Distant Worlds 2 Recensione: La strategia col pilota automatico
Da Slitherine arriva un nuovo 4X che prova a spodestare Stellaris
Enorme, vasto e complesso. Tre aggettivi che definiscono perfettamente Distant Worlds 2, l’ultima fatica di Code Force e Slitherine. Un esemplare purosangue del genere 4X (eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate), che si presenta alle gabbie di partenza affiancato dal re di questo genere, Stellaris.
Distant Worlds 2 (DW2), nella definizione più elementare che possiamo dare, ci mette nei panni del leader di una civiltà, che ha come scopo la dominazione e conquista delle galassie circostanti. Ognuna di queste galassie è composta da decine di sistemi solari con un numero variabile di pianeti e fasce di asteroidi ad orbitare attorno a stelle di varie dimensioni, siano esse giganti rosse o nane bianche. Molti di questi corpi celesti racchiudono al loro interno risorse fondamentali per lo sviluppo della nostra economia e commercio.
Ed è qui che definiamo il concetto di Enorme, con cui abbiamo cominciato questa recensione. La creazione della nostra partita infatti mette nelle nostre mani una serie incredibile di personalizzazioni, permettendoci di creare il nostro universo nella maniera che più ci aggrada, spingendo i settaggi all’estremo con mappe che comprendono più di 2000 galassie, tutte da esplorare, tutte generate casualmente e con un layout che può essere a spirale, cluster o completamente disperso nello spazio, con ogni pianeta e luna da analizzare e colonizzare posizionati in maniera diversa ogni volta.
Possiamo decidere se la nostra civiltà è già tecnologicamente avanzata o se ancora deve scoprire la tecnologia warp per il viaggio interstellare. Le scelte non si limitano solo alla conformazione del nostro cosmo personale ma si spingono a definire che tipo di AI vogliamo dare alle altre civiltà che competono con noi, e con che tipo di pirati interstellari condivideremo i primi momenti della nostra ascesa al dominio globale (un po come le tribù barbare di stampo Civilization).
La scelta forse più importante all’inizio della nostra saga cosmica riguarda quale civiltà porteremo alla vittoria: ognuna di esse ha punti di forza, punti deboli, forme di governo preferite e tipologie di pianeti più consoni alla loro espansione. Un altro punto fondamentale è il loro livello di aggressività, che sicuramente determina anche il nostro stile di gioco, spingendoci a portare attacchi costanti ai nostri vicini per evitare malcontento fra i nostri cittadini, o portandoci ad avere un approccio più pacifista e commerciale, o persino tecnocratico, dimostrando che l’arma migliore non è avere la nave da guerra più potente, ma una tecnologia in grado di fermarle.
Le prime due ore di gioco sono forse le più dure e il concetto di Vasto si fa sentire rapidamente. Tante, tantissime opzioni, menu, tutorial inondano i nostri sensi con informazioni su ogni aspetto del gioco, tanto da far venire voglia di prendere nota sul notepad, nel caso ci fossimo persi qualcosa.
Si parte con un pianeta madre, capitale del nostro regno in un sistema con un numero di pianeti e asteroidi da esplorare, analizzare ed eventualmente convertire in risorse da utilizzare per il commercio e per costruire strutture avanzate. Queste risorse non solo sono fondamentali per l’economia ma costituiscono un punto caldo nel quadro geo-politico.
Se nel nostro sistema è presente una risorsa rara, pirati e altre civiltà saranno naturalmente attratte da quel pezzo di roccia e vorranno sicuramente avere una fetta dei guadagni, o persino competere per l’estrazione, complicando la vita a quei leader che semplicemente vogliono espandere la loro rete commerciale senza infastidire i vicini con guerre e scorribande.
La diplomazia quindi diventa cruciale per la sopravvivenza del nostro impero, portandoci a stringere alleanze, temporanee e di lunga durata, con rappresentanti di altre civiltà e persino con pirati, pagando loro una tassa di protezione per lasciarci in pace. Possiamo inoltre incontrare nella nostra esplorazione, fazioni della nostra stessa razza che per un motivo o per l’altro hanno scelto di restare indipendenti e sarà compito nostro convincerle che è meglio fare fronte comune contro i nostri nemici, con le buone o con la cattive maniere.
Per quanto riguarda l’avanzamento tecnologico, abbiamo a nostra disposizione un albero di ricerche che vanno dal potenziamento dei componenti per le nostre navi, a tecnologie più avanzate per armi e motori, o trivelle più potenti per scavare asteroidi che custodiscono gelosamente risorse preziose e ambite, e nuove navi da guerra e commerciali da sbloccare.
La corsa agli armamenti richiede però tempo che spesso non abbiamo, specialmente se siamo sotto costante minaccia di pirati a cui non piace la nostra espansione; ecco perché, se abbiamo fatto posato solide fondamenta nel reparto economico, e il flusso monetario è buono e costante, possiamo accelerare le ricerche, semplicemente comprando, una volta per ricerca, un boost di percentuale, per accelerarne le tempistiche. Un altro modo per completare i nostri studi più rapidamente è quello di arruolare nuovi scienziati e costruire stazioni spaziali adibite a laboratori.
In aggiunta a tutto questo la felicità dei nostri cittadini è fondamentale, con tasse che non devono essere eccessivamente alte o con un sistema di governo che non sia eccessivamente opprimente: una popolazione disillusa e ostile rende sempre la vita dei capi di stato ardua, nei videogiochi come nella realtà.
Quanto descritto finora sembra essere una montagna da scalare quasi impossibile, e per certi versi lo è. Tante, tantissime variabili da controllare e monitorare e, specialmente per chi non mastica questo genere di 4X, forse fin troppo inaccessibile.
Ecco perché il sistema di delegazione di DW2 viene in soccorso con la possibilità di automatizzare ogni funzione e aspetto del gioco, lasciando all’IA del gioco il compito di prendere le decisioni, richiedendo soltanto un input da parte nostra (un “make it so” di memoria Picard-iana) per dare conferma.
E se questo sembra così su due piedi un ottimo sistema (e potenzialmente lo è), ci può spingere ad automatizzare il 90% del gioco, specialmente raggiungendo le fasi avanzate con una moltitudine di sistemi da gestire, in un caos interstellare di flotte che si muovono, attaccano e commerciano, rendendo DW2 un'avventura quicktime, che si gioca quasi da sola.
Chiaramente questo è vero solo per chi non mastichi questo genere o stia imparando ad alzarsi sulle proprie gambe come un Bambi interstellare, ma di certo la Complessità di questo titolo spaventa e può portare alla frustrazione, specialmente nelle prime ore.
Ciò accade soprattutto quando l’IA a cui abbiamo affidato le redini del nostro impero fa cilecca: durante l’esplorazione del nostro sistema, la nostra flotta di esploratori si è imbattuta in un cluster di asteroidi con una base pirata, e invece di battere in ritirata, le nostre navi scout, prive di qualsiasi difesa, sono rimaste immobili a prendere colpi letali dai caccia nemici, ricordandosi che la ritirata era possibile solo quando quasi distrutte, con conseguenze che potete immaginare, il tutto gestito con un avvertimento quasi postumo che evidenzia una delle nostre flotte sotto attacco.
Non contenti di tutta questa carne messa sul fuoco, DW2 ci permette inoltre, grazie ad un editor interno, di personalizzare ognuna delle navi in produzione nel nostro spazioporto, alterando la configurazione base a nostro piacimento. Non si tratta di un editor totale (non come Space Engineer per intenderci), che non ci permette quindi una modifica dello scheletro della nave, ma ci dà la possibilità di aumentare per esempio il numero di armi, la potenza e il numero dei motori, o la capacità di cargo, creando quindi la nave perfetta, o quasi, per ogni occasione.
Tutte queste modifiche vanno costruite, utilizzando i materiali raccolti dai nostri droni minatori, portandoci quindi a valutare quali upgrade costruire con le risorse in nostro possesso, e quali minerali debbano essere scoperti e / o comprati per accelerare la nostra produzione.
Le battaglie fra le flotte sono un altro aspetto interessante di DW2, con la possibilità di dividere la nostra flotta in squadre da gestire individualmente, impartendo ordini e posizionando le nostre navi in formazioni difensive o offensive. Anche qui possiamo lasciare all’IA la gestione del conflitto, con la possibilità di zoomare sulla battaglia, che a quel punto mostra un dettaglio davvero accurato.
Graficamente DW2 svolge il suo compito in maniera egregia, con navi e strutture davvero dettagliate e ogni corpo celeste unico e sempre diverso nello stile. L’interfaccia è davvero pulita e mai opprimente, nonostante la quantità di menu e pop up lanciati contro di noi. Il sonoro non è da meno con una colonna sonora incalzante, e a tratti inquietante, ma nulla che fa gridare al miracolo.
Distant Worlds 2 è un’ottima alternativa a Stellaris ma la presenza dell’opzione per automatizzare ogni aspetto del gioco è sia una benedizione che una maledizione, ed è davvero difficile cercare di bilanciare quanto lasciare all’IA, senza ridurlo ad un semplice spectator mode. Il gioco è davvero profondo e complesso e non è un difetto ma forse può spaventare chi si avvicini al genere.