Divinity: Original Sin II: Definitive Edition - recensione
Perfezionare la perfezione.
Per quanto possa sembrare paradossale, varrebbe la pena considerare e analizzare i motivi, le ragioni, le intenzioni che hanno spinto i Larian Studios a proporre la loro creatura più riuscita e apprezzata, Divinity: Original Sin II per l'appunto, anche su console. Il genere degli RPG di stampo classico, del resto, è generalmente esclusiva prerogativa dell'utenza PC, vuoi per una maggior affinità con il potenziale pubblico, più inclini ad avventure influenzate da statistiche ed allineamenti elementali, vuoi per una maggior efficienza degli hardware di riferimento, perché mouse e tastiera sono enormemente più comodi del joypad quando si tratta di navigare tra decine e decine di menù.
Un'indagine del genere, come detto tuttavia, sarebbe ad ogni modo paradossale, fine a sé stessa, pressoché inutile. Come sottolineato poco più di un anno fa, nella recensione dell'edizione originaria del gioco, stiamo pur sempre parlando di uno dei migliori giochi di ruolo degli ultimi anni, un caposaldo che ha già fatto storia e riscritto gli standard di questa tipologia d'esperienze, un capolavoro che, per l'appunto, meritava di essere conosciuto, goduto e fruito anche da chi si "limita" a possedere una PlayStation 4 o una Xbox One.
L'aspetto più importante di Divinity: Original Sin II - Definitive Edition, difatti, consiste proprio nella sua pubblicazione anche su console, un esordio non certo impronosticabile, eppure tutt'altro che scontato, visti i già ottimi dati vendita registrati da un gioco che, comunque, tra patch e mod, ha conosciuto una lenta, ma evidente evoluzione.
A ben vedere, Divinity: Original Sin II - Definitive Edition non è un gioco per tutti. Può annoiare, nel peggiore dei casi persino atterrire e soffocare con la sua mole incredibile di contenuti e meccaniche a cui rendere conto. Trattandosi di un RPG a turni vecchio stile, bisogna essere predisposti ad un certo tipo d'esperienza, pronti ed inclini ad un'avventura dai ritmi blandi, intramezzata spesso e volentieri da lunghi dialoghi ed interminabili elucubrazioni circa abilità ed equipaggiamento da affidare al proprio eroe.
La sostanza, per intenderci, non è cambiata di una virgola rispetto all'edizione originale. Partendo da un editor sufficientemente potente e malleabile, si crea il proprio personaggio, scegliendo se partire da zero o modificare un guerriero dal background ben definito e dall'aspetto solo superficialmente personalizzabile. Si prosegue esplorando, ambientazione dopo ambientazione, un mondo immaginifico immenso, pieno di vita, strabordante di storie, personaggi non giocanti, panorami mozzafiato.
L'immensa mappa messa a disposizione dagli sviluppatori si scopre pezzo dopo pezzo, completando decine di quest, parlando con centinaia di NPC, sopravvivendo a migliaia di scontri, tutti potenzialmente mortali e capaci di mettere con le spalle al muro anche il giocatore più esperto. Nonostante l'introduzione di un nuovo livello di difficoltà, indirizzato ai neofiti che vogliono godersi la storia senza troppo grattacapi, il gameplay prevede di considerare una moltitudine di fattori e variabili che influenzano su più livelli ogni battaglia.
Il consumo di punti azione, tanto per cominciare, dipende naturalmente dal terreno di scontro, oltre che dalla tipologia di mossa che si vuole sfoderare. La conformità del campo di battaglia, inoltre, favorirà alcune truppe su altre. Fattori apparentemente esterni all'alterco, come se non bastasse, giocheranno un ruolo spesso fondamentale, incentivando l'imbastimento di strategie che distingueranno nettamente l'utente alle prime armi, dal conoscitore delle meccaniche più intime di cui si alimenta il combat system. Sfruttare a proprio vantaggio una pozza velenosa, piuttosto che un rigolo d'acqua o un fuoco lasciato acceso, darà vita a manovre e tattiche che esalteranno soprattutto le abilità speciali di ciascun personaggio.
A questo proposito, scoprirete presto quanto e come potrete personalizzare il vostro beniamino, tra skill attive e passive che potrebbero influenzare pesantemente l'intero corso dell'avventura. Al di là dei poteri che potrete attivare tra un turno e l'altro, difatti, molte abilità condizioneranno i rapporti che instaurerete con gli NPC, decreteranno le strade che potrete imboccare, determineranno il modo con cui risolverete alcuni enigmi. Soprattutto in questi frangenti, apprezzerete la grandezza di un level design equilibratissimo, mai troppo dispersivo, mai vincolato ad un'unica strada da seguire pedissequamente, sia in battaglia che nella normale esplorazione di città e dungeon.
A racchiudere un gameplay profondo come non mai, c'è una trama che non lesina sui cliché, ma che si prende la briga di reinterpretarli a modo suo, spesso in chiave ironica. Tra un dialogo e l'altro, progredendo in una quest che prevede, tra le molte altre cose, la più classica delle rivolte ad un regime totalitario, si apprezza la caratterizzazione dei protagonisti e dei tanti personaggi che interagiranno con voi, ma soprattutto i risvolti di un intreccio che pur non tirando in ballo chissà quali tematiche, ribaltando molti stereotipi dei giochi di ruolo, spinge a diverse riflessioni, soprattutto quando andranno in scena siparietti tragicomici. Pur proponendo una trama semplice, persino scontata a tratti, Larian Studios è comunque riuscita a rendere ogni passaggio interessante, impreziosito da un pizzico di imprevedibilità.
Del resto, questa naturale inclinazione per l'eccentrico e il bizzarro si riversa soprattuto sull'art design. Gli artisti del team belga, pur attenendosi e riproponendo tutte le ambientazioni che non possono mai mancare in un'avventura fantasy, non perdono l'occasione per spiazzare il viaggiatore con dettagli "fuori posto", con elementi presi di peso da un altro tempo o luogo geografico. Il risultato è un mix stimolante, tutt'altro che banale, spesso stupefacente.
Questa Definitive Edition, se possibile, fa ancora meglio non solo grazie all'introduzione di nuove mosse e abilità, ma anche per merito di una parziale riscrittura di quest, dialoghi, interi atti. Soprattutto la parte centrale, che soffriva un po' in termini di ritmo, è stata riprogettata, garantendo una maggior vivacità e vantando dialoghi più sagaci, interessanti, riusciti.
Se graficamente il gioco non sfigura affatto nemmeno ad un anno dalla sua release, più per merito dell'art design, che considerando il solo aspetto tecnico, questa edizione poteva sicuramente fare meglio per quanto riguarda l'interfaccia, aspetto già criticato, forse l'unico, nella versione originale. Pad alla mano ci si scontra con un sistema tutt'altro che intuitivo, snello, ideale per essere padroneggiato a dovere con leve analogiche e pulsanti. Ne paga le conseguenze il ritmo dell'azione, già tutt'altro che adrenalinico come sottolineato, ma a livello di gameplay non si denota alcun reale difetto, né impedimento che condizioni la fruizione.
Divinity: Original Sin II - Definitive Edition è il gioco da avere se si è appassionati di RPG. Il lavoro di Larian Studios brilla di luce propria da qualsiasi angolazione lo si guardi. Trama e art design sprizzano carattere e attenzione per il dettaglio, il gameplay mette in campo decine e decine di variabili da tenere costantemente in considerazione. Bisogna naturalmente essere inclini ad un'esperienza caratterizzata da lunghi momenti privi di azione, ma ogni sforzo, ogni minuto passato tra i menù, viene ampiamente ripagato, soprattutto quando, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, riuscirete ad avere la meglio su un avversario poc'anzi ritenuto imbattibile.
Appassionante anche su console, al netto di un sistema di input meno efficiente, si tratta dell'unica edizione da tenere in considerazione se non si sono ancora messe le mani su uno dei migliori RPG degli ultimi anni, non fosse altro per le numerose migliorie a livello narrativo apportate alla parte centrale dell'avventura.