionale a scorrimento orizzontale multidirezionale, le varie buche andranno oltre la classica geografia a cui ci hanno abituato anni di Everybody’s Golf e PGA vari, dato che ciascuno dei 4 biomi in cui è suddiviso questi strano Purgatorio, presenteranno ostacoli assai peculiari. Oltre a proporre una mappa assai intricata, ricca di percorsi alternativi, passaggi segreti e teletrasporti. Per superare ciascuno dei 18 step che ci separano dalla salvezza, avremo a disposizione un esiguo numero di colpi che, se esauriti, ci riporteranno all’inizio della scalata.
Riuscire nell’impresa con i pochissimi tiri disponibili si rivelerà praticamente impossibile, ma per fortuna in nostro soccorso giungeranno scorciatoie e strani idoli che, se colpiti, andranno ad incrementare il numero di tentativi a nostra disposizione. Presenti anche delle carte, rinvenibili lungo la strada, oppure acquistabili presso i vari shop (gli Eterni-tee) gestiti dal nostro mentore, investendo le monete guadagnate al temine di ogni buca. Queste ci permetteranno di ampliare a loro volta il quantitativo di colpi disponibili, ma ci offriranno anche altre opzioni, come palle razzo, inversioni di traiettoria, sbalzi gravitazionali e molto altro ancora.
Trattandosi di un’esperienza puramene arcade, il set di mazze che avremo a disposizione sarà molto più ridotto rispetto ai titoli analoghi, limitando l’impiego a tre distinti elementi: il driver servirà per raggiungere le distanze maggiori, tramite colpi arcuati dalla gittata importante; il ferro sarà indicato per effettuare approcci più precisi; con il wedge, invece, daremo vita a colpi brevi ma dalla parabola molto pronunciata, utili per uscire da bunker o raggiungere le porzioni sopraelevate della mappa. Alternare il loro impiego, spesso legato anche al tipo di terreno su cui ci troveremo, ed abbinando il tutto ad una gestione dello spin, ci permetterà pertanto di avere la meglio in ogni situazione.
Caratterizzato da un gameplay quanto mai semplice ed immediato da metabolizzare, dove è allora che Cursed to Golf finisce per sconfinare nel genere dei roguelite? Questa eredità emerge nel momento in cui esauriamo la nostra dote di tiri, situazione che ci riporterà al punto di partenza, costringendoci così a ricominciare la nostra avventura dal principio, il tutto con il conseguente intervento del Custode del Purgatorio, che andrà a modificare la conformazione delle buche che dovremo (nuovamente) affrontare.
Fortunatamente, a venirci un pizzico in soccorso in occasione di una simile evenienza, avremo la possibilità di immagazzinare in uno speciale album (presente in ciascuno dei negozi) alcune delle carte in nostro possesso, così da dare vita ad una ideale “scorta per l’inverno”, da cui attingere all’inizio di un nuovo round. Superare il guardiano di ciascun bioma, inoltre, ci permetterà anche di mettere le mani su bonus accessori persistenti che, sebbene non semplifichino poi di molto la difficoltà complessiva, riescono a fornire una discreta mano in alcune peculiari occasioni.
Sebbene traspaia già dalle parole spese sino ad ora, è bene sottolineare esplicitamente come Cursed to Golf sia un titolo davvero impegnativo, capace di mettere a dura prova la pazienza dei giocatori, visto anche il modo in cui non fa assolutamente sconti in caso di sconfitta. Vero che in questi mesi ci siamo fatti le ossa su Atropo, ma è doveroso ricordare come ripartire sempre dal principio, magari solo per aver sbagliato un singolo swing, potrebbe rappresentare un ostacolo per una buona fetta di giocatori.
In tal senso un piccolo ribilanciamento della difficoltà generale non sarebbe stato poi così disdicevole, soprattutto considerando la totale aleatorietà del mix dato dalla riproposizione casuale delle buche (che comunque non sono generate in maniera procedurale) e dall’imprevedibilità delle carte che potremo ottenere: durante la prova, difatti, non sono mancate occasioni in cui il nostro mazzo ha presentato soluzioni inadatte al livello che dovevamo affrontare, situazione che ha finito per rendere inutilmente frustranti alcuni round.
Così come spiace constatare l’assoluta inutilità di alcune carte durante gli scontri con i boss, già ostici senza bisogno di ulteriori spintarelle. Questi sono posti a guardia della buca finale di ciascun bioma e ci richiederanno di arrivare alla fatidica bandierina prima di loro. Per riuscirci, oltre che sulla nostra abilità, potremo contare su peculiari statue, in grado di bloccarli per un turno di gioco se colpite: mancarne anche solo un paio, o semplicemente sbagliare malamente un colpo, vista la lunghezza dei percorsi che caratterizzano queste sfide, può tradursi quasi sempre in una sonora sconfitta, con annesso reset dei nostri progressi.
In quest’ottica, pertanto, non sarebbero guastati dei checkpoint persistenti al superamento di ciascuna zona, o al massimo delle piccole scorciatoie. Insomma, che Cursed to Golf sia un gioco impegnativo oramai sembra palese, ma se proprio siete dei masochisti inguaribili, vi farà piacere sapere che durante la nostra ascesa, grazie ad alcuni bivi, sarà possibile affrontare anche delle buche maledette, in grado di offrire una sfida ancora più provante: se impiegheremo troppi colpi, difatti, ad accoglierci troveremo alcuni simpatici malus, come il capovolgimento dello schermo, la scomparsa degli idoli bonus e molto altro ancora. Inutile dire come completarle con successo avrà come benvenuto risultato l’ottenimento di ricompense ancora migliori.
Sotto il profilo squisitamente tecnico, Cursed to Golf non presta il fianco ad alcun tipo di critica, a patto di apprezzare la grafia in pixel art. Sotto questo punto di vista il lavoro firmato Chuhai Labs è in grado di farsi volere bene sin dalle prime battute, grazie ad un design accattivante, per quanto molto semplice. A personaggi simpaticissimi e ben caratterizzati, si accompagna una realizzazione degli ambienti molto colorata e dettagliata, il tutto impreziosito da una soundtrack dal gusto volutamente retrò dannatamente orecchiabile.
Pensavate che il golf fosse uno sport rilassante, tutto passeggiate ed aria buona? Beh, allora Cursed to Golf potrebbe farvi cambiare idea con assoluta veemenza. La produzione in questione, difatti, è riuscita a trasformare uno sport dall’apparenza tranquilla in una vera e propria esperienza infernale (quasi letteralmente), grazie alla commistione delle regole classiche con alcune subdole meccaniche roguelite. Sicuramente originale e ben confezionata, l’esperienza proposta è tanto semplice da metabolizzare, quanto ostica da portare a termine, complice anche un coefficiente di difficoltà a tratti non sempre ben bilanciato.
Se amate le sfide, e il binomio mazza/buca, il titolo saprà comunque sorprendervi, anche se la vostra pazienza rischia di essere messa duramente alla prova.