Dark Devotion - recensione
Un Souls-like intrigante ma con poca anima.
Quanti ne abbiamo contati di Souls-like 2D negli ultimi due anni? Un'infinità. Partendo da Salt & Sanctuary per arrivare a Death's Gambit e Dead Cells, i titoli di grande qualità non sono mancati, così come le delusioni e i giochi senza una vera e propria anima.
Molti di questi sono arrivati da sviluppatori indipendenti, e l'ultimo a provarci è il team francese Hibernian Workshop, che dopo aver portato a casa con discreto successo una campagna Kickstarter, ha potuto dare alla luce Dark Devotion.
Lo abbiamo seguito con curiosità fin dai primi vagiti. I trailer iniziali facevano già intravedere una grandissima cura in ambito artistico e questa versione finale conferma le impressioni iniziali, "regalandoci" una delle più belle pixel-art dell'anno.
Scenari evocativi e creature dal forte impatto stilistico sono due ingredienti imprescindibili in un gioco di questo tipo e, almeno da questo punto di vista, Dark Devotion non ha nulla da invidiare ai migliori titoli che lo hanno preceduto. Lo stile oscilla tra il fantasy classico e il gothic-horror, un mix niente male che dà vita ad ambientazioni "pennellate" pixel su pixel e impreziosite da un sistema d'illuminazione pseudo-dinamica di notevole pregio.
Lo stesso dicasi per i nemici che vi troverete di fronte, animati con dovizia di particolari e mai troppo riciclati dall'immaginario che ognuno di noi si porta ormai dietro da decenni. Insomma, una gioia per gli occhi... un po' meno per le orecchie a causa di una soundtrack non particolarmente ispirata e un po' limitata in termini di quantità.
Purtroppo non si vive di sola grafica e quando poggia i piedi a terra tastando il duro terreno del gameplay, Dark Devotion mostra qualche problema di troppo che ne rende claudicante l'incedere. La voglia di staccarsi un po' dalle meccaniche classiche dei souls-like è chiara, così come quella di voler comunque rispettare alcuni dettami delle opere di Miyazaki. Trovare un equilibrio tra questi non è cosa semplice, e il rischio è quello di ritrovarsi tra le mani un prodotto che non ha un sapore ben definito e questo è forse il peccato più grande di questo gioco.
Il filo conduttore è più o meno sempre quello: un eroe dannato che per fuggire dal luogo in cui si trova deve affrontare indicibili pericoli, perendo nel tentativo innumerevoli volte per rinascere a nuova vita altrettante. Ogni resurrezione corrisponde ad un insegnamento per il giocatore, ma anche ad un premio che entità più alte hanno deciso di concedere al protagonista. Queste possono avere varia natura e vanno a modificare spesso anche in modo sostanziale il nostro approccio verso ogni porzione successiva dell'avventura.
Attenzione però, stiamo pur sempre parlando di un gioco appartenente ad un filone che fa delle punizioni agli errori una colonna portante del suo gameplay. Inserire addirittura dei premi per ogni morte avrebbe allontanato troppo Dark Devotion dalla sua natura primaria, ecco perché ogni volta che morirete tutti gli oggetti consumabili accumulati fino a quel momento saranno perduti. Per sempre.
Il sistema "trial and error" tipico di tutti i souls-like viene tuttavia ammorbidito un po' dalla scelta di posizionare un punto di salvataggio prima di ogni scontro significativo, limitando al massimo la necessità di ripercorrere lunghe zone dei livelli prima dell'incontro con un boss. Scelta volta a dare una mano ai giocatori meno portati per questo genere di giochi? Probabilmente sì, ma al tempo stesso il rischio di scontentare chi si avvicini a un souls-like per avere una sfida degna, è piuttosto alto.
Dark Devotion deve anche qualche credito al genere Metroidvania, dal quale eredita un sistema di ricompense e loot fin troppo generoso, influenzato dalle azioni che il giocatore compie nel corso dell'avventura. Anche in questo caso siamo di fronte ad una scelta di game design controversa, che rimane sospesa tra la necessità di attirare il maggior numero di giocatori possibile senza però scontentare gli aficionados del genere.
La gestione della Stamina e dell'equipaggiamento fortunatamente svolgono ancora un ruolo fondamentale, il che significa (come ormai sanno anche i sassi) che affrontare questo gioco come un semplice action significa andare incontro a grossi problemi e a continui ritorni al punto di partenza.
Nonostante gli "aiuti" descritti finora, il livello di difficoltà non è certamente dei più morbidi ma spesso utilizzare un'arma o un set di abilità specifiche può fare la differenza, il problema è che prima di scoprire quale sia il set-up migliore potreste incappare in non pochi passaggi a miglior vita.
Sotto il profilo della differenziazione del personaggio gli sviluppatori meritano uno scrosciante applauso, e il generoso loot di cui parlavamo poco fa garantisce una quantità di build diverse davvero notevole. Occhio però perché anche i nemici che vi troverete davanti sono in grado di fare male in centinaia di modi diversi.
Dark Devotion è un gioco stilisticamente superbo, ma che in termini di gameplay rimane in quel girone che il sommo Dante Alighieri definirebbe degli "ignavi". Diverte, ha una notevole profondità e a volte riesce anche a garantire una sfida degna di questo nome, ma la sua natura ibrida non è in grado di accontentare gli appassionati dei classici Metroidvania, che troveranno il ritmo fin troppo spezzettato, ma nemmeno chi vive di pane e Souls, che inevitabilmente troverà un livello di sfida inferiore alle aspettative.