Oculus Rift DK2 - prova
Il kit di sviluppo di seconda generazione passato al microscopio.
L'Oculus Rift DK2 è un kit di sviluppo, non un prodotto destinato alla vendita. Oculus VR è molto chiara in proposito. Quando se ne ordina uno, bisogna spuntare una voce con cui si dichiara che si è consci di star comprando qualcosa non destinato ai consumatori. È necessario perfino dare un nome al proprio progetto quando ci si iscrive alle risorse per gli sviluppatori. Non possiamo fare a meno di chiederci quante persone stiano lavorando su 'gioco alla Beta di Elite Dangerous'.
A dispetto di tutto ciò, Oculus DK2 è per molte ragioni un casco molto più pratico e comodo da utilizzare del suo predecessore, il DK1. Ciò è dovuto in parte alle caratteristiche dell'hardware: uno schermo OLED a risoluzione maggiore e bassa persistenza, e tracciamento della posizione tramite una telecamera a infrarossi separata. L'altra metà della storia è il software di sviluppo 0.4, dotato di numerosi accorgimenti ben pensati che migliorano prestazioni e usabilità.
Cominciamo dallo schermo, stavolta scelto appositamente per l'utilizzo con la realtà virtuale e migliorato non solo nella risoluzione. Il pannello 1920x0180 utilizza la tecnologia PenTile di Samsung, che divide i pixel nei colori RGB che li compongono. Il vantaggio è che l'effetto 'screen door' in cui gli spazi tra i pixel creavano un reticolato nero sull'immagine risulta molto meno pronunciato. Un esame attento rivela un tratteggio diagonale, e concentrarsi sugli oggetti lontani è ancora problematico, ma durante il gioco l'effetto è meno evidente.
L'altro grosso vantaggio di questo pannello OLED è la bassa persistenza, fondamentale per ridurre la nausea che ha affetto molti utenti del DK1. Non c'è più il caos derivante da movimenti rapidi della testa, sostituito da un'immagine più nitida e reattiva che permette agli occhi di seguire gli oggetti come farebbero nella vita reale. È ancora presente un leggero ghosting di oggetti molto chiari o bianchi su sfondi scuri, come il testo della demo di Oculus, ma è appena percepibile.
La seconda buona notizia per coloro il cui stomaco si rivolta contro la realtà virtuale è il refresh a 72Hz del DK2, che però genera alcuni nuovi problemi. Un aggiornamento più veloce implica minor differenza tra l'orientamento della testa e il fotogramma renderizzato su schermo, ma attualmente la modalità di visualizzazione più compatibile del DK2 è il desktop esteso. A meno che non si faccia girare il Rift come display principale, che risulta poco pratico per navigare Windows, la modalità si sincronizza con la frequenza del monitor, generando solitamente scatti pronunciatissimi che provocano nausea praticamente istantanea.
Facendo partire il sistema ci si trova di fronte a un problema più canonico: la potenza del sistema. Per sfruttare la visualizzazione a 75Hz è necessario far girare i giochi a 75 fotogrammi stabili al secondo, un'impresa niente affatto facile. I titoli più intensi come Project CARS, già definito da alcuni come 'il Crysis della VR', dovranno essere ridotti quanto a dettaglio per essere perfettamente giocabili.
Calibrando il tutto, però, le situazioni che provocavano nausea con il DK1 risultano perfettamente a posto con il DK2. La risoluzione non è affatto perfetta, ma è superiore a quella del modello precedente e i problemi come la leggibilità del testo sono ormai un retaggio del passato. In termini pratici, ciò permette sessioni più lunghe la possibilità di completare i giochi interamente in realtà virtuale piuttosto che utilizzare quest'ultima solo per brevi sessioni di prova.
Infine c'è il tracciamento della posizione, che ha debuttato nel prototipo Crystal Cove di Oculus VR e che risulta fondamentalmente immutato da un punto di vista tecnologico, ma necessario. Anche se inizialmente la novità di osservare da vicino oggetti virtuali come la strumentazione di un'auto da corsa sembra essere l'attrattiva più grande, la realtà è che la sottile sensazione di immersività offerta dal pieno movimento della testa è il vantaggio a lungo termine. L'unico potenziale ostacolo è che al momento il tracciamento della posizione a 60Hz della telecamera a infrarossi lagga sostanzialmente rispetto all'aggiornamento a 1000Hz dei sensori di orientamento e a 75Hz dello schermo.
Con l'hardware a fare la sua parte, l'SDK 0.4 è l'elemento che porta il DK2 più vicino allo stato di prodotto adatto ai consumatori. L'usabilità ha chiaramente ricevuto molte attenzioni, e un suo elemento di rilievo è la nuova modalità di visualizzazione Direct to Rift che soppianterà probabilmente l'extended desktop al lancio della prima versione consumer. Aggirando abilmente problemi come frequenze asincrone e passaggio al desktop, la modalità Direct to Rift fa esattamente ciò che promette: un file eseguibile separato riconosce il Rift e dirotta la visualizzazione verso l'apparecchio. Ciò significa che invece di lottare con la connessione e disconnessione del Rift quando si passa tra VR e gioco, il dispositivo può rimanere connesso e a disposizione. Al momento far girare qualcosa sul DK2 è ancora complicato, ma l'esperienza fluida offerta dal Direct to Rift deve essere il futuro che Oculus VR ha in mente per l'apparecchio.
Questa marcia verso il futuro significa scartare la maggior parte di ciò che è stato realizzato per il DK1. Molto poco di quanto realizzato in precedenza è compatibile con il DK2. Nulla di quanto realizzato per il precedente SDK funziona immediatamente, e anche se alcuni sviluppatori stanno lavorando sulla retrocompatibilità per le app del DK1 il messaggio è chiaro: DK1 e DK2 sono dei prototipi in sviluppo sulla strada verso il prodotto consumer. La maggior parte degli sviluppatori sono comunque ancora impegnati nel porting del loro lavoro sul nuovo SDK.
Altri benefici minori dell'SDK 0.4 includono una migliore correzione dell'aberrazione cromatica, che risolve il modo in cui i colori si separano mentre vengono distorti attraverso le due lenti. Anche in questo caso il bianco e i colori chiari possono essere problematici su sfondi scuri, ma in generale le immagini vengono visualizzate molto bene. L'altro elemento chiave, la 'magia' di programmazione di alto profilo a cura di John Carmack, è meno facile da identificare a prima vista.
Il cosiddetto Timewarping è un secondo controllo del sensore di orientamento del casco dopo che il fotogramma è stato disegnato ma prima che venga visualizzato, con una riproiezione del fotogramma per compensare ogni leggera variazione nell'orientamento. È una soluzione tipicamente elegante di Carmack al problema della latenza del tracciamento, che decisamente aiuta durante i cali di frame-rate, che comunque sono a malapena percepibili ai 75fps consigliati. È decisamente un appoggio per i sistemi che faticano a produrre le alte prestazioni richieste dal DK2.
Oculus VR rifiuta di dichiarare quanto le specifiche di questa unità siano vicine a quelle previste per la CV1 (Consumer Version 1), ma prevediamo un passo in avanti più piccolo di quello rappresentato dal DK2 rispetto al prototipo finanziato tramite Kickstarter. Una cosa è certa: i requisiti del DK2 sostengono la tesi di Oculus VR e Valve, secondo la quale il futuro della realtà virtuale sarà su PC. Uno schermo a 1080p è decisamente un miglioramento rispetto a quello del DK1, ma è ovvio che un ulteriore incremento di risoluzione recherebbe giovamento.
Se, come ipotizzato, il CV1 vanterà display a 1440p ai 95Hz consigliati da Valve tramite DisplayPort, i requisiti di sistema saliranno in maniera esponenziale per mantenere la maggiore fedeltà dell'immagine e il frame-rate più alto richiesti. Uno schermo a 1080p vicino ai vostri occhi è chiaramente ancora il fattore limitante: impostazioni grafiche minori possono spesso fornire un'immagine più chiara su DK2, ma un pannello a maggior risoluzione sarebbe meno permissivo.
Notizie allarmanti per Sony, che dipenderà interamente dalle specifiche fisse di PS4 per Project Morpheus. Secondo la nostra opinione il DK2 è un importante passo in avanti: Oculus è passata da un'attrazione che provoca nausea a un hardware su cui la maggior parte dei titoli con supporto per la realtà virtuale sono adeguatamente giocabili e godibili per lunghe sessioni. Morpheus sembra puntare a specifiche simili, quindi ci sono pochi motivi per cui la stessa cosa non debba verificarsi anche per il visore di Sony.
Sembra che la vera sfida di qui in avanti non starà necessariamente nel miglioramento delle specifiche, ma nel creare giochi attraenti e adattati ai punti di forza e alle debolezze dell'hardware. E questo è molto più incerto di quanto possa essere una simil-Legge di Moore sull'incremento continuo di risoluzioni e frequenze.