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Draugen - recensione

Un thriller immerso nella mitologia norrena e nei meandri della mente.

Secondo la mitologia norrena il draug o draugen è una creatura non-morta, un qualcosa che letteralmente torna a camminare ancora una volta e che, mito vuole, dimora nella propria tomba a guardia del tesoro sepolto nel tumulo che la ospita.

Pensare a un draugen come a un semplice zombie sarebbe però un errore imperdonabile perché in realtà questi esseri soprannaturali possiedono tratti magici degni di streghe e stregoni e per certi versi molto più subdoli, capaci di entrare nella mente delle loro vittime e di farlo in quei momenti più intimi e delicati: i sogni.

Ma in una concezione più moderna draug (drög) può definire anche una persona pallida, inutile e per certi versi bloccata, che si trascina lenta e senza stimoli sulla Terra. Draugen è un termine non così semplice da inquadrare, tutt'altro che univoco e banale, e il fatto che proprio questo sia il titolo dell'ultima opera di Red Thread Games (autori di Dreamfall Chapters) è quanto mai azzeccato. Sono diversi gli aspetti contrastanti che caratterizzano Draugen e quasi nulla nella nascita di questo progetto è davvero ordinario o piatto e lineare.

La prima volta che Draugen fece parlare di sé fu a fine 2013, quando il gioco venne presentato con un primissimo trailer e con alcuni dettagli che sembravano strizzare l'occhio agli horror alla Amnesia, miscelando il lavoro certosino sulle atmosfere con la mitologia norrena e un'ambientazione piuttosto originale come la Scandinavia. Gli anni però passano e il gioco sembrava piombato nel dimenticatoio, con gli sviluppatori stessi immersi in un silenzio radio che non faceva di certo ben sperare.

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Qualcosa in realtà si è mossa eccome dietro le quinte: nel corso degli anni il gioco è andato incontro a reboot su reboot che ne hanno quasi completamente stravolto la natura, modificando a tutti gli effetti il tipo di esperienza che ci siamo trovati tra le mani per questa nostra recensione. Addio anima da puro horror e benvenuta impostazione da avventura profondamente narrativa e focalizzata sul dialogo e l'interazione, con una IA che punta a essere rivoluzionaria, indipendente e incredibilmente sfaccettata.

Un cambiamento radicale che porta con sé vantaggi e svantaggi e che rispetto al primissimo reveal mantiene solo parte delle atmosfere (spesso inquietanti) e il setting scandinavo con il folklore che ne deriva. Ci troviamo nel 1923 quando Edward Charles Harden viene a sapere della presenza della sorella tra i fiordi norvegesi.

L'uomo decide quindi di partire in compagnia della sua pupilla per riabbracciare l'amata Elizabeth e per riportarla finalmente a casa. Il nostro alter ego si ritrova invece alle prese con una situazione molto più complicata del previsto e con dei fantasmi che non si possono evitare per sempre. Una storia di superstizioni e ossessioni, di odio e di rimorsi e di maledizioni capaci di trasformarsi lentamente in realtà che lo siano davvero o meno.

La nebbia di Graavik nasconde più di un mistero.

Non sappiamo se il primo Draugen, quello survival horror, potesse rivelarsi una scelta più convincente ma questo thriller narrativo vive di alti e bassi e sicuramente è adatto solo a un certo tipo di pubblico, capace di scendere a patti con un gameplay lento, spesso lineare e volutamente limitato nelle interazioni con il mondo di gioco e nelle azioni che il nostro protagonista è effettivamente in grado di compiere.

La sensazione di essere alle prese con una sorta di variante dei walking simulator in prima persona è infatti palpabile sin dai primissimi istanti delle circa 3 ore necessarie per scoprire i segreti di Graavik. Si tratta di un piccolo paesino costiero immerso tra i fiordi norvegesi teatro di un doppio mistero coinvolgente e complesso al punto giusto anche se non completamente soddisfacente nella sua conclusione. Per certi versi l'intera complessità del gameplay sembra essere stata sacrificata in favore di Lissie, la pupilla del protagonista ed npc estremamente curato e peculiare che si lega a doppio filo con il sistema di dialogo dinamico.

Al di là del vagabondare all'interno di Graavik e di osservare oggetti di vario tipo, tutto si basa sul dialogo con la giovane e sulla possibilità di indirizzare le discussioni verso argomenti e supposizioni differenti in grado di sviluppare discorsi e ragionamenti molteplici. Nella maggior parte dei casi gli sviluppatori ci hanno messo di fronte a una serie di opzioni tra cui scegliere ma è sicuramente la possibilità di parlare in ogni momento con Lissie a introdurre una meccanica differente e in grado, per certi versi, di stravolgere quelle che sono le normali interazioni con un companion.

Il sistema di dialogo dinamico è molto interessante.

Basta premere un pulsante per dare il via a una serie di riflessioni più o meno complesse su ciò che sta accadendo e sui dubbi che ci assillano, che si tratti della storia personale di Edward o del passato del villaggio costiero e dei suoi abitanti. È proprio in questo aspetto che risiede il punto di forza più evidente di Draugen, nell'interazione tra i suoi protagonisti, nella loro caratterizzazione e nella dinamica che si instaura tra due individui imperfetti e molto più sfaccettati e complessi di ciò che le premesse ci spingano a credere.

Grazie anche a un doppiaggio in lingua inglese (niente italiano, neanche nei sottotitoli) di ottima fattura e a dei colpi di scena ben riusciti, ci siamo spesso trovati a chiudere più di un occhio su delle mancanze evidenti e su una limitatezza di fondo non necessariamente negativa ma purtroppo quasi esasperante. Il trovarsi di fronte a una finestra semisocchiusa ma impossibile da aprire fino a quando non si esplora un'area nelle circostanze, evidenzia una linearità e una mole di elementi scriptati che, se limitati o quanto meno nascosti più efficacemente, avrebbero alleviato la noia di alcuni momenti e una lentezza davvero eccessiva anche per un genere prettamente narrativo.

Sicuramente anche il fatto che una parte della storia non abbia una vera e propria chiusura non può che lasciarci con l'amaro in bocca ma forse si avranno ulteriori sviluppi in futuro, dato che a quanto pare Edward e Lissie torneranno anche se non ci è ancora dato sapere esattamente come. Sicuramente questa è una notizia positiva perché i due personaggi sono molto più interessanti del previsto e il loro rapporto assume una connotazione francamente inaspettata e curiosa da vivere in un videogioco che si fonda soprattutto sui dialoghi.

Lissie punta a essere una IA indipendente e realistica. Sicuramente è uno degli NPC più credibili che abbiamo mai visto.

Un secondo appuntamento con l'universo tratteggiato da Draugen potrebbe essere quello in grado di far spiccare davvero il volo alle idee del team norvegese che può ripartire dai personaggi, dal sistema di dialogo dinamico, dai comparti audio e visivo di buona fattura per intrecciare storie ancora più interessanti, complesse e perché no caratterizzate da un gameplay più profondo. Magari grazie a meccaniche mutuate dalle avventure atipiche moderne come The Vanishing of Ethan Carter o What Remains of Edith Finch.

Sotto molti aspetti Red Thread Games ha creato uno scheletro molto solido, un'impalcatura che potrebbe crescere parecchio grazie a una serie di ottime intuizioni su cui vanno integrati alcuni miglioramenti necessari per trasformare un buon progetto fatto di intuizioni eccelse in qualcosa di più. Nel caso in cui stiate cercando un'avventura narrativa con due protagonisti decisamente convincenti e una sana dose di mistero e colpi di scena questo è proprio il gioco che fa per voi. E occhio al draugen, soprattutto a quello più umano.

7 / 10