Dolmen Recensione, un gioco alla ricerca della propria identità
Un gioco alla ricerca della propria identità, smarrito fra le linee temporali.
Non è certo un segreto che questo sia il periodo d'oro del genere soulslike: tra un Demon's Souls Remake e un Elden Ring, sono ormai innumerevoli i titoli minori e indipendenti che in questi anni hanno fatto capolino nel mercato videoludico. Per citarne giusto un paio tra i più recenti, abbiamo Salt and Sacrifice, che abbiamo recensito recentemente, o Thymesia, previsto per il 9 agosto 2022 e da poco mostratosi con una breve demo.
Massive Work Studio è un gruppo di sviluppatori e programmatori brasiliani che, escludendo un semplice progetto mobile, hanno vissuto con Dolmen la loro prima, vera sfida produttiva. Finanziato tramite Kickstarter, Dolmen è un action RPG dall'ambientazione horror sci-fi.
L'ispirazione al “gore cosmico” di Dead Space è stata evidente fin dalle prime immagini promozionali rilasciate; molti elementi estetici e narrativi ricordano anche il Returnal di Housemarque; infine, il sistema di schivate, contrattacchi, level up, combo e perdita/recupero dell'esperienza, pesca a piene mani dal già citato e sempreverde genere soulslike.
Teletrasportato su Revion Prime per una missione di esplorazione e recupero, il protagonista di Dolmen (del quale potremo determinare nome, genere e... colore dell'armatura?) dovrà sfidare e sopravvivere a un ambiente ostile e insidioso, i cui abitanti hanno subito una sorte terribile a causa della scoperta del Dolmen. Questo cristallo rende possibile l'interazione tra gli universi e, nel pieno boom della colonizzazione spaziale, si è rivelata essere una risorsa tanto preziosa, quanto mortale.
Ha così inizio l'avventura del giocatore: fortunatamente viene presto sbloccato il viaggio veloce, che permette di muoversi tra le aree precedentemente esplorate o di ritirarsi sulla propria nave, per usare i naniti raccolti per salire di livello o creare nuovo equipaggiamento con le risorse ottenute combattendo ed esplorando.
La campagna si compone di tre atti principali, contraddistinti da macroaree molto diverse fra loro; all'interno di esse si trovano zone interconnesse piene di nemici, trappole ambientali e boss sul piede (o la zampa) di guerra, estremamente motivati a eliminare il nuovo arrivato.
Il/la protagonista può attaccare con un'arma melee e una a distanza: la bocca da fuoco è ottima per attirare l'attenzione dei nemici, applicar loro status alterati e in generale danneggiare i nemici da una distanza di sicurezza. Si tratta comunque di un armamento di supporto, da combinare con le armi bianche.
Queste possono essere divise in tre principali categorie: doppie lame, per personaggi molto mobili e incentrati sulla destrezza; armi a due mani, potenti ma pesanti, legate all'attributo della forza; infine, spada e scudo, per giocatori che preferiscono un approccio più equilibrato al combattimento.
Dolmen non prevede l'uso di incantesimi ma è possibile applicare i già citati status alterati grazie alle armi a distanza e alla Modalità Energia: attivare questa modalità permette di utilizzare l'abilità speciale dell'arma corpo a corpo in dotazione, consumando Energia al posto del Vigore per le azioni eseguire e attivando effetti secondari offensivi e difensivi.
Esplorando e recuperando nuovi materiali, si otterranno automaticamente i progetti per creare ulteriori armi e set di armature, che miglioreranno i parametri del personaggio e permetteranno di sbloccare le abilità passive legate alla Tecnologia.
Una meccanica interessante e “lore-wise” è quella di consumare i Frammenti di Dolmen, materiale non proprio comune, per rigenerare i boss e affrontarli nuovamente, per ottenere materiali unici e realizzare equipaggiamenti a loro ispirati e – ovviamente – molto potenti. Le boss fight sono anche l'occasione per sperimentare la componente online del titolo, dove fino a quattro giocatori possono unire le forze contro la minaccia comune.
In Dolmen la Tecnologia si suddivide in Umana, Revian e Scavatori ed è legata alla tipologia di equipaggiamento utilizzato: ogni pezzo fornisce uno o più punti per le varie tecnologie e, una volta raggiunti determinati valori, il giocatore avrà a sua disposizione nuove abilità attive o passive, estremamente utili soprattutto nelle fasi finali del gioco.
Per quanto riguarda la durata, la campagna media di Dolmen si attesta intorno alle 15 ore, che possono facilmente raddoppiare nel caso in cui si punti a un'esplorazione maggiormente accurata e senza guide; inoltre, il gioco è localizzato in un buon italiano, cosa rara per un titolo a basso budget.
Sarà ormai chiaro che Dolmen non è un progetto che parte esattamente da una base concettuale originale; eppure alcune idee interessanti, come la Modalità Energia e il “farming” dei boss, se accompagnate a una narrativa solida, avrebbero potuto dare il La alla nascita di una ip dal grande potenziale. Purtroppo, non è questo il caso.
Cominciamo parlando dell'aspetto tecnico. Abbiamo avuto la possibilità di provare il gioco in versione PS4 e PS5, senza percepire fra di esse una netta differenza per quanto riguarda i tempi di caricamento tra una zona all'altra, o la qualità generale di texture e modelli.
Su console mid e next-gen è possibile selezionare la Modalità Grafica, che stabilizza il gameplay a 30fps (pur se con qualche lieve calo) o la Modalità Prestazioni, per raddoppiare i frame al secondo, al costo però di un drammatico calo di risoluzione: non abbiamo avuto i mezzi per verificare numericamente, ma a giudicare dalle quadrettature visibili a occhio nudo su effetti particellari, fuoco e oggetti a media distanza, parliamo di valori pari o inferiori a 720p, che su un titolo cross-gen del 2022, ci dispiace dirlo, non sono accettabili.
Lo stesso dicasi per la qualità visiva di modelli e texture degli elementi ambientali e dei nemici; non abbiamo provato Dolmen nella sua versione PC, ma per quanto riguarda quella console, la grafica di gioco è nettamente inferiore rispetto a quanto mostrato da screenshot e trailer ufficiali.
Per tutta la durata della campagna, abbiamo esplorato e affrontato minacce molto diverse fra loro, soprattutto per quanto riguarda le boss fight; è apprezzabile, quindi, l'impegno degli sviluppatori nel ridurre al minimo il riciclo di asset.
Purtroppo, però, non esiste un termine più adatto a definire le creature amichevoli e ostili che non sia... “brutti”. Le mappe e gli alieni di Dolmen sono semplicemente brutti e davvero poco ispirati, più simili a modelli prototipo usati come placement in corso di sviluppo che a lavori finiti e con una ricerca estetica estetico alle spalle.
“Dolmen catapulta i giocatori su un pianeta alieno ostile, conosciuto come Revion Prime. L'obiettivo è recuperare campioni di un cristallo dalle caratteristiche assolutamente uniche, il cosiddetto Dolmen. Questi cristalli consentono l'interazione tra dimensioni diverse... una proprietà che potrebbe rivoluzionare il concetto di esplorazione spaziale e cambiare per sempre la percezione dell'Universo.”
Questa è la descrizione del gioco, riportata sul sito ufficiale del gioco e, malauguratamente, c'è davvero poco altro da aggiungere. Nonostante la sua estrema semplicità, la narrazione è talmente poco interessante da risultare difficile da seguire e, proprio come “gli alieni cattivi” che andrà ad affrontare, il protagonista manca del benché minimo briciolo di carisma, per quanto l'assenza di un volto e la sua dolorosa postura cifotica risultano la miglior citazione presente nel gioco a Isaac Clarke del primo Dead Space... e i documenti sparsi in giro, così come le descrizioni di alcuni oggetti, aggiungono poco o nulla a una storia davvero priva di mordente.
Per quanto riguarda il gameplay, la schivata offre una buona finestra d'invincibilità e movimento, mentre la build del personaggio non fa distinzione tra armature leggere o pesanti. Tutto questo potrebbe porre le basi per un gameplay veloce, dinamico, fondato sulle rapide reazioni del giocatore, che con una parata perfetta è in grado di deflettere i colpi fisici e persino i proiettili nemici.
Purtroppo, anche in questo caso la realtà dei fatti ci mette di fronte a un'amara verità: il feedback dei colpi inferti, ma soprattutto subiti, è inesistente. I nemici hanno movimenti convulsi e spesso poco leggibili (ad esempio, non è possibile intuire se un alieno dotato di pistole sparerà una o due raffiche di colpi) e questo rende Dolmen più simile a un memory game che a un gioco d'azione, in cui il giocatore si troverà a memorizzare i semplici, ripetitivi pattern di boss e nemici comuni per anticiparne i movimenti e “cheesarli”.
Menzione di (dis)onore anche per quanto riguarda il sound design: non vi è differenza tra le grida di attacco e di dolore del/della protagonista e abbiamo notato che in alcune zone i suoni ambientali tendono a sovrapporsi in una cacofonia degna d'una fabbrica metallurgica.
Nutriamo anche qualche dubbio per quanto riguarda il bilanciamento generale dell'esperienza, in particolare circa l'output dei danni e l'hitbox di alcuni attacchi dei boss, anche se siamo fiduciosi sul fatto che almeno questo aspetto possa essere rivisto e corretto con le prossime patch, già a partire dal lancio del gioco.
Infine, il level design: pur con alcuni piccoli shortcut e bivi opzionali con diversi segreti utili a sbloccare equipaggiamenti speciali, l'esplorazione di Dolmen risulta estremamente lineare. Nonostante questo, ci siamo comunque trovati davanti degli ambienti dispersivi e (salvo poche eccezioni, come il laboratorio) anche parecchio noiosi da esplorare, proprio a causa della loro mancanza di carattere e dalla lentezza obbligata nell'avanzamento
L'unico sistema di avanzamento efficace, in Dolmen, prevede infatti l'ingaggio di un singolo nemico per volta, proprio a causa dei già citati problemi di bilanciamento e responsività del combat system... e ci sembra inutile evidenziare come questo iter, ripetuto a oltranza in lunghi corridoi tutti uguali e contro nemici tanto rumorosi quanto anonimi, riduca il divertimento a un livello alquanto basso.
Tirando le somme, al momento della nostra recensione non esiste letteralmente alcuna valida ragione per cui un appassionato di soulslike dovrebbe scegliere di acquistare e giocare Dolmen, piuttosto che un qualunque altro titolo dello stesso genere, specialmente se consideriamo il suo prezzo non proprio “budget” di 39,99 Euro.
Alla luce di una trama che vorrebbe scimmiottare Returnal senza mai crederci davvero, un design di ambientazioni e mostri non pervenuto, il discutibile posizionamento dei checkpoint e l'indecifrabile sinusoide del livello di sfida e bilanciamento del gioco, Dolmen esce sconfitto persino nel confronto con l'alquanto dimenticabile The Surge 2, a ennesima prova di quanto, nonostante il gran numero di titoli ispirati alle produzioni From Software, a quanto pare non è così semplice creare un buon soulslike.
Non mettiamo in dubbio la passione e la buona volontà degli sviluppatori ma forse, trattandosi del loro primo gioco vero e proprio, sarebbe stato meglio volare più bassi, puntando a un progetto meno ambizioso.