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Da GTA 5 a Zelda: quanto sono belli i giochi che hanno un ciclo giorno/notte - editoriale

Passando il tempo col naso all'insù... in un videogioco.

I giochi in cui sono presenti dei dettagli non necessari hanno un fascino del tutto particolare. Si pensi alle stazioni radio di GTA o al fatto che il GPS scompaia quando si attraversa una galleria oppure al tintinnio dei bossoli che colpiscono il pavimento in uno sparatutto: una tipologia di gioco che tutti immaginano troppo veloce e seriosa per ospitare simili distrazioni. Per non parlare poi delle targhe che a volte si possono trovare nei monumenti dell'isola di Fortnite. Tutti questi particolari sicuramente non definiscono un gioco, ma aiutano a renderlo più ricco. Rappresentano un segno dell'impegno e dell'interesse messo dagli sviluppatori e fanno intuire che qualcuno forse si sia persino divertito ad inserire tutti quei piccoli dettagli per intrattenere il pubblico.

Ci sono due di questi elementi accessori che mi piacciono particolarmente, anche più di quanto dovrebbero. Il primo, di cui non ho intenzione di parlare oggi, riguarda i giochi che hanno dei front-end immaginari, finti desktop, sistemi operativi e prompt di DOS fittizi. Non mi basta mai, come accade quando in una galleria d'arte mi sento in estasi per le cornici dei quadri. Il secondo elemento, di cui voglio parlarvi oggi, è quella cosa chiamata ciclo giorno/notte. Che nome orribile per una cosa così bella!

Il ciclo giorno/notte mette in moto il cielo sopra le nostre teste. Si tratta di una caratteristica tipica dei giochi open-world che, come tutti dicono con profonda tranquillità, manda avanti il mondo di gioco indipendentemente dal giocatore. Iniziamo le nostre missioni in GTA, impostiamo le coordinate, ci emozioniamo e stupiamo quando il GPS scompare passando in una galleria (o di quando vengono simulate le turbolenze su un aereo), poi ci chiediamo come completare quell'assalto nella base militare sulla costa, il tutto mentre sopra di noi un'alba dai colori rosati lascia il posto ad un mezzogiorno dal color blu Sega, mentre un nebuloso crepuscolo sud-californiano si trasforma in una notte piena di stelle.

Alcuni giochi riescono persino a sfruttare questo ciclo. Le pattuglie di sicurezza potrebbero, ad esempio, cambiare i loro percorsi di notte. Forse è meglio aspettare il tramonto per attaccare. Anche quando i giochi non lo sfruttano direttamente, il momento della giornata ha comunque la sua utilità. In Crackdown ad esempio, la caccia alle sfere è più efficace se fatta di notte, quando il cielo è buio e la particolare luce verde delle sfere è maggiormente visibile. L'ingrediente segreto di Crackdown non è l'aggancio del nemico tipico di Zelda o il suo platforming senza fronzoli, ma quelle sue incredibili distanze di rendering, per le quali spesso il gioco ha sacrificato la ricchezza degli asset. Si tratta tuttavia di un compromesso ben riuscito: la cosa fantastica di Crackdown è che si poteva guardare tutta la città intera e stabilire un piano d'azione. Il mio sospetto è che fossero le luci verdi, con il loro brillio notturno, a permettere ai giocatori di rendersene conto per la prima volta. Riposa in pace Randerware.

Più importante di tutte le cose però, è il fatto che il ciclo giorno/notte renda davvero reale un luogo virtuale. Prendiamo l'esempio di Polyphony, che dà una grande attenzione ai dettagli. In Gran Turismo 6 il passaggio dal giorno alla notte è di una bellezza sorprendente, così come tutti i particolari presenti nel gioco. Le singole linee e le curve di uno specifico modello di auto, l'aderenza o meno di una determinata strada. Allo stesso modo, con il ciclo giorno/notte di Gran Turismo viene indicata la posizione reale delle stelle nel cielo sopra di noi, così come i loro movimenti. Un gioco che era già un piccolo museo pieno di ricchi dettagli è diventato anche un planetario!

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E non finisce qui: durante la 24 Ore di Nürburgring, i fuochi da campo illuminano la foresta di notte. “Quella gara è famosa per la foresta, ma anche per la pista che profuma di carne alla brace dopo le 20”, mi spiega Martin Robinson. “Tutti i piloti raccontano di quanto la cosa li renda affamati.”

Anche quando il luogo non è reale, il passaggio dal giorno alla notte riesce a farlo sembrare tale. E qui veniamo al mio ciclo giorno/notte preferito: quello di The Legend of Zelda: The Wind-Waker. Questa preferenza è dovuta, in parte, al motivetto allegro che saluta ogni sorgere del sole, ma ha anche a che fare con le condizioni di luce che cambiano mentre ci si trova in mare, o al giorno che lascia il posto alla notte. Quando poi avremo individuato un'isola e ci saremo avventurati verso la spiaggia per esplorarla, allora il momento della giornata rimarrà bloccato. Ricordo di essermi avvicinato alla salita iniziale sulle piattaforme al di di sopra della cascata di Forest Haven nel bel mezzo della notte, combattendo con un polpo che non riuscivo neppure a vedere, prima di fare la conoscenza dell'Albero Deku: un incontro avvenuto in un'oscurità densa e magnifica. Non si tratta certo di qualcosa di programmato dal gioco: un mio amico ha infatti vissuto quella stessa scena a metà giornata. Questo ha reso quel momento mio e mio soltanto.

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La cosa incredibile è che i cicli giorno/notte sono così splendidi che anche quando gli sviluppatori li evitano continuano ad esserlo. Bungie ad esempio, che probabilmente è la migliore del settore per quanto riguarda gli skybox, ha un'enorme autorità quando decide che quel tipo di cielo, e soltanto quel tipo di cielo, deve manifestarsi in un determinato livello. Quella stessa fiducia che ripongo in Bungie l'ho riposta, recentemente, anche in Spider-Man, un gioco che riesce a mantenere il pieno controllo del tempo, facendolo perdere al giocatore davanti allo schermo. Nel corso della campagna, il tempo in gioco cambia soltanto quando Insomniac stabilisce che debba accadere. Ogni missione si svolge nell'ora del giorno e con l'atmosfera migliore.

Me ne vergogno molto, ma trascorro molto più tempo ad osservare i cieli virtuali che quelli reali. Negli ultimi anni però, i giochi mi hanno lentamente riportato nel mondo. Mia figlia è nata in cima ad una torre del Royal Sussex Hospital, appena dopo un meraviglioso tramonto d'agosto che sembrava tranquillamente appena uscito da Crackdown: oro puro che lascia il posto ai rosa e ai viola, mentre da qualche nuvola irregolare fa capolino la luce del sole. Da allora sono ancora alla ricerca di un cielo del genere!

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Di notte, sul retro del mio giardino, a volte prendo il telefono e uso una bella app che mi permette di proiettare le stelle sulle immagini reali del cielo. Questo è forse il migliore dei due mondi: posso avere il firmamento in tutta la sua dettagliata precisione, delineato in un modo che persino Polyphony approverebbe, ma anche il cielo reale, in modo che io possa unirli in matrimonio: Giove al Giove virtuale, Saturno al Saturno virtuale. L'obiettivo è sempre quello di sentirsi piccoli, ma allo stesso tempo, anche parte di qualcosa di estremamente grande.