Donkey Kong Country Tropical Freeze - recensione
Donkey Kong arriva su Switch e schiva quasi tutte le bucce di banana.
All'ennesima caduta nel vuoto di Donkey Kong un terzo del Sole, un terzo della Luna e un terzo degli astri fu colpito e si oscurò: il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente. Vidi poi e udii un palloncino che volava nell'alto del cielo e gridava a gran voce: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra che non hanno fiducia nelle proprie capacità e si riparano in Funky Kong!"
Forse parafrasare l'Apocalisse di Giovanni può sembrare eccessivo per parlare di un videogioco, ma Donkey Kong Country Tropical Freeze sta arrivando su Switch e con lui arriva anche un bastimento carico carico di... imprecazioni al cielo e linguaggio da scomunica late sententiae. Sì, è davvero così difficile, non è la solita retorica del giornalista che la spara grossa per attirare l'attenzione: finire l'opera dei Retro Studios non è da tutti e soprattutto saranno solo i migliori tra i migliori a farlo portando a casa tutti i (tantissimi) collezionabili sparsi per i sei mondi di gioco.
Anche su Switch, dopo l'apparizione sullo sfortunato Wii U, ritroviamo la stessa voglia di ululare alla Luna la nostra disperazione insomma, ma questa volta non bisogna essere dei piccoli grandi maghi dei videogames per portare a casa il risultato, sempre che si sia capaci di scendere a patti con il proprio orgoglio. Una delle novità di questo porting è l'aggiunta del citato Funky Kong, che praticamente si traduce nell'aggiunta di una modalità facile visto che il peloso surfista racchiude in sé tutte le abilità speciali di Diddy, Dixie e Cranky Kong, con in più il bonus di più cuoricini e di uno stile super giovane (che a qualcuno da qualche parte deve piacere, vero? Non è che tutti lo troviamo brutto e nessuno dice niente, vero?)
Funky può svolazzare, fare il doppio salto e atterrare su spunzoni e rovi senza rischiare di farsi male. Inoltre rotola all'infinito e addirittura respira sott'acqua, insomma, scegliendo di giocare con lui si affronta un'esperienza accessibile e ben lontana dalle urla belluine che caratterizzano la modalità originale (che chiaramente rimane disponibile anche su Switch). L'introduzione di Funky è dunque ben accetta soprattutto perché le vendite dell'ibrida Nintendo fanno presupporre un pubblico eterogeneo e non limitato ai soli super appassionati della Grande N: non tutti sono pronti all'impatto con l'intransigenza del design originale, ma così tutti potranno giocare senza grossi problemi.
Ma parliamo del gioco ora, perché che sia difficile l'avete capito. Donkey Kong Country Tropical Freeze è un platform squisito e croccante, animato da un level design ispiratissimo e pieno di momenti da standing ovation. Ci sono livelli che stampano un sorrisone in faccia e rapiscono con un continuo susseguirsi di idee originali, sia visive che di gameplay. Non ci si annoia mai, insomma, e siamo lontani dalla sensazione di già visto che si può ritrovare in altre serie nintendose (coff coff New Super Mario Bros. coff coff). Ci sono volte che non si fa a tempo a digerire una meccanica che un repentino cambio di telecamera, una sorpresa nei fondali o una sequenza tra i barili esplosivi scuote il giocatore e ne riscuote il plauso. Bravi Retro Studios.
Alcuni livelli in particolare sono gioiosissimi: il primo del mondo "africano" è una meraviglia da giocare, da vedere e anche da sentire, grazie a una colonna sonora ispirata e di grande atmosfera che segue l'incedere delle piattaforme e del giocatore in un continuo aggiungere e sottrarre strumenti all'arrangiamento. Poi ci sono i livelli in cui tutto diventa silhouette e soltanto la cravatta rossa di DK brilla sullo schermo. Sono livelli di grande impatto e sorprendentemente leggibili, anche se chiaramente un pelo più lenti e semplici degli altri per rimanere tali.
E poi, perché non è che si può sempre vincere, ci sono i mediocri livelli acquatici che accidenti a voi dopo 30 anni e passa di platform ancora non l'avete capito che non piacciono a nessuno? No, davvero, sembra che siano obbligati a metterli per qualche misteriosa condizione contrattuale, o perché gli tengono in ostaggio il gatto. Anche dal punto di vista squisitamente economico non ha senso sacrificare il lavoro fatto per perfezionare i controlli in favore di un sistema di nuoto impreciso e tedioso. Vabbè, per fortuna non sono tanti e si superano in fretta (e, a onor del vero, alcuni contengono delle idee carucce).
Pollice a metà anche per alcune sezioni a bordo dei classici carrelli da miniera: nelle fasi bidimensionali tutto funziona come da copione ma, quando la prospettiva si sposta e la telecamera prende un'angolazione birichina di tre quarti, le cose non filano più così lisce. L'idea è bella, intendiamoci, ma il design dei tracciati perde leggibilità e ci si ritrova a sbagliare più spesso del dovuto. Al netto di qualche appunto, però, i Retro Studios hanno dimostrato di sapere il fatto loro e di padroneggiare con disinvoltura il linguaggio dei platform, confezionando un gioco che davvero non può mancare nella libreria degli appassionati. A meno che...
Eh, amici, a meno che non l'abbiate già giocato su Wii U. Se avete già perso la voce a gridare contro il paddone della precedente console di Nintendo, è difficile che questa riedizione giustifichi un secondo acquisto, soprattutto al prezzo pieno di sessanta euro. La modalità facile è ottima per i neofiti ma a voi probabilmente interesserà poco, così come la portabilità. Certo, se Tropical Freeze è il vostro gioco preferito della vita sempre uno più di te che non si può superare, beh, allora forse l'idea di portarlo a spasso e di goderlo finalmente in 1080p sul televisore può stuzzicarvi, altrimenti l'impressione è che questa operazione sia pensata più che altro per chi se l'è perso al primo giro.
Intendiamoci, la strategia di Nintendo ha perfettamente senso sia perché economicamente è un chiaro colpo gobbo, sia perché è il modo giusto per diffondere a dovere delle perle finite loro malgrado sotto le macerie di Wii U. Ha altrettanto senso, però, quel pizzichino di amaro in bocca che lascia il prezzo pieno, fattore che potrebbe tenere lontana la fetta di giocatori che ha già avuto a che fare con l'avventura dello scimmione.
La vera domanda, ora, è: ma quanto è grande quella fetta? Sarebbe interessante sapere quanti degli utenti Switch hanno avuto anche Wii U, così da mettere una volta per tutte fine alle sopracciglia alzate che accompagnano (inevitabilmente) ogni porting. In ogni caso i più recenti numeri svelati da Nintendo parlano di quasi 18 milioni di Switch venduti nel primo anno, contro i 13 e spicci del defunto Wii U. Se quella fetta poteva essere importante nei primi mesi, insomma, è probabile che sia sempre più piccola e sempre meno rilevante ai fini delle strategie di mercato.