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Dove sono i 3 miliardi di videogiocatori di cui parla Microsoft? - editoriale

Li cercano Microsoft, Sony e Nintendo, ma anche Google e Amazon. Perché non si riesce a raggiungerli?

Tutti a caccia dei videogiocatori. Non più soltanto Nintendo, Sony e Microsoft, per anni i tre poli videoludici. Da qualche tempo, il mercato multimiliardario dei videogiochi è finito sotto la lente di Apple, di Google e, con l'annuncio del servizio di cloud gaming Luna, di Amazon, che già possedeva la principale piattaforma di streaming di videogiochi, cioè Twitch. Il perché è presto detto: ci sono di mezzo soldi, molti soldi.

Ognuna di queste società mira a espandere ulteriormente il segmento di videogiocatori. Ogni generazione di console tenta di fare il passo in più non solo per consolidare il pubblico che nella generazione precedente ha pagato fior fior di danari per giocare, bensì per raggiungere nuove persone. Il problema è qua: non ci è ancora riuscito nessuno e non è ben chiaro come si possa fare. Si va avanti un po' alla cieca.

Quando Microsoft, nei giorni scorsi, ha annunciato l'intenzione di acquisire Zenimax Media e con essa i giochi di Bethesda, id Software e Arkane, fra gli altri, ha fatto riferimento a 3 miliardi di persone che nel mondo videogiocano. Non è la prima volta che, parlando dei suoi obiettivi, Microsoft parla della volontà di raggiugere "il prossimo miliardo di persone" con i suoi giochi e i servizi.

Gli esperimenti per espandere il numero di giocatori (soprattutto andare a prendere quelli più occasionali) non sono mancati. Alcuni di quelli più riusciti hanno ruotato attorno a un concetto semplice, ma che rappresenta anche il grande ostacolo da superare: l'accessibilità.

Super Mario Run è un esempio di gioco accessibile: si gioca letteralmente con un dito. Ciò però limita le sue meccaniche di gioco rispetto a un capitolo della serie su console.

Date in mano un controller a una persona che non ha mai giocato ai videogiochi, ma che è incuriosita. È molto alta la probabilità che non sappia da che parte girarsi: due levette analogiche, non meno di otto tasti, molti dei quali da premere contemporaneamente; il sistema di interazione con i videogiochi è il primo blocco. Non è un caso che alcuni degli esperimenti recenti che hanno saputo abbracciare il pubblico più eterogeneo siano stati Wii, con il suo sistema di riconoscimento dei movimenti, e Kinect, dove bastava sbracciarsi di fronte a uno schermo per dare calci a un pallone o prendere a ceffoni qualcuno.

E non è un caso che il mezzo che più ha sdoganato negli ultimi anni il videogioco sia stato il mondo mobile. Super Mario Run, per esempio, permette di giocare con un solo dito. Un metodo che più accessibile non si può: non è questione di difficoltà, ma di coinvolgere sia chi ha dimestichezza con i comandi complessi sia tutti gli altri, disabili compresi. Problema: quando si semplificano i controlli generalmente si semplificano anche le meccaniche. Rimanendo nell'esempio, in Super Mario Run il protagonista corre in avanti da solo, il che riduce drasticamente il numero di situazioni e di azioni fattibili. Bilanciare i due aspetti, insomma, non è cosa facile.

Nonostante le principali produzioni continuano a essere prerogativa del mondo console o PC, nel 2020 il mercato mobile resterà il principale segmento in crescita: +15,8% rispetto all'anno precedente, una crescita maggiore di console e PC messi insieme, secondo le previsioni.

Non giriamoci attorno: i videogiochi sono uno dei passatempi più costosi al mondo. Per questo, società come Amazon, Apple e Microsoft stanno puntando sugli abbonamenti 'all you can play', più gestibili.

A limitare l'espansione del numero di giocatori c'è poi la questione economica: i videogiochi costano. Tanto. Ogni videogioco costa 60 euro (al netto di raccolte budget e di tantissimi giochi indipendenti che costano anche meno di 20 euro); nella prossima generazione toccheranno gli 80 euro. Andare al cinema costa al massimo 15 euro, tanto per fare un paragone. Per di più, per giocare ai videogiochi serve o una console dedicata (centinaia di euro spesi) o un PC da gioco (la spesa, in questo caso, è ancora più alta).

Non a caso i titoli più giocati al mondo sono gratis, con buona pace di chi detesta i meccanismi free-to-play: Fortnite, League of Legends, Clash Royale, Dota 2. A maggior ragione perché non hanno grandi richieste hardware e quindi funzionano anche su computer di fascia medio-bassa, che tante persone hanno per lavoro o per esigenze scolastiche.

Per superare questo scoglio stanno nascendo abbonamenti come Game Pass (che a oggi ha raggiunto 15 milioni di persone) oppure il meccanismo di Amazon Luna, che offrirà specifici canali a pagamento per garantire un accesso illimitato a centinaia di giochi. Una soluzione sicuramente più amichevole per il portafogli.

Secondo le stime di Newzoo, ci saranno 2,7 miliardi di giocatori nel mondo entro la fine del 2020.

Ma poi, questi 3 miliardi di persone citati da Microsoft dove sono? Le ultime stime di Newzoo parlano di 2,7 miliardi di videogiocatori entro la fine del 2020; diventeranno 3,07 miliardi nel 2023. Si trovano soprattutto in Asia-Pacifico (il 54%); seguono Europa (14%), Medio Oriente e Africa (14%) e, infine, l'America Latina (10%) e il Nord America (8%). Quindi i 3 miliardi di giocatori ci sono? Insomma. Newzoo include nella categoria dei giocatori quelle persone che hanno giocato ai videogiochi su PC, console, mobile o tramite un servizio di cloud gaming "negli ultimi sei mesi". Non viene specificata la frequenza: basta aver giocato una volta in 6 mesi?

Anche assumendo che tali 2,7 miliardi di persone siano giocatori regolari, raggiungerli tutti in modo uniforme è probabilmente una missione impossibile. Citare un numero così alto è un facile dato da lanciare in faccia nei comunicati aziendali e agli azionisti, lasciando presagire un potenziale di espansione enorme rispetto ai numeri che molti videogiochi e servizi registrano oggigiorno. Leggasi: nessuno pensa davvero che riuscirà a creare un servizio che, un po' com'è riuscita a fare Facebook, possa raccogliere miliardi di persone. Però il bacino potenziale è molto ampio.

Quel che è certo è che il videogioco è per sua natura poco accessibile. Gli esperimenti, commerciali e tecnologici, ci sono stati, ma sono stati spesso temporanei: chi ha giocato ai videogiochi per la prima volta con Wii, per esempio, ha poi continuato a farlo con le console successive? Si è spostato su mobile o ha smesso di giocare perché non più incuriosito? In cerca della risposta e dell'esca giusta per catturare più pesci possibile, i colossi tecnologici investono miliardi di dollari pur di provarci. La caccia è aperta.