Dark Void
Come Icaro, ma senza ali.
Capcom è certamente il più amato tra i produttori nipponici. Numerosi sono i brand di cui è proprietaria ed elevati gli standard produttivi che impone ad ogni team, interno o esterno che sia. La sua capacità di mettere d'accordo le utenze orientali e occidentali ha davvero dell'incredibile, così come notevoli sono la disinvoltura e la competenza nell'alternare marchi storici ad altri assolutamente nuovi.
Giusto pochi mesi fa abbiamo avuto modo di parlarvi di Dark Void nell'anteprima del nostro Davide Spotti, e ora torniamo con piacere a discuterne in seguito ad un'analisi più approfondita del titolo in questione. DV rientra nei franchise inediti attualmente in cantiere presso le scuderie Capcom; è pacifico quindi nutrire una sincera curiosità nei suoi confronti, non fosse altro che per alcuni spunti i quali, seppur non proprio innovativi, hanno comunque saputo innescare determinate aspettative.
Togliamoci il dente e chiariamo subito che la trama prende avvio dal più banale degli stereotipi. Will, un pilota di cargo impegnato a sorvolare il famigerato Triangolo delle Bermuda, si ritrova catapultato in una dimensione aliena dove sarà chiamato a combattere la temibile minaccia dei Watchers, i classici cattivoni con l'unico scopo di sottomettere l'umanità. Un incipit del genere può far presagire un indigesto polpettone in salsa fantascientifica (e in effetti il pericolo è reale) ma vogliamo ancora pensare che Capcom abbia saputo imprimere la propria filosofia persino in termini di narrazione. La storia, benché scontata, potrebbe infatti riuscire avvincente qualora fosse coadiuvata da quel tocco di personalità tipico della compagnia giapponese. Purtroppo sappiamo ancora poco sulle peculiarità caratteriali del protagonista, il che potrebbe rendere interessante scoprire le sue motivazioni nel prosieguo della vicenda o, al contrario, rivelarsi l'ennesimo burattino monocromatico.
Parte del fascino di Dark Void potrebbe risiedere perciò nella strana commistione tra le ambientazioni sci-fi e un certo gusto spiccatamente vintage, ravvisabile nel design del protagonista e, ancor più, nell'equipaggiamento di cui è dotato. Quella levigata maschera di metallo, abbinata al giubbino di pelle da aviatore e al jet-pack ben saldo alle sue spalle, sono elementi che (nel bene o nel male) rendono subito riconoscibile il nostro eroe, differenziandolo a dovere dalla schiera di energumeni iper-dopati tanto in voga nelle più recenti produzioni videoludiche.
I Watchers sono invece rappresentati da robot dalla figura longilinea, molto agili e spietati nei loro attacchi in massa. Tra di essi sono contemplati boss di fine livello che dovrebbero rendere spettacolare la chiusura di ogni missione e fornire al giocatore validi pretesti per utilizzare i potenziamenti guadagnati procedendo nel gioco. Fin qui è tutto nella norma, ma basteranno pochi minuti con un pad tra le mani per capire meglio il tipo di esperienza che i ragazzi di Airtight (gli stessi di Crimson Skies) hanno inteso offrire.