Darkest Dungeon - recensione
Ne uccide più lo stress che la spada.
Reynauld aveva cominciato bene la sua avventura. Il poderoso crociato aveva rischiato di soccombere per una serie di colpi fortunati di alcuni briganti già nel tutorial, ma per fortuna si era ripreso crescendo tra alti e bassi, guidando con successo varie spedizioni nelle rovine circostanti il maniero da me ereditato nell'introduzione del gioco.
Tra una peste nera prontamente curata, un pizzico di cleptomania che lo ha portato a intascarsi un po' di loot qua e là, una strana mania per le arti oscure contratta chissà come ma prontamente eliminata (cinghie e reclusione sembrano fare miracoli), la punta di diamante del mio roster aveva abbattuto anche qualche boss e creatura oscura particolarmente potente scaturita all'improvviso durante la normale esplorazione. Andava tutto alla grande, quindi. Poi è morto, nell'ennesimo dungeon. Come, direte voi? Trafitto dal pugnale affilato di un brigante? Dilaniato da qualche magia ancestrale? No, per un attacco di cuore.
Ora, le righe precedenti vi sembreranno quantomeno bislacche, ma chi ha già provato Darkest Dungeon avrà probabilmente accennato un mezzo sorriso, riconoscendovi l'imprevedibilità che attende i giocatori nel dungeon crawler di Red Hook Studios. Ma, prima di occuparci delle particolarità, torniamo alle basi più comuni del gioco, che sotto la sua attraente veste grafica nasconde una combinazione di gestionale e, appunto, dungeon crawler, con una spolverata di "roguelite", come viene definita la variante meno punitiva del genere.
La storia di Darkest Dungeon comincia con una lettera che ci arriva parlando di una casa nobiliare in rovina, una follia crescente e una malaugurata scoperta di segrete e orrori che starà a noi, richiamati alla nostra proprietà, affrontare e debellare. O almeno, provarci.
La schermata principale mostra il borgo in tutta la sua desolazione. Le costruzioni fatiscenti, a un click del mouse, rivelano varie strutture che svolgono diverse funzioni in questa prima fase di gestione e pianificazione: la carrozza da cui arrivano gli eroi da reclutare, taverna e abbazia in cui i suddetti eroi possono pregare, giocare, meditare o cercare qualche allegra compagnia per rilassarsi, il sanitarium in cui malattie, disordini mentali e talenti possono essere eliminati o lockati, e molto altro, fino al cimitero in cui potremo passare a salutare i personaggi defunti in azione.
Non tutte le strutture sono accessibili da subito: la loro apertura avviene gradualmente, di pari passo con le quest completate, e questo permette di familiarizzare con i vari meccanismi e i potenziamenti di ciascuna di esse. È da qui, comunque, che gestirete l'oro e i cimeli raccolti durante le missioni al fine di potenziare la funzione delle strutture o diminuire il costo del loro utilizzo, ma anche di rimettere gli eroi in grado di combattere dopo quest particolarmente impegnative o semplicemente migliorarne skill, armi e armature.
La fase di gestione, inizialmente complessa ma tutto sommato ben digeribile grazie alla somministrazione in piccole dosi, si alterna costantemente con una spedizione che consiste nell'esplorazione, da parte di quattro eroi, di una delle zone circostanti.
Le missioni richiedono il completamento di un obiettivo ben preciso: la vittoria dei combattimenti di tutte le stanze, l'esplorazione di una certa percentuale di queste ultime, la purificazione di altari o l'abbattimento di un boss, per fare degli esempi. Un altro elemento che le differenzia è la durata, che determina quante volte i nostri paladini potranno accamparsi nel corso della quest per recuperare forze e serenità. Infine, le missioni si accompagnano a un certo livello consigliato, e non è possibile fare i bulli nelle zone più facili al fine di accumulare risorse perché gli eroi si rifiuteranno di partecipare a missioni troppo al di sotto del loro livello.
Scelti i quattro impavidi di turno e la missione, si passa per una piccola schermata in cui scegliere le provvigioni da portare con sé previo l'acquisto: in questa fase, a fianco di cose fondamentali come torce e cibo, va scelto quanto del limitato spazio dell'inventario impegnare (ogni casella può contenere un numero finito di un dato oggetto) e quanto prepararsi. È bello disporre di antidoti, erbe curative, chiavi e acque sante a profusione, meno bello sacrificare qualcosa quando si recupera un buon oggetto e lo spazio per riportarlo indietro manca.
Come avrete intuito, Darkest Dungeon è un gioco fatto di compromessi: gli eroi da reclutare non mancano e il roster può essere ampliato di molto, ma difficilmente il gruppetto di 4 disporrà di tutte le risorse che vi serviranno in battaglia, e anche se doveste trovare la combinazione quasi perfetta, difficilmente tutti torneranno pronti a entrare di nuovo in azione.
Le missioni vere e proprie sono una fase molto facile da comprendere: ogni dungeon è composto da una serie di stanze collegate tra di loro da corridoi diritti. Ogni stanza o casella di corridoio può contenere oggetti con cui interagire, tesori, trappole e ovviamente nemici da affrontare, e in base alle abilità del gruppo è possibile che la zona venga esplorata dopo l'arrivo in una stanza rivelando ciò che ci attende oltre.
Uno dei punti di forza di Darkest Dungeon è la varietà che viene a galla proprio nelle missioni. Gli oggetti possono nascondere sia sorprese piacevoli che insidie inattese, e spesso è possibile utilizzare un oggetto per ottenere una reazione positiva. Qualche esempio? Un'erba curativa può eliminare il rischio di contrarre malattie se utilizzata su una carcassa, e una chiave può aprire uno scompartimento segreto di uno scrigno rivelando tesori imprevisti. A parte delle brevi schermate informative, il gioco non rivela le combinazioni possibili, per cui preparatevi a rischiare di bruciare inutilmente qualche oggetto nel tentativo di fare una scoperta.
I combattimenti, naturalmente, non mancano e si svolgono a turni in cui nemici ed eroi si alternano in base alla propria velocità finché tutti non hanno compiuto almeno un azione e il turno successivo prende il via.
Membri del party e mostri hanno varie skill da cui attingere (un massimo di quattro), spesso utilizzabili solo da alcune posizioni, per cui un balestriere in testa al gruppo potrebbe non rivelarsi molto utile, anche se alcune skill sono pensate appositamente per attaccare e spostarsi contemporaneamente.
Le varie classi sono comunque flessibili, e una volta rimessa in sesto la gilda del borgo è possibile apprendere e potenziare altre skill: in totale ve ne sono 8, ma è possibile equipaggiarne solo la metà. Ne consegue che gli scontri in Darkest Dungeon sono un balletto di attacchi, buff, debuff, effetti collaterali, spostamenti (anche involontari, visto che come detto esistono delle skill apposite), e... stress.
Lo stress in questione non è quello che proverete voi nel gestire tante variabili insieme, anche perché Darkest Dungeon riesce a essere impegnativo lasciando comunque molto margine, non di errore ma di recupero. La fuga dal combattimento è infatti un'opzione molto utile, così come l'abbandono della missione, anche se c'è sempre un prezzo da pagare (compromessi, ricordate?), in questo caso specifico una dose supplementare di stress degli eroi dovuto all'aver alzato bandiera bianca.
Dicevamo dello stress: ogni eroe può accumularne sia a causa di skill dei nemici che di altri motivi come scarsità di luce o mancanza di cibo. Una volta raggiunta una certa quantità di stress, un eroe può sia avere uno scatto di virtù e ottenere bonus, che reagire male e assumere atteggiamenti masochistici, paranoici o disperati... provocando, spesso, stress aggiuntivo ai suoi compagni. I malus, insomma, fanno presto ad accumularsi, e arrivati a una certa soglia si muore direttamente come il crociato menzionato all'inizio, mentre paradossalmente per una morte fisica è necessario arrivare a 0 punti vita e poi subire un altro colpo.
Il sistema sembra sicuramente complesso a descriverlo, ma la difficoltà maggiore sta nel assimilare l'importanza della meccanica dello stress e imparare a dare la giusta priorità alle azioni da compiere e ai nemici da abbattere in base alle caratteristiche del proprio party, alle scorte e all'obiettivo... insomma, alla contingenza del momento.
Il tutto è legato a un'altra caratteristica fondamentale: la luce, che in una scala da 0 a 100 indica quanto avrete deciso di illuminare i dintorni in un dato momento consumando le torce nello zaino. Più luce equivale a combattimenti più facili, ma anche a ricompense più esigue, per cui giocare d'azzardo al buio aumenta il fattore rischio-ricompensa e aggiunge altre possibilità a un carniere già ben nutrito.
Si potrebbero spendere tante altre parole per scendere nei dettagli delle meccaniche di Darkest Dungeon, ma siamo di fronte a un titolo molto più facile da apprendere giocando che da spiegare. L'unica cosa che avete veramente bisogno di sapere è che calarsi negli ingranaggi del gioco è un'operazione che vi verrà naturale e che vi catturerà grazie alle molteplici sfumature permesse dal sistema studiato da Red Hook Studios.
Dopo le prime missioni, è tutto un susseguirsi di operazioni di relax o cura che vi costringerà a tenere fuori gioco gli eroi impegnati per il tempo di una o più spedizioni, alternate a esplorazioni e via di seguito. La cura degli eroi sarà sempre fondamentale, a meno che non scegliate di ritrovarvi personaggi con 4 o 5 tratti negativi accumulati e aggravati, che neutralizzeranno probabilmente tutte le loro qualità positive.
Merita due parole anche il comparto audio-visivo, che come potete vedere dalle immagini ha ricevuto una cura di tutto rispetto. L'accompagnamento sonoro propone una serie di tracce d'accompagnamento modulate secondo l'atmosfera del momento, e una buona voce narrante (forse appena troppo impostata e dalla risonanza artificiale troppo marcata in alcuni casi) accompagna il giocatore lungo l'avventura.
Il neo principale di Darkest Dungeon, invece, sta in una mancanza di caratterizzazione dei dungeon, che anche se evocativi e ben differenziati dal punto di visto grafico, mancano di caratteristiche veramente uniche. Da segnalare anche i caricamenti che su alcune macchine abbastanza vecchie sembrano impiegare a volte un po' più del dovuto.
In conclusione, è facile consigliare Darkest Dungeon con le solite riserve per chi non apprezza turni, gestione o i dungeon crawler in generale. Tutti gli altri troveranno in quest'ottimo indie una sana dose di sfida, un certo sapore lovecraftiano, alcune ottime soluzioni di design e tante ore di divertimento.