Deponia - recensione
L'avventura grafica di Daedalic Entertainment debutta su PlayStation 4.
Rufus, protagonista della saga di Deponia, trilogia sviluppata dall'espertissima Daedalic Entertainment, è un personaggio che nei suoi momenti peggiori rasenta il ridicolo, per i motivi sbagliati s'intende, ma nei migliori si avvicina, e non di poco, a Guybrush Threepwood, mascotte, icona e simbolo di un intero genere, quello delle avventure grafiche.
La similitudine, il termine di paragone è naturalmente valido anche per Daponia stesso, gioco che per ambizioni, toni e meccaniche di gameplay si accosta, volontariamente e con cognizione di causa, al capolavoro senza tempo ideato da Ron Gilbert.
Il capitolo che introduce e giustifica la lunga e complessa epopea dello sfortunato Rufus, giunge su PlayStation 4 a quattro anni dall'originaria release su PC, non perdendo un grammo dello stile che lo ha caratterizzato, particolarmente apprezzato dai fan, né guadagnando alcunché in termini contenutistici e grafici.
Si tratta, a tutti gli effetti, di un porting piuttosto diretto, in cui l'unica differenza è ovviamente riscontrabile in un sistema di controllo che, privo della comodità del mouse, è lievemente impacciato, lento, meno immediato.
Non che sia richiesta rapidità e velocità d'esecuzione. Il gioco, come già suggerito, segue pedissequamente tutte le regole, scritte e non scritte, del genere d'appartenenza. L'avventura inizia nella piccola casa del protagonista, determinato a lasciarsi alle spalle la misera vita sulla superficie del pianeta-discarica su cui abita sin dalla nascita, per approdare, in qualche modo, su Elysium, stazione spaziale geostazionaria che, in maniera del tutto simile a quanto visto nell'omonimo film diretto da Neill Blomkamp con Matt Damon, è una sorta di paradiso terrestre, abitato da un élite praticamente ignara delle pene e degli stenti patiti da chi abita su Daponia, solo qualche migliaio di chilometri più in là.
Il gioco, insomma, ruota attorno ad un autentico scontro sociale, evidenziato e innescato da Rufus, vero e proprio rivoluzionario, che vuole riscattarsi ed emanciparsi, conquistandosi un posto tra le stelle che, a suo dire, gli appartiene, gli è dovuto. La tematica antropologica, quasi filosofica, resta naturalmente sullo sfondo, attutita e attenuata dal tono scanzonato e comico che conduce e influenza tutto l'arco narrativo.
L'eroe, che spesso e volentieri assume il ruolo di anti-eroe, ha sempre la battuta pronta e non perde occasione per mettere in mostra tutto il suo cinismo. Il pianeta stesso in cui è ambientata l'intera vicenda, accosta la fatiscenza delle montagne di rifiuti a paesaggi mozzafiato, in un alternanza di registri e stili artisti che trova nello steam-punk sporcato da un pizzico di far west il suo punto di raccordo.
Manca il colpo di genio alla Monkey Island, manca una sceneggiatura che mantenga costantemente alto il livello qualitativo. Deponia è un'avventura grafica in grado di far ridere, di sorprendere, di appassionare, ma ci sono anche diversi passaggi a vuoto. Rufus si impegna e ce la mette tutta per spiccare, per lasciare il segno. Ce la fa, sia chiaro, ma in certi casi risulta inutilmente esagerato, sgraziatamente e fastidiosamente inappropriato. La trama, inoltre, introduce fin troppe figure secondarie, non regalando a nessuna di queste spazio sufficiente per incidere veramente sul corso degli eventi e per rimanere impresso nella memoria dell'utente.
Anche il gameplay, per quanto classico e generalmente riuscito, non è esente da piccole pecche. Il Dualshock fa del suo meglio, ma accentua i ritmi già di per sé blandi dell'avventura, risultando, in rari casi per fortuna, lievemente impreciso nel puntare l'hot spot desiderato. La risoluzione di certi enigmi, inoltre, è fin troppo lasciata al caso, frutto di combinazioni tra oggetti che in nessun caso e per nessun motivo verrebbe mai in mente di combinare tra loro.
Anche questa è certamente una caratteristica ereditata da Monkey Island, persino Guybrush Threepwood in certe occasioni è stato chiamato a costruire meccanismi piuttosto astrusi, ma i ragazzi di Daedalic Entertainment si sono fatti prendere un po' troppo la mano, architettando una manciata di enigmi risolvibili solo procedendo per tentativi, rendendo del tutto secondario l'uso della materia grigia.
Come detto, si tratta fortunatamente di casi isolati. L'avventura, lungo il corso delle sette ore necessarie per portarla a termine, procede mescolando con efficacia fasi esplorative e puzzle che richiedono l'utilizzo e combinazione di particolari oggetti scovati nelle ambientazioni o ottenuti aiutando altri personaggi.
Il tutto è naturalmente al servizio di un finale volutamente apertissimo, una conclusione che giunge quasi di sorpresa, proprio perché cliffhanger per un secondo episodio ben più che mero sequel, quanto diretta prosecuzione di un'epopea che si sviluppa senza soluzione di continuità tra un capitolo e l'altro. Per alcuni questo rappresenterà un grosso limite di Deponia, nonché l'occasione sprecata, per questa riedizione, per riproporre in unico blocco l'intera trilogia. Non possiamo che essere d'accordo da un certo punto di vista, ma il gioco, pur limitandosi a mostrarci un piccolo segmento del viaggio di Rufus verso Elysium, funziona comunque.
Deponia è un'avventura grafica estremamente classica che strizza l'occhio a Monkey Island. Il protagonista e la trama, in questo primo episodio, reggono il confronto, seppur con qualche difficoltà. Non mancano passaggi a vuoto e anche il gameplay, ogni tanto, mostra il fianco a piccole imperfezioni. Non è esente da difetti nemmeno il comparto grafico. Se l'art design è irreprensibile, efficacissimo nell'affiancare fatiscenti cumuli di spazzatura a fascinosi scorci (pseudo)naturali, le animazioni lasciano alquanto a desiderare.
Vista la penuria di avventura grafiche su PlayStation 4, ad ogni modo, è un acquisto quasi obbligato per gli amanti del genere, nonché un titolo assolutamente in grado di divertire e appassionare i videogiocatori più navigati che, per un motivo o per l'altro, si erano persi Deponia ai tempi della release originaria. Solo non aspettatevi di trovare la stessa magia e perfezione di un Monkey Island qualsiasi.