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Deathloop - prova

Dishonored + Prey + Mooncrash = Deathloop?

Sarà che come già successo per Dishonored e Prey tecnicamente non è di certo il classico progetto spaccamascella. Sarà che è la prima opera di Arkane Studios non guidata da Harvey Smith o da quelRaphael Colantonio ora alle prese con un'avventura indie e la sua creatura Weird West dopo l'addio alla compagnia che ha aiutato a plasmare. Magari sarà perché storicamente "blockbuster" non è mai stato sinonimo dello studio cresciuto sotto l'ala protettrice di Bethesda.

Sarà quel che sarà ma in ogni caso sin dal suo annuncio abbiamo avuto l'impressione che Deathloop sia passato un po' troppo in sordina, sottotraccia e senza troppi clamori. O forse in fondo il problema è uno e uno soltanto: rispondere alla domanda ma cosa diavolo è Deathloop? Un "murder puzzle" in un loop temporale, un incontro tra Dishonored, Prey e Mooncrash e se come risposta vi dice poco siamo qui proprio per voi.

Ci piace pensare che sia anche questo il motivo che ha spinto Bethesda e Arkane a concederci una prova con mano prima dell'uscita su PC e PS5 prevista per il 14 settembre. Una delle ultime produzioni del catalogo Zenimax precedenti all'acquisizione di Microsoft è alle porte ed eccoci a un primissimo assaggio che si concentra sulle prime 5 ore ed esclusivamente sull'avventura da giocatore singolo.

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Due parole su questo aspetto: Deathloop è dotato di una particolare componente PvP opzionale che permette ai giocatori di impersonare l'antagonista principale dell'avventura Julianna e di invadere le partite altrui. Questa prova bypassa completamente la feature non permettendoci di invadere né di essere invasi da altri utenti, Julianna è presente ma guidata sollo dalla IA. Una precisazione doverosa prima di entrare nel vivo e partire a razzo con un incipit che mette subito le cose in chiaro: spegnere il cervello non è cosa.

Dopo una schermata iniziale che come diversi trailer abbraccia uno stile alla James Bond molto riuscito diamo una rapida occhiata ai menu scoprendo tante possibilità a livello di personalizzazione dell'esperienza sia nel gameplay vero e proprio che nell'interfaccia fino ad arrivare a tre modalità grafiche: Prestazioni, Qualità Visiva e Ray-Tracing. Tutte le opzioni optano per il 4K dinamico con Prestazioni che offre 60 fps bloccati, Qualità Visiva che migliora l'impatto grafico puntando ai 60 fps con alcuni cali e Ray-Tracing che spinge forte sulla grafica scendendo sui 30 fps. Ovviamente Digital Foundry analizzerà in dettaglio ogni opzione ma vista l'importanza dei 60 fps abbiamo puntato immediatamente sulla modalità Prestazioni.

Dal punto di vista del puro frame rate le sensazioni sono ottime e al di là di alcune texture non caricate istantaneamente senza sbavature la build è per ora solida e sotto molti aspetti splendida. L'impatto complessivo funziona anche e soprattutto grazie al sapiente lavoro di Sébastien Mitton, art director che dopo l'esperienza in Dishonored tratteggia un'ambientazione retrofuturistica ispirata agli anni 60. Un Paradiso ma prigione, un mondo decadente in cui la morte ha perso ogni significato e che "accoglie" noi giocatori e il nostro protagonista con un fortissimo mal di testa, una sbronza colossale e un'amnesia quasi totale su una misteriosa spiaggia apparentemente abbandonata. Ben presto le prime tessere del puzzle vanno al loro posto.

Julianna è un'antagonista che lascia il segno.

Chi siamo? Colt! Dove ci troviamo? L'isola di Blackreef! Cosa vogliamo? Spezzare un loop temporale in cui lo stesso giorno si ripete all'infinito e fuggire dall'isola! Ok...questa terza risposta è LEGGERMENTE meno immediata delle prime due ma si sa, la verità è dura da digerire e soprattutto piena di spoiler da evitare come la peste.

La nostra prova non ha di certo dipanato la fitta coltre di dubbi che circondano le motivazioni di Colt o di Julianna e tutti i misteri dell'isola e degli Eternalisti, le persone che la abitano ripetendo all'infinito la stessa giornata di festa e depravazione e che ovviamente vogliono preservare il loop a ogni costo. Ci ha però rivelato un mondo come da tradizione Arkane ricchissimo di dettagli da scoprire nelle ambientazioni o nei documenti e nelle registrazioni più o meno nascoste. Prey e soprattutto Dishonored non avranno convinto su tutta la linea a livello narrativo ma hanno dimostrato una cura maniacale nella costruzione di mondi e lore, una cura che rivediamo in ogni anfratto e passaggio segreto di Blackreef. In questo caso poi ci troviamo di fronte a un nutrito cast di personaggi carismatici e ben scritti, forti di una personalità e di dialoghi di ottimo livello e ci sono tutti gli ingredienti per una trama capace di lasciare il segno e di migliorare un aspetto su cui questi sviluppatori in passato non hanno sempre saputo brillare.

Le prime ore di Deathloop sono notevolmente più guidate e classiche e ci hanno ricordato sotto molti aspetti un Dishonored più sparacchino. Rimane un action FPS "alla Arkane" e quindi aperto agli approcci più variegati, che si tratti di massacrare tutti senza alcuna pietà, di cercare passaggi segreti e zone meno frequentate per muoversi come dei veri e propri fantasmi o di trovare il giusto equilibrio magari sfruttando l'hacking di torrette, il fido machete e la sparachiodi per un primo approccio stealth e fucile a pompa e granate per ripulire l'area da chi proprio non vuole farsi gli affari suoi.

Quando la memoria di Colt sembra riaffiorare, gli indizi 'scritti' nei livelli sono una scelta stilistica geniale.

Il gunplay e la qualità dell'IA andranno valutati a pieno in fase di recensione e al momento mostrano almeno in parte il fianco ad alcune critiche sotto molti aspetti già formulate ai tempi di Dishonored e Prey. La varietà d'azione d'altronde rimane inizialmente limitata dato che Colt non può contare subito sul 100% del proprio potenziale. Un potenziale che dopo l'incipit e la fase guidata delle prime ore abbiamo iniziato a esplorare, bisogna ammetterlo, con parecchie soddisfazioni. Una volta compreso che per interrompere il loop è necessario uccidere nella stessa giornata otto Visionari, otto persone particolarmente importanti e potenti di Blackreef tra cui la stessa Julianna, Deathloop rivela tutta la propria natura e il concetto di murder puzzle inizia finalmente a prendere forma, una forma sotto molti aspetti innovativa.

I Visionari sono sparsi in quattro zone diverse dell'isola in uno di quattro momenti differenti della giornata. Parte così una vera e propria indagine fatta di piste, indizi e scoperte che avranno il compito di avvicinarci di loop in loop e di morte in morte al loop perfetto, alla realizzazione del grande piano che ci permetterà di eliminare gli otto Visionari in un colpo solo, in una sola giornata. Fortunatamente il menu di gioco è una sorta di diario di Colt che tiene traccia delle scoperte principali e aggiorna ogni pista con i nuovi indizi scoperti di volta in volta seguendo un certo obiettivo.

Al mattino, a mezzogiorno, al pomeriggio e alla sera abbiamo la possibilità di scegliere quale delle quattro aree dell'isola esplorare perseguendo l'obiettivo che più desideriamo. Da questo punto di vista c'è piena libertà d'approccio e sta a noi scegliere se concentrarci su un visionario, su un indizio o su qualsiasi altro dettaglio abbia stimolato la nostra curiosità, da una registrazione riguardante un misterioso bunker fino alla combinazione di una cassaforte scoperta magari per caso in un loop precedente.

Vincolo + sparachiodi? Uccisione multipla stealth perfetta!

Magari abbiamo appreso che Harriet, una visionaria scovata nella Baia di Karl, sta organizzando una sorta di evento in una certa porzione della mappa e che l'evento si terrà solo al mattino oppure sappiamo che un obiettivo è dotato di un potere soprannaturale particolarmente utile e allora parte la caccia alla Tavoletta che tanto ci fa gola. Già perché al di là di machete, granate e bocche da fuoco il mondo di Deathloop è caratterizzato da oggetti soprannaturali capaci di donare poteri o bonus più o meno importanti in una maniera molto simile a quanto visto in Dishonored.

Cercare di ottenere questi poteri non sempre porta a nuove conoscenze necessarie per spezzare il loop ma sicuramente ci renderà più potenti e in grado di affrontare il gioco con molti più assi nella manica. Per esempio la Tavoletta Vincolo è una manna per i giocatori che adorano le uccisioni stealth e ve lo assicuriamo, sparare un chiodo nel cranio di un nemico e vedere lo stesso effetto su un paio di malcapitati ignari renderebbe fiero anche il buon Corvo Attano.

Indubbiamente è proprio questo approccio aperto l'elemento che più stiamo apprezzando di Deathloop e anche il più fresco e unico. All'inizio di ogni loop possiamo cercare di organizzare una strategia puntando a obiettivi diversi per ogni momento della giornata o semplicemente lasciarci guidare dall'istinto o dalla sete di potere. Nella maggior parte dei casi abbiamo a schermo un indicatore verso il prossimo obiettivo della pista seguita ma come già visto in Prey o Dishonored l'improvvisazione e il lasciarsi andare alla pura e semplice voglia di esplorare regalano le più grandi soddisfazioni e aprono a possibilità pochi minuti prima nemmeno lontanamente pensabili. Ah che bellezza il piacere della scoperta!

Deathloop non sarà un capolavoro tecnico ma l'impatto complessivo ha decisamente il suo perché.

Una volta terminata l'esplorazione serale o una volta morti (Colt possiede di default la tavoletta Ripresa che gli permette di tornare in vita due volte prima di soccombere) ecco il loop. La giornata riparte ma il protagonista e quindi noi giocatori abbiamo dalla nostra parte tutte le scoperte fatte proprio come accade nell'acclamato Outer Wilds. Ogni loop è quindi un'occasione per apprendere qualcosa di nuovo e per migliorare, per seguire una nuova traccia come un instancabile segugio pronto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo. Morire è sapere e sapere è potere.

Inevitabilmente il nostro giudizio su questa particolare struttura di gioco non può che essere parziale ma al momento ci ha piacevolmente intrattenuti e appassionati. La sensazione di impersonare una sorta di detective immerso in un mondo diviso tra scienza e soprannaturale è a tratti impagabile e di loop in loop abbiamo iniziato anche a costruire il nostro personale arsenale di poteri e armi grazie a una particolare meccanica denominata Infusione capace di salvare dal reset ciò che desideriamo a patto di possedere la necessaria quantità della risorsa Residuo.

In caso vi stiate chiedendo come funzionino i salvataggi, dimenticate la possibilità di infiniti save manuali di Dishonored dato che tutto è gestito automaticamente dal gioco. Il sistema adottato ci sembra più che coerente con il concept e ne parleremo in dettaglio in sede di recensione. In ogni caso potete dormire sonni tranquilli, è un approccio convincente e non punitivo.

Traslazione è la migliore amica degli amanti di Dishonored.

Dopo un breve plauso all'ottimo doppiaggio in italiano che accompagna alla grande una narrazione che non si prende troppo sul serio e si lascia andare a un bel mix di battute e humor, arriva il momento di tirare le somme. Deathloop è un gioco che era difficile descrivere a pieno dopo parecchi trailer e continua a esserlo ora che ci siamo immersi in Blackreef per più di 5 ore. Il primo lavoro da director di Dinga Bakaba (figura cresciuta come designer lavorando sulla saga di Dishonored) ha dalla sua una struttura che per larghi tratti sembra riuscire a sposare perfettamente linearità, libertà assoluta e originalità che per ora ci ha catturati totalmente e che ci spinge a prendere in mano il DualSense in ogni momento libero della giornata.

I dubbi però non mancano: la sensazione di freschezza e varietà provata finora saprà resistere anche dopo molti loop? L'IA non sempre impeccabile si rivelerà un peso per l'esperienza di gioco? E infine la sensazione di assoluta libertà di approccio terrà botta anche dopo ore e ore di loop? Domande legittime che si legano anche a un altro interrogativo: Arkane ha calcato un po' troppo la mano con la complessità e soprattutto quanto è giusto criticare un videogioco perché forse troppo complesso? Alla recensione l'ardua sentenza, noi abbiamo dei Visionari a cui far la pelle.