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DARQ - recensione

L'anima di Tim Burton aleggia nell'incubo.

Avete mai fatto caso al fatto che un incubo spesso è molto più facile da ricordare rispetto ad un bel sogno? Il primo rimane impresso per ore dopo il risveglio mentre il secondo non ci concede neanche il tempo di assaporarlo per un po' dopo aver riaperto gli occhi. Questo perché i sogni più angoscianti fanno riferimento ad una parte nascosta del nostro io, vanno a pescare nelle profondità più recondite della nostra anima e, da lì, tirano fuori visioni terrificanti che spesso rimangono impresse anche dopo il risveglio.

La storia di DARQ è legata proprio agli incubi, o meglio all'impossibilità di svegliarsi da essi. Il protagonista si chiama Lloyd, sembra uscito da La Sposa Cadavere di Tim Burton e soffre di gravi disturbi del sonno che lo portano a rimanere imprigionato nei suoi sogni. Il problema è che questi sogni sono a dir poco inquietanti e rischiano di mettere in serio pericolo la sua stessa vita. Il vostro compito sarà di aiutarlo nel difficile obiettivo di tornare alla normalità, portando a termine una serie di livelli (sette per la precisione) legati a temi diversi e intrisi di cervellotici enigmi.

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Se avete già sbirciato le immagini o visto qualche video di DARQ sicuramente avrete associato il suo stile grafico e di gameplay ad un paio di titoli usciti relativamente di recente. Il primo è l'imprescindibile Inside di Playdead, al quale affianchiamo l'altrettanto valido Little Nightmare di Tarsier Studios. Dietro al progetto c'è una persona che di sonno riposante deve averne vissuto davvero poco. Si chiama Wlad Marhulets, ed è un compositore bielorusso di soli 32 anni il cui curriculum comprende pezzi musicali per svariati documentari e tie-in cinematografici non certo indimenticabili come Jem e le Holograms e Hitman: Agente 47.

Stufo dell'aria viziata di Hollywood, il buon Wlad decide improvvisamente di volersi dedicare ai videogiochi. Il problema è che non capisce nulla di programmazione e non ama che gli venga detto come deve fare le cose. Questi ed altri problemi di vario genere fanno slittare continuamente l'ultimazione dei lavori sul suo primo progetto, che ha richiesto tre anni per essere portato a compimento.

Ora eccolo qui. DARQ è un titolo che nonostante le chiare influenze dei giochi appena citati, tenta di prendere una strada indipendente, ma che purtroppo fallisce l'obiettivo a causa dell'inesperienza del suo creatore e del team che lo ha accompagnato in questa sa prima avventura. L'idea di partenza è buona, così come la scelta di dividere in temi ben distinti i vari sogni/livelli, ma è lo svolgimento ad avere un incedere claudicante.

DARQ alterna alcune trovate intelligenti a soluzioni incredibilmente illogiche che spezzano il ritmo di gioco.

DARQ gioca con le dimensioni, le distanze e le prospettive, nel tentativo di dare la sensazione di trovarsi proprio dentro ad una serie di incubi capaci di distorcere la loro stessa "realtà". Il tutto si traduce in qualcosa di visivamente interessante, ma deludente sotto il profilo prettamente ludico. Ciò che poteva essere una sorta di lunga illusione ottica che mettesse in difficoltà le nostre sinapsi, si è invece tradotta in una serie di semplici (e a volte illogiche) interazioni con gli elementi presenti sullo schermo. Interruttori, leve, oggetti e passaggi nascosti sono a volte inseriti un po' alla rinfusa, senza un appropriato senso logico e senza alcuna attinenza con la storia, che infatti risulta piuttosto slegata.

Non basta utilizzare il tema dei sogni per dare una giustificazione a tutto. Un gioco, a prescindere dal genere di appartenenza, deve avere una struttura o quantomeno una sua logica che sia in grado di legare il tutto. DARQ tutto questo non ce l'ha, è il classico fumo senza alcun tipo di arrosto. Non mancano alcune trovate stilistiche che fanno intuire la vena artistica di Mathulets, personaggi e livelli nel loro insieme restituiscono efficacemente la sensazione di sogno macabro, ma manca totalmente la fusione con il gameplay vero e proprio che risulta invece estraniante.

Ottime le musiche, ma da un compositore di esperienza non ci si poteva aspettare di meno, mentre la longevità è decisamente scarsa. Abbiamo impiegato poco più di quattro ore per arrivare alla fine, davvero poche se si conta il backtracking necessario a risolvere alcuni enigmi e l'eccessiva facilità di alcuni di essi.

Il senso di 'pesantezza' dell'incubo che il protagonista sta vivendo, è reso abbastanza bene dallo stile grafico.

Il quadro complessivo è purtroppo insufficiente nonostante un intrigante lato artistico e alcune fasi di gameplay tutto sommato piacevoli. Manca purtroppo una coesione nelle varie componenti del progetto, dovute molto probabilmente all'inesperienza del team di sviluppo. Marhulets ha cullato il sogno di intraprendere la carriera di creatore di videogiochi, ma per il suo prossimo progetto è bene che faccia tesoro degli errori commessi nello sviluppo di DARQ.

5 / 10