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Doctor Strange nel Multiverso della Follia Recensione, non si vive di solo fanservice

Sam Raimi dirige una nuova avventura del Mago Supremo, e ne fa un film a sua immagine e somiglianza.

É difficile vivere se si è Strange. È difficile vivere se si conoscono tutti i 14 milioni e 605 mila futuri possibili e si sa che l’unico in cui Thanos sarà sconfitto è quello che costerà il sacrificio di un amico, rendendo obbligatorio l’unico gesto sempre rifiutato ma che lo avrebbe reso possibile, anche a costo di finire polverizzati per 5 anni.

Abbiamo capito, grazie anche alle serie TV prodotte nel frattempo, che giocare con le linee temporali, creare universi paralleli, è una pratica sconsigliata e densa di possibilità nefaste (peccato, sembrava divertente). Ritroviamo il Dottor Stephen Strange, ormai anche lui lontano anni luce dal neurochirurgo superstar che era stato, quando sfrecciava arrogante sulla sua Lamborghini convinto di essere un dio.

Peccato che sia diventato ancora più potente (e in fondo sempre un po’ arrogante), convinto di essere davvero quasi una divinità. E tutto sembra dargli ragione, a parte la sua vita privata, in cui ha perduto l’unica donna che avrebbe potuto amare, cioè la coraggiosa Dottoressa Christine (Rachel McAdams).

Ma, senza perdere tempo, ci ritroviamo scaraventati nella solita azione distruttiva, in cui viene introdotto il nuovo personaggio, America Chavez, una ragazza ispanica (l’attrice sedicenne Xochitl Gomez, ben poco carismatica: misteri del casting), dotata anche lei di poteri immensi (come e perché non si sa), che le permettono fra l’altro di aprire portali, però a forma di stella e con i bordi azzurrini. Per questo motivo è braccata da Scarlett Witch, che di questo episodio è indiscutibilmente il “villain”.

Il solito Stephen Strange e i suoi potenti incantesimi.

Ma perché, come mai? Non ci sentiamo di dirlo perché sarebbe spoiler ma garantiamo che anche la sua sorte ci desterà delle perplessità. Nella sua avventura Strange sarà affiancato a tratti dal sempre simpatico Wong (Benedict Wong), diventato il nuovo stregone supremo nel suo mondo, e dovrà di nuovo scontrarsi con il sempre antipatico Mordo (Chiwetel Ejiofor), divenuto stregone supremo in un altro.

Questo infatti fa il nuovo episodio “stand alone” di Strange: genera perplessità a palate mentre non riesce mai ad avvincere emotivamente, a suscitare interessere verso gli sfracelli che avvengono sullo schermo a ritmo continuo, verso le presunte ambasce dei protagonisti. Strange si trova coinvolto nella faccenda dalla ragazza, che lui chiama sempre e solo “giovane”, e per proteggerla passerà di universo in universo (pensiamo a come inorridirebbe davanti a tali pratiche il simpatico Mobius/Owen Wilson, umile funzionario della Time Variance Authority nella serie TV Loki, che ha in comune con questo film lo sceneggiatore Michael Waldron).

Incontrerà così varie versioni di se stesso, amate o detestate, sagge o improvvide, cercando di schivare le conseguenze, di rimediare agli errori,per ritornare a casa, che è sempre il posto migliore (anche se in uno di questi altri universi potrebbe riavere la sua amata, unica nota toccante della narrazione).

Perché un altro problema della storia è che la molteplicità degli universi, i mille “what if” che generano variazioni sul tema rimescolando personaggi e destini, rende indifferenti alla sorte che tocca a soggetti anche amati, in quanto se qui muoiono brutalmente, di là potremo ritrovarceli in ottima salute. E in questa passeggiata fra mondi e personaggi, all’interno del gruppo degli Illuminati, incontriamo anche alcuni protagonisti di altre saghe note (con ovvia esultanza dei fan in sala), che sono in attesa di essere “riprese” dalla Disney dopo l’acquisizione (anche qui non diciamo chi per evitare spoiler).

Scarlett Witch è un personaggio che, per essere apprezzato e compreso, richiede di aver visto la serie TV Wanda Vision.

La narrazione prende una piega assai dark e nel finale la mente è andata più volte a L’Armata delle Tenebre. Il che ci porta al fulcro della questione, che è proprio Sam Raimi, scelto come regista di questo episodio. Raimi, anni 63, regista amatissimo da una fascia di spettatori che (crediamo) va dai 20 ai 50 anni (i più anziani lo guarderanno con indubbia simpatia ma senza fanatismi, i più giovani e meno cinefili forse lo ignorano), imprime al film una sua impronta molto personale.

Che è riconoscibile perfino nel finalino stile anni ’80, oltre che nell’inevitabile cameo del suo attore-feticcio Bruce Campbell, che compare anche dopo i titoli di coda (a metà ce n’è un’altra, che introduce una notissima attrice che entrerà nella saga). Anche la colonna sonora di Danny Elfman contribuisce di suo.

Peccato che questa scelta narrativa metta in disparte il personaggio Strange, costretto semplicemente a catapultarsi a destra e a manca per rattoppare gli errori commessi, al quale è concessa qua e là qualche battutina, ma che perde tutto il carisma anche dolorosamente conquistato non solo nel primo film, ma nelle sue interazioni con gli Avengers. Che restano gli unici film, per quanto ci riguarda, capaci di divertire, appassionare e commuovere un intero pubblico generalista, che per apprezzare un film non deve sentirsi in dovere di avere sull’argomento una preparazione da tesi universitaria. Ma oggettivamente, visto che al suo fianco ci sarà ben stato l’onnipresente Kevin Feige, genio del Marvel Cinematic Universe, suddividiamo equamente le responsabilità.

Tanta azione, tanti avvenimenti, pochi dialoghi degni di nota, nessun personaggio avvincente (a parte il protagonista, che però vive di rendita) fanno sì che Doctor Strange nel Multiverso della Follia, che è un film più breve di altri del genere (dura “solo” 126 minuti), sia avvertito come più lungo. Quindi, sempre per quanto ci riguarda, i film successivi a Endgame, quelli della cosiddetta Fase 4, compreso questo, stanno alla saga Marvel come i tre Episodi di Lucas stanno ai primi tre film di Star Wars.

Strange e due donne da proteggere.

Dato che siamo nell’argomento degli universi multipli, pensiamo che mai film Marvel sarà più divisivo di questo, creando proprio due mondi paralleli che mai si potranno incrociare: uno di fan-fanatici ed entusiasti per ogni strizzatina d’occhio, ben edotti anche grazie alla visione obbligatoria di tutte le serie TV (qui è indispensabile aver visto almeno WandaVision), e un altro composto da spettatori comuni, anche addentro alle vicende dei personaggi ma non così addicted. Perché è chiara la strategia di fidelizzazione dello spettatore da parte di case di produzione/piattaforme, ma non si può arrivare alla schiavitù.