Elden Ring, il new game plus e il senso di platinare la vita
Se Hidetaka Miyazaki stimola riflessioni filosofiche (senza volerlo)…
Che la curiosità sia in grado di uccidere i gatti ce l’insegnano gli inglesi (da noi si limitano a lasciarci lo zampino). Che fosse invece in grado di costare un new game plus, ve lo dico io.
Dopo essermi fato spiegare come platinare Elden Ring in una sola run dal buon Lorenzo, ormai divenuto un’eminenza in Italia quando si parla del capolavoro di Miyazaki, mi ritrovo due settimane fa nell’ultima stanza del gioco, pronto a fare i dovuti magheggi coi salvataggi per sbloccare tutti i possibili finali.
Ma ecco tentatore, quasi sornione, un segno blu sul pavimento. “Che sarà?”, mi domando io, che mai ne avevo visto uno nel gioco. Ovviamente ci clicco sopra ed ecco partire il finale con Ranni, vanificando così le astute strategie di cui sopra e costringendomi di fatto all’NG+, sigla che sta per New Game Plus.
L’NG+, lo dico per chi di voi che si fosse avvicinato da poco ai videogame, è quella modalità in cui si ricomincia l’avventura mantenendo il livello d’esperienza, le abilità, l’equipaggiamento e gli oggetti fino a quel momento acquisiti. In compenso, il livello di difficoltà solitamente subisce una sensibile impennata.
Dico “solitamente” perché in realtà con Elden Ring questo non accade… anzi, avviene esattamente l’opposto. I nemici vengono giù con uno o due colpi, i boss che prima mi mettevano una certa apprensione ora li affronto mentre rispondo al telefono, ed ecco che la seconda run nell’Interregno ha assunto i connotati di una gita turistica.
Ora, premesso che avevo visto i titoli di coda con un personaggio del 161esimo livello (e senza farmare, sia chiaro) e che quindi sono forse arrivato un po’ sovradimensionato al momento della mia prima “reincarnazione”, mi sono trovato a discutere coi miei amici su come fosse possibile che un gioco inizialmente così difficile come Elden Ring potesse tramutarsi in qualcosa di così facile.
La risposta che mi sono sentito dare è che sapevo già cosa fare, dove andare e come affrontare tutti i nemici. Ed è una spiegazione che mi ha convinto, perché già verso la fine della prima run avevo realizzato che una volta appresi i pattern di tutti i mob e di tutti i boss, il gioco si mette decisamente in discesa.
E siccome è dai tempi di TGM che i videogame mi danno l’ispirazione per filosofeggiare sulla vita, tutto ciò mi ha fornito lo spunto per questo editoriale un po’ esistenzialista, un po’ mistico. Perché mi sono trovato a domandarmi come sarebbe un NG+… delle nostre vite.
Come immagino chiunque, anch’io ho i miei rimpianti. Non molti a dire il vero e la ritengo una fortuna ma, ripensando al passato, mi sono trovato spesso a pensare a quante situazioni avrei gestito diversamente se avessi avuto la maturità che ho oggi. “La giovinezza è sprecata per i giovani”, disse una volta George Bernard Shaw, e più s’invecchia e più questa frase ha senso.
È come se la vita ci ponesse sempre di fronte a situazioni per le quali non siamo pronti o lo siamo appena, come se il livello di difficoltà scalasse automaticamente con l’abilità che nel frattempo abbiamo acquisito in real life. Ogni età pone obiettivi e problemi diversi e le sfide che sto affrontando oggi sono diverse da quelle di dieci anni fa. Ma mentre ora gestirei il me stesso del passato con più maturità e consapevolezza, non ho assolutamente idea se in questo momento stia facendo il mio meglio: lo capirò tra qualche anno, quando sarà passato abbastanza tempo da voltarmi e vedere le cose dalla giusta distanza. Ma, nuovamente, sarà troppo tardi.
Ho la fortuna di fare lo stesso lavoro da poco meno di trent’anni e il tempo finora s'è dimostrato clemente col mio corpo, illudendomi di scorrere più lentamente. Oggi come ai miei inizi mi alzo e penso a cosa scrivere o impaginare, un limbo invero illusorio. Poi però nello specchio vedo una persona diversa, che deve affrontare sfide che non giungono più solo dall’esterno ma anche dall’interno.
E siccome il tempo erode non solo il corpo ma anche lo spirito, come il Giovanni Drogo di Buzzati scruto col mio cannocchiale il Deserto dei Tartari dall'alto della mia della Fortezza Bastiani, in cerca dei primi segnali di un futuro che non è detto che arrivi realmente alle porte. Ma potrebbe farlo. E se quel puntolino nero nel deserto fosse una strada militare? Devo farmi trovare preparato! Ma lo farò nel migliore dei modi? Agli appuntamenti col fato, ormai l’ho capito, non si arriva mai davvero pronti.
E allora mi perdonino le divinità e i loro profeti: Paradiso e Inferno non hanno mai colpito particolarmente il mio immaginario e la reincarnazione, per come hanno provato a vendermela, ha margini d’aleatorietà che trovo inaccettabili. Da gamer quale sono e sempre sarò, una volta giunto ai titoli di coda vorrei piuttosto un new game plus della mia esistenza, per rivivere la vita con la consapevolezza fin lì acquisita, per cogliere quelle occasioni che non avevo capito di avere e per dire di no a quelle che invece ho colto, sbagliando.
Dopo una sessantina d’ore nel mio secondo giro a Elden Ring mi sono accorto di quante cose ho ignorato nella mia prima run, che pure avevo affrontato con grande impegno. Quattro dungeon, una prigione, un paio di NPC e tre questline: e sì che mi mancavano due trofei al Platino!
Traslando una volta di più il concetto alla vita vera, quanti contenuti extra mi sono perso finora e mi perderò in futuro? Ho giocato bene le carte che il destino mi ha messo in mano? Guardando quello che ho ottenuto finora nel lavoro e negli affetti, risponderei di sì. Ma è il massimo che potevo ottenere? Avrei potuto fare di più? Senz’altro sì... si può sempre fare di più.
Ma ci sarebbe un solo modo per scoprirlo: ricominciare da capo e scoprire tutti i finali alternativi che il destino aveva preparato per me. Come in ogni videogame ci sono snodi narrativi ineluttabili, passaggi obbligatori che trascendono il nostro controllo; ma prima e dopo di essi c’è discrezionalità, c’è libero arbitrio. Rivivere al meglio quel che sono stato, sperimentare ciò che non sarò mai: è una prospettiva così intrigante che mi domando per quale motivo nessuna religione ci abbia pensato prima. Sarà che gli ecclesiasti non sembrano grandi giocatori...
Ma quanto potrebbe andare avanti questo gioco prima di venire a noia? Quanti NG+ può realisticamente offrire una vita prima di divenire una prigione dorata? Tra chi sostiene che il destino sia uno solo e immutabile, e chi invece afferma che ognuno ne è padrone, ci dev’essere un punto d’incontro. E sembra quasi che Elden Ring ce lo dica lui per primo, se è vero di NG+ ne ha non uno ma sette.
Basterebbero allora sette giri di giostra a esplorare a fondo tutte le possibilità che ho avuto e che avrò? A platinare la vita chiudendo col best ending? Difficile dirlo ma a ben guardare questi sono esercizi mentali, fantasticherie da gamer: sul cabinato c’è posto per una sola monetina e al game designer che sta nell’alto dei cieli, chiunque egli sia, piace creare esperienze più difficili di quelle di Miyazaki.