Dying Light 2 Recensione: Buona notte, e buona fortuna
Gli zombie di Techland fanno il loro ritorno in un seguito mai così ambizioso.
Osservando da vicino i cambiamenti che il mondo dei videogiochi ha affrontato negli ultimi 10 anni, è impossibile non notare come sia lentamente mutato il rapporto che lega i giocatori agli studi di sviluppo.
C'è stata un'epoca in cui queste due realtà si muovevano all'unisono per celebrare una passione, quella del videogioco, che sembrava non avere confini o frontiere, lanciata verso un futuro brillante che avrebbe dato vita a storie ed esperienze semplicemente inimmaginabili, nell'era paleolitica del tubo catodico.
La modernità, oltre alle microtransazioni, ci ha regalato anche una relazione del tutto inedita tra produttori e consumatori di videogiochi, che ora è di pura contrapposizione, se non in alcuni casi di aperta ostilità. Da un lato, il pubblico è alla costante ricerca di quel "bigger and better" che possa condurre un genere di riferimento al suo nuovo step evolutivo, mentre dall'altra gli studi di sviluppo, sotto questa pressione, si lanciano nella realizzazione di progetti troppo ambiziosi, che finiscono col collassare in un'inevitabile "development hell" a causa delle loro stesse dimensioni.
Questo loop ha già mietuto diverse vittime illustri ma qualcuno in Polonia ha finalmente trovato l'uscita del labirinto. Vi ricordate di Techland e della roboante presentazione di Dying Light 2 all'E3 2018 quando Chris Avellone, sul palco del Microsoft Briefing di quell'anno, annunciava le basi di un RPG a mondo aperto mai visto prima, nel quale centinaia di scelte del giocatore avrebbero plasmato un open world in costante evoluzione?
Ecco, la brutta notizia è che molte di quelle promesse si sono dissolte come la carriera di Avellone, mentre la buona è che il nuovo zombie game dello studio polacco, al netto di tutto ciò, è comunque un action RPG incredibilmente valido, supportato da un level design che farà scuola negli anni a venire.
Ora che ci siamo levati il dente, dribblate l'urgenza di correre su Twitter ad insultare gli sviluppatori perché vi hanno mentito e rimanete con noi ancora per qualche paragrafo, mentre vi parliamo delle tante qualità di Dying Light 2. Il gioco segue lo stesso canovaccio del primo capitolo, proponendo una particolare combinazione di parkour e morti viventi, in un ampio open world che copre tutta la città di Villedor, una delle ultime sulla faccia del pianeta.
Dopo i fatti di Harran, l'umanità è sull'orlo dell'estinzione e sono pochissimi gli insediamenti umani a resistere all'infezione. Distanti migliaia di chilometri l'uno dall'altro e separati dal resto del mondo esterno, questi scampoli di civiltà si affidano ai Pellegrini, dei messaggeri che hanno il coraggio di abbandonare le zone sicure per vagare da comunità a comunità, portando messaggi, lettere e notizie dalle altre città. Aiden è uno di loro, e finirà immischiato nelle vicende di Villador al punto da deciderne le sorti, attraverso alcune scelte che avranno un impatto considerevole sullo svolgersi della trama.
Dal punto di vista del gameplay, ad un primo sguardo le novità non sono poi tantissime, anche perché se c'era qualcosa che il primo capitolo sapeva fare davvero bene, era offrire un sistema di controllo peculiare ma efficace, bravissimo nel coniugare la visuale in soggettiva con i repentini movimenti del parkour.
Aiden, proprio come Crane, sfreccia sui tetti di Villedor con discreta facilità, volteggiando da un edificio all'altro evitando di muoversi tra le strade della città, affollate da orde di centinaia di non morti. Per i motivi di cui vi parleremo a breve, le mosse inizialmente a disposizione del protagonista sono abbastanza limitate, ma muoversi all'interno dell'ambientazione è sempre molto intuitivo ed immediato, anche grazie alle particolarità di un setting come quello di Villador.
La città convive con l'infezione da diversi anni, e proprio per questa ragione i tetti degli edifici brulicano ormai di percorsi e strutture che assistono costantemente Aiden nel suo parkour. Sotto questo aspetto, Dying Light 2 mette fin da subito in luce quel che è a mani basse l'elemento chiave del successo della sua formula ludica, un level design stellare che trova difficilmente paragoni con quello di qualsiasi altro open world mai visto su PC o console.
La navigazione tra i tetti di Villedor è sempre spontanea, fluida, ma non per questo banale, convenzionale o scontata, mentre il flow della corsa non si interrompe mai poiché è sempre facilissimo individuare l'obiettivo del prossimo salto, sia esso un lampione, una trave o un tubo di ferro a cui Aiden può appendersi.
Ripartire da un concept che funziona è la chiave per destinare un grandissimo numero risorse di sviluppo ad altre necessità, e per questo motivo non siamo stati in alcun modo sorpresi dal vederci proposto in questo seguito un combat system molto simile a quello del primo capitolo. Aiden può sfruttare in combattimento una valanga di armi rudimentali da taglio e da colpo ricavate dagli oggetti più comuni della civiltà pre-infezione, e sebbene queste siano ampiamente modificabili all'interno di un editor per il crafting abbastanza profondo, saremo comunque portarti a sostituirle spesso.
Dying Light 2 introduce inoltre un nuovo sistema per gli equipaggiamenti di Aiden, che può indossare vestiti e protezioni dotati di buff unici che ne migliorano le competenze sul campo. Ogni oggetto è caratterizzato da un livello di rarità e da un set di buff passivi utili a costruirsi una build adatta al proprio stile di gioco. L'intero sistema non sempre sembra avere un'efficacia concreta sulle performance del protagonista, ma sospettiamo che questa feature sia stata inserita per dare i suoi frutti durante il lungo supporto post-lancio che Techland garantirà a Dying Light 2.
Se il mondo di gioco si limitasse ad offrire percorsi acrobatici di buona fattura, avremmo potuto tranquillamente accomunare il lavoro di Techland a quello svolto dagli autori di Mirror's Edge, eppure abbiamo fatto riferimento a un level design unico nel suo genere per una ragione ben precisa. Dopo qualche ora nei panni di Aiden, ci si può accorgere di come il parkour sui tetti, per quanto complesso, rappresenti solo la sottile superficie di un intricatissimo formicaio composto da un'incalcolabile quantità di ambienti interni liberamente esplorabili dal giocatore, una cosa mai vista in una replica virtuale di una città moderna.
Negozi, case, laboratori ed ospedali possono essere una fonte inesauribile di risorse utili per il crafting ma addentrarsi negli angoli più bui di Villedor porta con sé dei tremendi pericoli: durante il giorno, qualsiasi ambiente al riparo dalla luce del sole si riempie di ogni genere d'infetto, e solo durante la notte le creature possono uscire all'esterno rendendo relativamente sicura l'esplorazione di questi piccoli dungeon cittadini. Nel primo capitolo uscire dopo il tramonto era sconsigliato ed altamente pericoloso, mentre in Dying Light 2 rappresenterà una preziosissima opportunità che nessuno potrà realmente ignorare a lungo.
Sebbene la quantità di interni sia davvero esorbitante, è un gran rammarico che solo pochissimi di essi presentino delle peculiarità in grado di rendere interessante l'esplorazione. Nessuno poteva ragionevolmente aspettarsi un Fallout, nel quale ogni dungeon è reso unico grazie a ricompense uniche o a elementi di trama emergente, tuttavia nessuno ci toglie dalla testa che fosse proprio questa la direzione in cui Techland volesse andare, prima di dover rivolgere le sue risorse ad altri aspetti principali della sua opera.
Come vi dicevamo, la notte può essere fonte di grandi soddisfazioni per Aiden, e dal momento che c'era il rischio concreto che le ore notturne si trasformassero in una gradevole gita di piacere tra infetti speciali e mostruose aberrazioni di ogni genere, Techland ha pensato di includere una feature che potesse rendere ancora più ostile l'esplorazione notturna di Villedor.
Aiden, esattamente come Crane, è stato morso da un infetto e rischia concretamente di trasformarsi ogni qual volta non è esposto alla luce solare o a quella di una lampada UV. Per questo, quando ci si muove in città dopo il calare del sole, avremo solo pochissimi minuti per svolgere missioni e attività secondarie, prima di dover correre al riparo dentro a un rifugio.
Malgrado possa essere allungato collezionando gli inibitori, delle risorse speciali che aumentano anche la salute e la stamina del protagonista, questo timer che pende costantemente come una spada di Damocle sulla testa di Aiden è lo stratagemma di gameplay perfetto, per rendere ancora più spaventose le esplorazioni delle viscere di Villedor. Immaginate cosa si possa provare a veder scorrere i secondi sul timer mentre si è impegnati a combattere orde e orde di zombie, alla disperata ricerca della luce blu di una lampada UV tra i claustrofobici ambienti di un parcheggio o di una vecchia stazione della metropolitana. Noi ci siamo passati, e siamo estremamente felici dell'intuizione di Techland.
La maggior parte di queste situazioni sarà legata ad alcune attività e quest secondarie disseminate per tutta l'area di gioco, ma che a differenza di altri open world non si impongono mai in modo aggressivo sulla progressione dell'avventura. Il mondo aperto di Dying Light 2 non prevede avamposti da liberare e altri compiti da svolgere come in una grigia catena di montaggio, il gioco guarda ancora alla struttura degli RPG di Bethesda per offrire un tappeto di innumerevoli quest secondarie non troppo articolate, ma caratterizzate ciascuna da uno specifico frammento di trama.
Queste missioni, che durano lo spazio di una ventina di minuti e non sono mai estremamente complesse, spesso nascondono tuttavia delle scelte cruciali per le sorti di tutti i personaggi coinvolti, e fa piacere constatare quanta attenzione lo sviluppatore polacco abbia riposto nella loro realizzazione.
A dire il vero, è stato difficile capire il numero esatto di quest secondarie, dal momento che in ogni angolo di Villedor continuavano a spuntarne delle nuove ad ogni occasione. Non ci siamo mai soffermati troppo nel completismo di ciascuna area della città a causa del poco tempo a nostra disposizione, ma nonostante questo siamo comunque arrivati ai titoli di coda solamente dopo una cinquantina di ore, complice una quest line principale che parte in sordina per poi accelerare considerevolmente nell'ultimo atto del gioco.
Vi avevamo accennato di come gran parte delle promesse in merito all'impatto delle scelte del giocatore sulla struttura dell'open world fossero state disattese, tuttavia Techland ha corretto il tiro e orientato i suoi sforzi verso un approccio diverso, offrendo una missione principale incredibilmente recettiva alle scelte del giocatore.
Abbiamo avuto la fortuna di completare Dying Light 2 con due distinti profili, e sebbene i punti principali della trama rimangano gli stessi qualsiasi strada percorriate, vi possiamo assicurare che entrambi abbiamo giocato in alcuni frangenti a due storie totalmente diverse, capaci di coinvolgere personaggi e luoghi che non sono mai comparsi in altri sentieri narrativi.
Una buona parte delle scelte decisive che impattano la trama principale orbitano attorno a due fazioni, quelle dei Superstiti e dei Pacificatori, che hanno una visione del tutto complementare della civiltà umana post-apocalittica. I primi si affidano alla cooperazione e alla solidarietà, mentre i secondi si muovono attivamente per contrastare il crimine e l'ingiustizia dilaganti a Villedor, punendo però severamente chiunque non sia d'accordo con il loro rigido codice morale. Le interazioni con le due fazioni non sono così profonde come il trailer di presentazione lasciava sperare, ma ci troveremo spesso a svolgere missioni per loro e la trama principale verte in larga parte proprio sul loro rapporto.
Nel corso del gioco potremo addirittura assegnare una serie di risorse strategiche come torri d'acqua o centrali elettriche a uno dei due gruppi di sopravvissuti, ottenendo in cambio alcune leggere modifiche al mondo di Dying Light 2. Niente a che vedere con gli annunci fatti da Avellone all'E3 2018, ma fornendo territori ai Superstiti compariranno nuovi percorsi di parkour in tutta la città, mentre favorendo i Pacificatori si sbloccano trappole e marchingegni utili a sconfiggere gli zombie al livello della strada.
La trama mette sul tavolo un cast di personaggi a cui è facile legarsi, e anche se a conti fatti la componente narrativa non si fonda su di un racconto che raggiunge chissà quali altezze, verso la fine si è sufficientemente coinvolti dalla parabola vissuta da Aiden.
Purtroppo, come emerge anche in altri comparti di Dying Light 2, Techland dev'essere arrivata col fiato cortissimo alla data di lancio del gioco, e il finale della storia è semplicemente insufficiente sotto tutti i punti di vista, oltre che colmo di inspiegabili buchi di trama che spezzano proprio sul più bello l'immersione nelle vicende a schermo. È vero, abbiamo esplorato solo uno dei tantissimi epiloghi che con tutta probabilità Dying Light 2 offrirà alla sua platea, ma è difficile credere che gli altri potranno fare meglio di così.
Le difficoltà che Techland deve aver avuto per accordare la sua ambiziosa visione creativa con quello che invece è realmente alla portata di uno studio della sua esperienza emerge anche guardando al comparto tecnico di Dying Light 2, in costante sofferenza a causa di un design dell'open world che non ha voluto accettare compromessi.
Illuminazione e texture, tranne alcuni alti e bassi, sono in linea con quello che ci potevamo aspettare da questo seguito, ma provando il titolo su Xbox Series X è stato sorprendente constatare come l'impatto visivo generale fosse così al di sotto della sufficienza. Il motivo è presto spiegato: anche su una macchina high end, come impostazione standard il titolo sceglie la modalità prestazioni, che sacrifica la risoluzione adottando un modestissimo 1080p per garantire in ogni momento i 60 fps.
Per riprodurre Dying Light 2 alla massima risoluzione, si può sempre optare per la rispettiva modalità grafica, anche se in questo caso le prestazioni crollano vertiginosamente e il frame rate sembra fare fatica a reggere con regolarità i 30 frame al secondo, anche all'interno di un edificio. Infine, per gli appassionati del ray tracing, il titolo dello studio polacco offre un'ultima opzione, la modalità Qualità: una volta impostata il gioco comincia ad andare a scatti e diventa letteralmente ingiocabile, quindi il nostro consiglio è quello di abbandonare qualsiasi velleità ed affidarvi saldamente alla modalità prestazioni, che assicura i 60 fps in ogni frangente.
Dal momento che l'open world di Dying Light 2 è bravissimo nel mettere in totale difficoltà una macchina performante come Xbox Series X, è inutile dirvi che il consiglio è quello di rimandare assolutamente l'acquisto del gioco se avete intenzione di fruirlo su PS4 o Xbox One. Non abbiamo avuto accesso a questa versione ma se siamo bravi ad interpretare il feedback fornito da Dying Light 2 su Series X, le versioni old gen potrebbero rivelarsi un completo disastro, come già successo in passato nel caso di un altro videogioco polacco. L'alternativa è il PC, sul quale il gioco non dovrebbe avere problemi di sorta, anche grazie al supporto offerto dall'NVIDIA DLSS.
Lo scheletro dell'impalcatura che un tempo rappresentava i contorni del concept originale del gioco, con un po' d'attenzione, può essere intravisto durante tutto l'arco dell'avventura di Aiden. L'open world è troppo ricco di dettagli per poter essere stabile su console, la volontà di rendere il gioco ricco di scelte cruciali si è riflessa sulla struttura di una trama principale valida, ma che collassa su sé stessa nelle fasi finali del titolo, e gran parte dei dungeon disseminati per Villedor, ora vuoti e privi di qualsiasi attrattiva, avrebbero dovuto fare da sfondo a centinaia di quest secondarie in grado di plasmare la città nel profondo.
Perché quindi Dying Light 2, nonostante le tante scelte sbagliate, è comunque uno dei più interessanti action RPG sul mercato? Per la saggezza di Techland, che resasi probabilmente conto di aver puntato al sole con delle ali di cera, ha tirato il freno a mano prendendosi tutto il tempo necessario a confezionare la sua idea, tornando a convogliare le sue energie su di un concept che funziona e nel quale la software house polacca ha riposto tutto il suo talento.
Dying Light 2 non è solamente un RPG in cui le scelte del giocatore hanno un profondo impatto sulla trama, supportato da un level design dell'open world senza alcun paragone. È prima di tutto il simbolo di come si possono sviluppare male dei bellissimi videogiochi, senza farsi travolgere dalle avversità.