Gli zombie della discordia
Intervista agli autori del video di Dead Island.
Sì, e penso anche che sia il miglior modo di mostrarli.
Un sacco ma è stato più una discussione collaborativa, in cui sia noi che Deep Silver abbiamo fatto delle proposte e la abbiamo messe a punto, per poi tornare indietro e svilupparne di nuove, che non una lunga serie di idee creative sottoposte da Axis. In questo senso, abbiamo avuto un ottimo rapporto di lavoro, fin dai primi giorni di sviluppo del progetto.
Sì, penso che i video siano più efficaci, specialmente per questo tipo di campagne, dove l'obiettivo è generare il maggiore interesse possibile.
Allo stesso tempo, non credo però che i trailer in CG possano rimpiazzare il bisogno di ulteriori informazioni più specifiche sul gioco che rappresentano. Un trailer non è un gioco, ma l'idea è che dovresti sempre rappresentare gli aspetti principali del titolo in maniera accurata, in un modo che siano comunicati al pubblico più velocemente possibile.
Beh, è il trailer di un gioco sugli zombie. In questo genere tutto ruota intorno al sangue e alla violenza, si basa sulle nostre paure più profonde riguardo il mondo e i suoi pericoli, quindi non capisco come qualcuno possa pensare che sia inappropriato confrontarsi con queste tematiche.
Facendo un paragonare con molti film sul genere, e anche altri giochi, credo che ci siamo contenuti molto. Credo che, più che il sangue e la violenza, il pubblico non si senta a suo agio a causa dell'impatto che gli eventi hanno sui componenti della famiglia, e lo strisciante senso di perdita e tragedia.
Abbiamo trattato la storia e i personaggi in maniera seria e non come se fosse tutto uno scherzo, che è l'espediente usato dalla maggior parte dei giochi per slegarsi dalla violenza contenuta al loro interno. Da questo punto di vista credo che ci siamo comportati in maniera decisamente adulta.
L'idea principale dietro questa filosofia è che questi fatti sono accaduti a "persone reali" piuttosto a degli "eroi". Individui totalmente impreparati per affrontare gli eventi, e che non avrebbero vinto a dispetto delle scarse probabilità di sopravvivenza.
Volevamo enfatizzare i sentimenti che le persone reali avrebbero potuto provare, sopratutto tra di loro, in queste circostanze. Una famiglia in vacanza rappresenta questi concetti nella maniera più diretta e il personaggio della figlia è la scelta più ovvia e d'impatto per inspirare un senso di paura e vulnerabilità.
Una volta trovate le idee giuste, realizzare il filmato in qualunque altro modo sarebbe stato un tirarsi indietro, ma comunque penso che abbiamo trattato il tema con il dovuto tatto e non abbiamo lasciato che la cosa ci prendesse troppo la mano.
Comunque, non vogliamo sfuggire alle implicazioni dell'ambientazione che abbiamo creato, quindi possiamo dire che volevamo scioccare il pubblico, non con l'uso del sangue o dell'eccessiva violenza, ma facendogli capire cosa la violenza e il sangue significhino a livello umano.
È stato un atto consapevole e sapevamo perfettamente ciò che stavamo facendo, ma non sono d'accordo con chi dice che sia stato inappropriato o che abbiamo "glorificato" qualcosa.