DreadOut: fantasmi dal passato - review
Project Zero in salsa indonesiana.
Mentre Tecmo-Koei e Nintendo sembrano essersi accordati sull'uscita di un nuovo Project Zero per Wii U, il team indonesiano Digital Happiness prova ad anticipare i tempi con la sua personale "visione" della saga nata nell'ormai lontano 2001 su PlayStation 2. L'ispirazione all'horror noto in America come Fatal Frame è più che evidente, ma l'ambizioso team orientale sarà anche riuscito a ricrearne lo spirito più profondo, quello che all'epoca ci fece saltare sulla sedia in più si un'occasione?
Chi mi conosce in ambito videoludico sa della mia passione viscerale per Resident Evil, ma non molti sanno che ben altri i titoli horror sono stati capaci di spaventarmi davvero. Ok, i cani che irrompono dalle finestre di Villa Spencer nel capolavoro Capcom hanno provocato non pochi infarti, ma sono stati nulla in confronto ai pazzi che infestavano la biblioteca incenerita di Condemned o all'ansia provocata dall'arrivo di Pyramid Head in Silent Hill 2.
Nessuno di questi però raggiunge nella mia classifica personale l'effetto suscitato dall'apparizione del primo fantasma in Project Zero. Un lieve luccichio nel filamento di rame della Camera Obscura, il tempo di girarsi, alzare l'obiettivo e lui era li, testa innaturalmente girata verso il basso, occhi bianchi, quasi a specchio, e braccia protese verso di me... E poi quel lamento che ti si piantava nel cervello per le due ore successive: my eyeeees, my eyeeees! Ok, tasto Start e pausa di cinque minuti, sufficienti per riprendere il battito regolare e trovare il coraggio di andare avanti.
Purtroppo DreadOut non possiede l'impatto visivo di quel gioco e l'inizio dell'avventura è a dir poco spiazzante a livello estetico. Il gioco che può girare tranquillamente anche su macchine di media configurazione senza alcun calo di frame rate.
Texture a medio/bassa risoluzione, animazioni non esattamente all'ultimo grido, mancanza di un sistema di illuminazione dinamica (ormai quasi obbligatorio) e alcuni bug della serie "sono rimasto incastrato in un muretto", fanno sembrare il gioco in questione un titolo di 5/6 anni fa, o se preferite un remake HD di un vecchio horror... avete presente l'opera di restauro fatta da Konami per il secondo e terzo Silent Hill? A livello grafico siamo su quei livelli, forse anche un paio di gradini sotto.
L'engine Unity e i circa 30.000 dollari di budget non hanno permesso agli sviluppatori di spingere troppo sull'acceleratore del comparto grafico, ma il team fortunatamente si è concentrato su altri aspetti che hanno permesso al gioco di fornire un'esperienza degna di nota. Pur essendo ben distante dai migliori esponenti del genere, infatti, DreadOut possiede qualcosa, un "je ne sais quoi" che gli permette di catturare l'attenzione del giocatore.
Nonostante la chiara ispirazione di cui sopra, Digital Happiness ha provato a insaporire il gioco con un po' di farina del proprio sacco, attingendo in parte da alcune leggende indonesiane, ovviamente del tutto sconosciute a noi europei. Per alcuni versi nello stile narrativo del gioco si intravede anche una fugace strizzata d'occhio a La Città Incantata di Miyazaki, rappresentata dal fatto che le presenze che infestano il villaggio si manifestano solo al calare della notte. A differenza di quelle ideate dal maestro dell'animazione giapponese però, i fantasmi e gli spiriti di questa storia non si limitano a qualche bagnetto alle terme.
Dopo un caricamento iniziale decisamente lungo (fortunatamente quelli successivi lo sono molto meno) apprendiamo che la protagonista di questo ennesimo incubo ad occhi aperti si chiama Linda. È una studentessa che insieme ad alcuni compagni e una professoressa si trova su una macchina diretta chissà dove. Quella che in teoria doveva essere una piacevole giornata extra-scolastica viene interrotta da un imprevisto, un ponte bloccato che in teoria non doveva trovarsi lì.
Passati i primi attimi di sconcerto, un'intraprendente compagno di Linda trova una strada alternativa, che porta il gruppetto in una cittadina abbandonata, di quelle che nessuno si è mai sognato di segnalare sulle cartine. L'iniziale girovagare tra le strade piene di cumuli di immondizia e macchine abbandonate si conclude in una scuola che probabilmente non vede l'ombra di uno studente da decenni... l'ombra forse no, ma lo spirito sicuramente.
In tutto questo vi accorgerete presto che l'unico personaggio che non pronuncia una parola è proprio Linda, mentre i suoi compagni non fanno altro che parlare, scherzare e fare i gradassi nel bel mezzo di quello che, sappiamo bene, diventerà ben presto un incubo. Chi vive di pane e film horror sa bene che sono proprio i protagonisti più "casinari" e spavaldi i primi a fare una brutta fine.
Approfittate di questa prima ora di gioco per prendere fiato, perché al calar della notte il paesino di cui sopra cambierà radicalmente e si riempirà di entità decisamente maligne. Devo ammettere che una delle cose che mi hanno sorpreso di più in questa produzione è la varietà di fantasmi che infestano le ambientazioni di gioco, forse addirittura superiore a quella offerte dal gioco di Tecmo.
Raramente capita di incontrare lo stesso spirito più di due volte e vi assicuro che gli sviluppatori si sono davvero dannati l'anima per variare il più possibile gli eventi... e di conseguenza gli spaventi. Non tutti questi coinvolgono fantasmi, anzi spesso e volentieri è l'ambiente stesso e gli effetti sonori da esso prodotti a creare il maggior quantitativo di tensione.
Gli scontri con le entità avvengono in maniera simile a quanto visto in Project Zero, ma il tutto è molto più semplice e purtroppo anche meno profondo. Non esiste un punteggio o la possibilità di caricare pellicole di differente potenza, il danno inferto ai nemici è proporzionale unicamente alla loro vicinanza. L'unica variante è rappresentata dalla possibilità di aggiungere un danno supplementare nel caso si riesca a colpire poco prima che il fantasma attacchi.
Inizialmente non tutti i nemici possono essere sconfitti quindi il consiglio è: se sembrano troppo grossi e cattivi probabilmente lo sono, girate a largo. Pur non essendo una supereroina, le "abilità" iniziali di Linda possono essere potenziate tramite il ritrovamento di particolari oggetti. Tali abilità consistono più che altro nella possibilità di sconfiggere più velocemente i fantasmi più deboli o nell'opportunità di "sbloccare" alcuni boss nascosti.
Da notare il fatto che quando la protagonista inquadra qualcosa con il suo cellulare (che deve avere una bella batteria vista la durata), può muoversi e aprire porte, quando invece non lo utilizza i suoi movimenti sono gestiti come in un classico gioco action, senza possibilità di strafe o di indietreggiare mantenendo una visuale frontale.
Nel caso Linda dovesse essere sconfitta, il suo corpo verrà trasportato in una sorta di limbo, rappresentato da uno scenario quasi interamente buio nel quale spicca una forte luce sul fondo. A differenza di quanto si dice di consueto, in questi casi sarà necessario andare verso la luce per poter proseguire e la distanza da percorrere sarà proporzionale a quante volte si è stati gettati nel limbo. Tale elemento non aggiunge granché al gameplay, ma va anche detto che in tutta l'avventura mi è capitato sì e no tre volte di accedere a questa dimensione onirica.
Dove DreadOut recupera un po' di terreno rispetto all'illustre rivale è nell'ambito dei puzzle, non particolarmente difficili ma ben studiati. Il gioco fornisce una serie di indizi più o meno chiari su cosa bisogna fare, la cui quantità varia in base a quanto vi siete dati da fare nel cercarli, ma alla fine spetta sempre al giocatore avere il guizzo per poter risolvere l'enigma.
L'atmosfera di tensione generata nel corso del gioco è sufficiente per sorvolare in parte sul lato estetivo. Come accennato poco fa, gran parte del merito di questa "rimonta" va attribuito alla colonna sonora e agli effetti che accompagnano ogni singolo passo della giovane Linda. Sono proprio questi a far rimanere il giocatore con l'orecchio costantemente teso nella direzione da cui proviene un inquietante scricchiolio o un sommesso vociare. Se avete un impianto audio di buon livello o delle cuffie degne di questo titolo, usateli e vi assicuro che l'effetto finale sarà davvero notevole.
La longevità di questa prima parte è piuttosto ridotta e proprio come le trilogie più famose, la storia lascia il giocatore in sospeso dopo un crescendo di eventi che può durare dalle 3 alle 5 ore in base alla vostra voglia di esplorare. Fortunatamente il secondo atto non dovrebbe tardare molto e sarà rilasciato gratuitamente per tutti coloro che hanno acquistato il primo su Steam. Il tassello finale sarà rappresentato dalla modalità Free Roam, un DLC a pagamento che ci riporterà negli scenari del gioco con l'obiettivo questa volta di iniziare una vera e propria caccia ai fantasmi, alcuni dei quali non presenti nell'avventura principale.
In un periodo in cui le alternative horror di certo non mancano, rivolgere l'attenzione ad un titolo che ne ricorda un altro senza però riuscire a clonarne tutte le qualità può sembrare una cosa stupida, eppure non posso esimermi dal consigliarvi questo DreadOut. Immaginatelo come un giro in una di quelle attrazioni da luna park, ci entrate ma sapete già che all'interno è tutto finto e posticcio... eppure ne uscirete con i battiti del cuore accelerati e la voglia di fare un giro sulle macchine a scontro per calmarvi.
Giocatelo di notte, magari con cuffie di rango appiccicate alle orecchie, e vedrete che nonostante le brutture estetiche non potrete fare a meno di saltare sulla sedia in più di un'occasione. Il gioco in questione (al pari di titoli come Home e Lone Survivor) dimostra ancora una volta come le idee, anche se non tutte esattamente originali, valgano immensamente più di qualsiasi setting grafico estremo.