D4: Deadly Telltales Premonition - recensione
Tra avventura grafica e DVD Game.
D4: Dark Dreams Don't Die è senza mezzi termini il nuovo gioco dai creatori Deadly Premonition, che dopo aver esplorato il genere delle avventure horror cambiano direzione, aggiustano il tiro e tentano l'atterraggio verso lidi più casual. Il tutto cercando di mantenere il proprio stile e di non snaturare eccessivamente le tematiche già esplorate nel loro precedente prodotto. Il risultato è un'avventura grafica atipica, dai toni decisamente peculiari e difficile da inquadrare, che lascia a tratti perplessi e a tratti intrigati. Ma andiamo con ordine.
La vicenda, di cui è meglio non parlare troppo visto l'accento del gioco sulla narrazione, tratta delle avventure di David Young, un giovane ex-detective della polizia di Boston. David ha infatti lasciato la polizia dopo l'assassinio della sua fidanzata, Peggy, e ora si dedica anima e corpo alla ricerca della verità e della sua memoria perduta. Una trama piuttosto scontata, se vogliamo, che s'intreccia però con elementi fantastici e con un'ironia in pieno stile anime. Il protagonista non è infatti uscito incolume dalla morte dell'amata, ritrovandosi con una cicatrice sulla fronte (presumibilmente causata dall'assassino) e uno strano potere.
Un po' come nel Dead Zone di Cronenberg, David può intuire fatti passati toccando particolari oggetti definiti 'memento'. Concentrandosi ulteriormente, il protagonista potrà usare questi oggetti per viaggiare nel tempo fino al momento in cui questi si sono legati a un particolare evento, immergendosi (parole sue) nel passato.
Fin qui ci si trova di fronte a un'avventura fantasiosa e interessante, ma che purtroppo è piena di alti e bassi. Per stemperare la tensione o forse la seriosità di alcuni momenti, gli sviluppatori hanno deciso di inserire una serie di personaggi secondari piuttosto colorati che fungono sia da aiutanti che da spalla comica. Questi infarciscono quasi tutti i livelli del gioco, creando situazioni ironiche e sopra le righe, ma aiutando sempre David a puntare nella giusta direzione.
Si tratta di un'impostazione tipica della narrativa anime/manga, dove anche trame particolarmente serie sono intervallate da sketch e situazioni paradossali. Non si tratta di un difetto di per sé, quanto piuttosto di una scelta che potrebbe allontanare chi desidera dei toni diversi. Il mix potrebbe infatti allontanare chi cercava un'avventura più adulta: lo stesso protagonista è un personaggio da telefilm anni '80, costantemente preso dai suoi ragionamenti e dai chewing-gum che continua a masticare, incollare sui muri o a utilizzare per risolvere semplici enigmi (un po' come MacGuyver col nastro adesivo).
Tutte queste parole spese sulla trama servono anche a sottolinearne l'importanza in un gioco del genere. Nato per essere fruito col Kinect, D4 è (per mancanza di definizioni migliori) un'avventura punta e clicca. Non è possibile muovere il personaggio da una parte all'altra dello scenario liberamente ma solo utilizzando dei puntatori ben definiti. Non ci si può guardare intorno se non roteando la visuale di novanta gradi alla volta. L'interazione con lo scenario avviene quasi sempre tramite un puntatore a forma di mano e due sole azioni sono consentite: l'interazione semplice o una spinta utile a smuovere gli ostacoli.
L'impatto del giocatore è quindi molto limitato. L'accento è stato volutamente messo sulla vicenda piuttosto che sull'interattività e, fatta eccezione per semplici enigmi o una gran quantità di QTE, l'impressione che si ha è di essere spettatori e non un giocatori. Una sensazione sempre più forte quando, andando avanti nel gioco, ci si rende conto che tutte le limitazioni imposte al giocatore servono piuttosto per instradarlo nella giusta direzione, senza annoiarlo troppo.
Un esempio sono i tre indicatori di stato del personaggio, stamina, vita, visione. La stamina si consuma ogni volta che compiamo un'azione ma si ricarica col cibo, e serve tendenzialmente a evitare che il giocatore continui a compiere le stesse azioni, così che si concentri su quelle giuste. La visione allo stesso modo, mostra gli oggetti con cui posiamo interagire, indicandoci alle volte persino quelli utili a procedere nel livello. La vita serve nei QTE dove non sempre ma alle volte sbagliare vuol dire perderne una tacca. Il problema è che alcune azioni indipendenti dalle scelte del giocatore (ad esempio un pugno ricevuto da un NPC in un filmato) fanno diminuire l'energia, aumentando il senso d'impotenza.
Si potrebbe arguire che nei punta e clicca alla Myst il giocatore provava le stesse sensazioni, in realtà però in D4 la mancata libertà d'azione è più incatenante. Il giocatore è fermo su un binario che può seguire in avanti e indietro ma non c'è mai da esplorare, tutto è come un corridoio da scorrere inesorabilmente, noi dobbiamo solo premere play e goderci lo spettacolo.
Queste scelte di design, comprensibili sulla versione Xbox, destinata all'utilizzo con Kinect, non sono facili da accettare su PC. Certo, è possibile giocare tanto col pad che coi tre tasti del mouse, rendendo molto facile l'approccio ai giocatori casual, ma in fin dei conti si tratta di un videogame, non di un film. D4 è oltre le esperienze interattive alla David Cage, è un anime a episodi mascherato da videogioco.
Se si cerca un telefilm interattivo, un'avventura rilassante da guardare più che da giocare, D4 è un buon prodotto. Tecnicamente con c'è molto da eccepire: pur con un comparto grafico rimasto alla scorsa generazione di console, non si può dire che il gioco sia stato realizzato male. Non è aggiornato agli standard odierni, questo è certo, ma non vi sono neanche difetti degni di nota.
D'altro canto chi cercava qualcosa di simile a Deadly Premonition resterà deluso. Le atmosfere non sono sempre all'altezza e, anche dal punto di vista delle avventure grafiche, c'è decisamente di meglio sul mercato, mentre D4 non va oltre la sufficienza.