E3 2016: Detroit: Become Human - anteprima
Heavy-troit?
Los Angeles - Al settantesimo piano di un palazzo di Detroit si sta consumando una tragedia. Eppure l'uomo che sta salendo in ascensore per risolverla pare rilassato mentre gioca con una monetina tra le sue dita. Vediamo un led azzurro illuminarsi sulla sua tempia e ci torna in mente la tech demo di Kara, con la quale David Cage stupì i giornalisti accorsi ad assistere alla PlayStation Conference del 2012. Ed è allora che intuiamo che quello che stiamo guardando non è un uomo ma un androide.
Così si apre il trailer di Detroit: Become Human, e così si apre anche la dimostrazione a porte chiuse tenutasi al Convention Center di Los Angeles. Durante la quale David Cage ha ammesso che quando ha realizzato la demo di Kara, non aveva minimamente idea di dove sarebbe andata a parare, perché non aveva ancora scritto la storia di Detroit. E che invece ora che è stata completata.
Sappiamo che il gioco ci racconterà di un futuro prossimo in cui gli androidi sostituiscono gli umani in molte mansioni, aumentando la disoccupazione e quindi provocando un forte risentimento da parte degli uomini. Poi, a un certo punto, alcuni androidi iniziano a scomparire, altri a combattere tra loro, altri ancora a diventare aggressivi. Il che è strano, perché non dovrebbero avere emozioni.
Queste sono le premesse di un gioco che nelle intenzioni di Quantic Dream parlerà della vera natura dell'uomo vista dagli occhi delle macchine. E che ci racconterà una storia dove gli androidi sono i buoni e gli uomini i cattivi.
Si comincia con una dichiarazione che pare voler mettere a tacere tutte le polemiche, ma che suona anche come un'implicita ammissione di colpa: la storia stavolta verrà narrata attraverso il gameplay e non le cutscene. Se sarà davvero così, lo scopriremo solo una volta che avremo il gioco tra le mani. Quello che sappiamo già ora è che Detroit: Become Human offrirà più scelte di Heavy Rain, la quali condurranno a un numero ancora più elevato di finali. Sempre come in Heavy Rain, tutti possono morire, e in caso di prematura dipartita di un personaggio la storia si adatterà di conseguenza e non si vedrà mai campeggiare sullo schermo la scritta game over.
Nel corso della dimostrazione vediamo la stessa sequenza giocata per due volte, così da mostrarci come cambieranno gli esiti della missione a seconda delle scelte compiute. E se nel primo giro le scelte le ha fatte Guillaume de Fondaumière, chief operations officer di Quantic Dream, la seconda volta le hanno fatte i giornalisti presenti in sala. Con risultati molto diversi.
Dicevamo della tragedia che si sta consumando al settantesimo piano di un palazzo di Detroit: lì un androide ha ucciso il suo padrone, ferito un poliziotto e ora se ne sta su un cornicione con una bambina in una mano e una pistola nell'altra. Pare confuso e aggressivo, tant'è che la luce sulla sua tempia manda ora lampi rossi e noi nei panni di Connor, l'androide mandato per risolvere la questione, dobbiamo innanzitutto scoprire cosa sia successo prima del nostro arrivo.
Proviamo a capirlo parlando con un ufficiale di polizia ma questo si dimostra molto poco collaborativo, probabilmente perché odia gli androidi. Allora ci mettiamo a investigare la casa in cui è stato compiuto l'omicidio e iniziamo a interagire con gli oggetti circostanti, esattamente come faremmo in Heavy Rain.
Le indagini, senza girarci troppo intorno, sembrano invece prese di peso da un Batman dei Rocksteady: si entra in una specifica area, si analizzano le prove esistenti e da queste si ricostruisce una linea temporale che, portata avanti o indietro, rivela ulteriori indizi.
Più cose si scoprono, più l'indicatore posto in alto a sinistra dello schermo aumenta di valore. Al 100% saremo sicuri di portare a termine il caso con successo, al 50% sarà come tirare una monetina. Nella prima dimostrazione siamo al 57%, forse perché abbiamo perso tempo a rimettere nella vasca un pesciolino finito sul pavimento, forse perché ci siamo soffermati su dettagli irrilevanti. D'altronde, ricorda Guillaume de Fondaumière, durante le nostre investigazioni il tempo, che per noi pare fermarsi, scorrerà ugualmente. E più tempo perdiamo inutilmente, maggiori sono le possibilità di fallire.
Arriviamo così al confronto finale con l'androide che tiene in ostaggio la bambina di nome Emma: "Non lascerò che mi umilino ancora, noi siamo gli schiavi, i giocattoli degli umani", dice. Cerchiamo il dialogo, che si presenta nella forma delle classiche scelte multiple cui ci ha abituato Quantic Dream. Ma alcune opzioni non sono disponibili e alla fine l'androide si suicida gettandosi nel vuoto, tenendo la bambina in braccio.
Ricominciamo la demo e, come dicevo prima, stavolta de Fondaumière si limita ad attuare le scelte suggerite dai giornalisti. Ignoriamo il pesciolino rosso, ignoriamo pure l'ufficiale di polizia, che tanto non porterà a nulla. Ci soffermiamo su un tablet, al cui interno scopriamo che l'androide era il badante di Emma e che si chiama Daniel.
Poi ci avviciniamo al cadavere del padre e, da un'analisi balistica, ricostruiamo il delitto scoprendo che la vittima è stata freddata alle spalle. Ricostruiamo anche dove la pistola possa essere caduta e ce ne impossessiamo. Andiamo avanti con le indagini e scopriamo il movente di tanta violenza: la bambina aveva richiesto un altro modello di androide, più recente e performante di Daniel. Da cui, la frustrazione e la rabbia di chi si sente tradito.
Si arriva quindi a un secondo confronto con Daniel. Questa volta lo chiamiamo con nome, perché abbiamo scoperto come si chiama, e la cosa lo sorprende alterando la percentuale di successo finale. Poi però non lo ascoltiamo e aiutiamo un poliziotto ferito, riverso in terra. La cosa infastidisce Daniel, il che abbassa la statistica.
Poi Daniel ci chiede di posare a terra la nostra pistola: de Fondaumière ci domanda se vogliamo farlo o se preferiamo rischiare e mentire dicendo che siamo disarmati. La maggioranza dei giornalisti opta per la seconda alternativa ma Daniel capisce che stiamo mentendo e la nostra possibilità di successo in pochi istanti è crollata dal 71% al 63%.
Quel che è bello è che ora che siamo arrivati al confronto finale meglio preparati, e si sono sbloccate alcune opzioni nei dialoghi che prima erano bloccate. Ma ciò non basta a risolvere il caso nel migliore dei modi: Daniel prova nuovamente a suicidarsi, solo che stavolta riusciamo a salvare la bambina sacrificandoci al suo posto. Ed è mentre precipita verso la morte che Connor pare sorridere. "Mission successful", dice il gioco, eppure noi siamo morti: com'è possibile?
Risponde David Cage: "il nostro obiettivo era di salvare la bambina e ci siamo riusciti. È vero, siamo morti ma eravamo un androide, e come tale sacrificabile. Avremmo comunque potuto fallire la missione anche sopravvivendo, ad esempio non raccogliendo tutte le informazioni disponibili o lasciandoci sfuggire qualcosa di realmente importante. Qualsiasi nostra azione avrà delle ripercussioni".
In chiusura, una domanda che non potevo evitare. Il gioco narra la storia di un androide che va a caccia di altri androidi, il che richiama immediatamente alla memoria Blade Runner: quanto c'è del racconto di Philip K. Dick in Detroit? "Tutti abbiamo visto Blade Runner e non posso certo dire di ignorarlo. Da qualche parte è lì, nella mia mente, ma la storia che racconto è davvero diversa e quello che vi ho appena mostrato non è l'arrivo, ma il punto di partenza di Detroit".
Anche questa volta, dunque, David Cage è riuscito a incuriosirci. Perché la trama pare davvero interessante, perché la grafica è eccellente e soprattutto perché Detroit sembra il seguito ideale di Heavy Rain e non di Beyond, titolo quest'ultimo che in molti ritengono inferiore al gioco precedente dei Quantic Dream. Ma per scoprire se si tratti davvero di un "Heavy-troit", come scritto nel sottotitolo, o di qualcosa di diverso, dovremo aspettare i prossimi mesi.
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