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Detention - recensione

Il passato svanisce solo se lo guardi in faccia.

Su Netflix è iniziata la pubblicazione degli episodi di Detention, una serie tv di produzione taiwanese, tratta dal videogame creato da Red Candle Games per Steam, cui si è anche ispirato il film del 2019 diretto da John Hsu.

Sotto l'apparenza di una storia horror di fantasmi, si vuole raccontare di un luogo e un periodo storico per noi lontani e poco conosciuti, quasi quarant'anni di repressione ferocissima, fra il 1949 e l'87, vissuti a Taiwan sotto il regime instaurato dal Kuomintang, il Partito Nazionalista Cinese, guidato dal Generale dissidente Chiang Kai-shek, che vedeva ovunque complotti tesi a riportare l'isola sotto il controllo di Pechino. Quegli anni sono stati chiamati Terrore Bianco.

La dittatura militare aveva imposto la legge marziale e i dissidenti o anche i semplici simpatizzanti venivano impiccati. E per finire nel mirino della polizia bastava pochissimo, per essere imprigionati, torturati e poi fatti sparire era sufficiente anche la semplice diffamazione di un vicino di casa, farsi scoprire a leggere un libro proibito, uno sguardo alla persona sbagliata. Migliaia di vittime, fra 3000 e 4000, spesso innocenti, sono state inghiottite in un massacro che ricorda tanti altri avvenuti prima, durante e dopo quel periodo e in tante altre parti del mondo, sempre collegati ai regimi totalitari.

Quanta repressione può sopportare un adolescente?

La serie, otto episodi, viene pubblicata settimanalmente, per far coincidere la programmazione con la trasmissione a Taiwan. Nei due episodi visti finora, conosciamo la protagonista Liu Yunxiang, mentre si trasferisce nella tranquilla cittadina di Jinluan insieme alla madre, per frequentare il liceo locale, Greenwood High School, luogo noto per la severità ma anche per la qualità dell'insegnamento. Cosa che non sembra effettiva, perché i ragazzi, vessati da regole di intransigente durezza e sottoposti anche a pene corporali, sembrano passare il tempo nelle pulizie del posto, studiando fra una punizione e l'altra.

Nel campus del college svetta un edificio, l'ex liceo Hancui, in cui trent'anni prima sono avvenuti fatti luttuosi e da allora il posto, anche se esorcizzato tramite una chiesa locale, passa per essere infestato da spiriti maligni. Che della loro malignità sarebbero ben giustificati, visto come erano stati trattati i ragazzi da insegnanti e polizia, arrestati, duramente puniti, in un caso spinti anche al suicidio. L'edificio è cadente, intriso delle dolorose memorie di un passato mai rimosso, del resto l'atmosfera è tutt'ora opprimente, anche se siamo negli anni '90, il controllo delle autorità continua a essere del tutto arbitrario e in generale l'atteggiamento degli adulti è ostile. Le cose sono cambiate assai poco per gli studenti del liceo.

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Liu inizia ad avere perturbanti visioni, commette imprudenze, mentre cerca di adattarsi al nuovo ambiente, a capire di chi può fidarsi. A causa di una di queste imprudenze, entra nel palazzo Hancui e da quel momento la sua vita non sarà più la stessa. Uno spiraglio di speranza si apre con l'amicizia di un ragazzo ribelle, figlio dei rappresentanti della chiesa locale, che effettua esorcismi, poi con l'arrivo di un nuovo insegnante, giovane e liberale. Mentre una nuova grottesca e vana cerimonia purificatrice si svolge, Liu segue nei meandri bui del palazzo un'entità che si è messa in contato con lei e sarà trascinata nel primo vero incubo. Chi ha subito tante ingiustizie, ha patito persecuzioni e pene crudeli, reclama vendetta e soprattutto non vuole essere ipocritamente rimosso, dimenticato.

La serie è diretta da tre registi semi-debuttanti Iling Lin, Shiang-An Chuang e Yi-Hsuan Su, che ricreano l'atmosfera cupa e opprimente del videogioco. A interpretare i giovani protagonisti troviamo Lingwei Lee, che è Liu, all'apparenza mite e remissiva, che però nasconde ben altri stati d'animo. L'entità che si mette in contatto con lei è Fang Ruixin, interpretata da Ning Han. L'amico di Liu è Guan-Zhi Huang. Altri film hanno trattato quel terribile periodo storico, quando a noi occidentali, sempre fuori fuoco quando guardiamo a paesi così lontani, sembrava che chi si opponesse alla Rivoluzione culturale di Mao fosse, a seconda del proprio credo politico, un eroe della democrazia o un bieco fascista. Nella realtà, in queste lotte fra fazioni il popolo rimane sempre schiacciato. Citiamo Città dolente, diretto da Hou Hsiao-hsien, che aveva vinto il Leone d'oro a Venezia nel 1989, e il thriller Formosa Betrayed.

Una delle innocenti vittime.

Il film è più fedele a videogame, un horror con qualche rimando visivo a Silent Hill, in cui l'avventura dei protagonisti diventa un viaggio negli orrori del loro paese, che si materializzano negli spiriti del folklore locale. La serie cambia la prospettiva, riparte citando i fatti avvenuti negli anni '60, per poi spostarsi verso i '90, mantiene la suspense e il senso di oppressione mentre vuole arrivare al medesimo fine: raccontare una lunga parentesi storica mai sufficientemente elaborata, rimasta però a permeare una nazione, dove i figli pagano due volte le colpe dei padri. E la realtà può essere più mostruosa di qualunque creazione della fantasia.

Gli horror orientali hanno ribadito una cosa ben nota, che l'orrore arriva spesso da molto vicino, qualche volta proprio dal nostro interno e i fantasmi che temiamo, che sembrano accanirsi su tanti innocenti, in fondo ce li siamo sempre meritati, per averli subiti senza ribellarci.