Death Stranding potrebbe aver perso un po' del suo mistero mostrando l'inizio di una boss fight? - editoriale
Hideo Kubrick.
Ci sono pochi piaceri nella vita così ricchi ed emozionanti come quelli offerti da Hideo Kojima durante lo sviluppo di un nuovo gioco. Tutte le finte e i trucchetti! I bambini che in Death Stranding sguazzano in uteri color ambra dotati di tubi! Kojima è un game designer meraviglioso, ma quello in cui davvero eccelle in questo periodo è proprio questo: quel lungo e bizzarro disvelamento che precede l'uscita del gioco, spesso affidato a Geoff Keighley, la sua spalla ufficiale.
Kojima, al momento, si trova in una posizione privilegiata e sembra proprio che la stia sfruttando al meglio. I suoi giochi hanno sempre fatto il botto, ed è proprio per questo che adesso c'è un enorme pubblico in attesa di vedere cosa farà dopo. Ma questo pubblico, ed è qui che Kojima gode di una libertà ineguagliata, vuole anche che vengano realizzati giochi strani e sconcertanti. Finora, anche io ho guardato a Death Stranding con quel tipo di ammirazione che si prova quando si vede un vero maestro all'opera.
La spiaggia piena di cadaveri, lo scricchiolio delle ossa e un comparto audio che ricorda lo schioccare delle dita, con Norman Reedus e la sua pelle ricoperta da impronte di mani (un probabile riferimento a quelle scoperte nella Cueva de las Manos) che, insieme al petrolio e allo strano rilevatore a girandola, mostrano quella che probabilmente sarà l'arcana convergenza di un passato antichissimo e un futuro lontanissimo. Con tutte queste premesse, non ci sono dubbi: Kojima sa come fare il suo lavoro. Eppure l'ultimo teaser mi ha reso triste. Perché? Perché dopo tutto questo caos informe, quel trailer sembra proprio mostrare l'inizio di una boss fight.
Ovviamente ci sono ancora moltissime cose che mi piacciono: la leggera attrezzatura da pioggia e quegli eccezionali rilevatori montati vicino alla spalla donano a tutto realismo e personalità. Mi piace anche l'enorme creatura dall'aspetto di cane che viene evocata nel momento clou della scena, il modo in cui si lecca le zampe e in cui il suo peso sembra inclinarlo in avanti. Io poi adoro come l'uomo misterioso si rimuove la maschera dorata per rivelare… un'altra maschera!
A parte questo però, subito ho sentito come la strana sensazione di trovarmi di fronte ad un gioco tremendamente familiare. Innanzitutto, il dialogo sembra assumere quella tipica impostazione che precede lo scontro; ma la cosa che più salta all'occhio è quell'attimo in cui, quasi per convenzione, tutto si interrompe prima della boss-fight. Questo momento coincide con la prima inquadratura su Reedus che poi si sposta verso l'orizzonte. Come se non bastasse, il super-cattivo inizia a mostrare la propria forza colpendo il terreno (qualcosa che abbiamo già visto un milione di volte con altri super-cattivi) seguito da un inaspettato: “Tutto quello che devi fare per uscirne vivo è non farti divorare”.
Tutto questo è molto interessante perché fa luce su un aspetto di Kojima che ho quasi sempre intuito, ovvero che tutti i suoi voli pindarici sono sempre supportati da un design che non spaventa nessuno. Ha sicuramente a modo suo molta inventiva (continuo ad apprezzare l'impegno per rendere Metal Gear un gioco completabile senza uccisioni), ma si è sempre basato su cose che fossero riconoscibili da tutti. Giochi open-world per gli ultimi Metal Gear e un classico stealth per il primo.
Per dirla in un altro modo, Kojima è abbastanza strano. Con lui si può sentire il brivido dato dalla sorpresa e dalla sfida, ma anche la certezza di una boss-fight.
E questo mi ricorda tantissimo Stanley Kubrick, adesso più che in passato. Kojima e Kubrick: due autori autentici nell'immaginario collettivo e due persone che sono sempre riuscite a generare profitti. Come Kojima, Kubrick è sempre stato piuttosto strano. Di quella stranezza che risulta interessante, ma mai scoraggiante. Questo è probabilmente il motivo per cui i suoi film hanno quasi sempre fatto soldi e per cui Warner Bros, o chi per loro, era così attenta ed impegnata con lui.
2001: Odissea nello spazio è l'esempio che fa al caso nostro. Quel suo inizio con le scimmie sembra molto audace dal punto di vista strutturale e lo è! Ma una volta capito che il protagonista del film non è una persona sola, ma piuttosto l'intera umanità, quell'inizio risulta più che convenzionale. Lì, alle origini della violenza umana, il nostro genere sta per avere il suo primo incontro con Dio. Lo faranno o non lo faranno?
Il trucchetto che utilizzano Kubrick e Kojima, a mio parere, è quello di avvolgere le loro visioni artistiche insolite attorno ad una prudente struttura che piaccia al pubblico. Non c'è niente di male in questo, mi rende solo un po' malinconico veder sbucare fuori qualcosa che già conosco, perché questo va a placare, in parte, il mistero che si era creato. Forse è solo un po' triste che ogni volta vengano fatte delle scelte per definire un progetto e fargli prendere una strada specifica. Ad un certo punto, purtroppo, bisogna scegliere le proprie battaglie.
Naturalmente, è possibile che l'Uomo dalla Maschera d'Oro sia un'altra finta. Forse dietro alla seconda maschera c'è una terza maschera, tanto per intenderci. Questo è quello che probabilmente avrebbe fatto Kubrick.