Elden Ring non è difficile, è tutto il resto a essere troppo facile
Vediamo perché Elden Ring è tutt'altro che inaccessibile o difficile.
L'uscita di un nuovo titolo From Software riaccende sempre una vecchia discussione, tutta improntata verso la destinazione a un pubblico più ampio e costruita attorno a due elementi fondamentali: l'accessibilità e la tanto richiesta easy mode. Questa discussione parte dal preconcetto che qualunque opera partorita da Hidetaka Miyazaki sia un concentrato di pura malvagità e che, sotto sotto, lui goda nel veder soffrire i vari malcapitati che si sono ritrovati nelle terre di Lordran, Yharnam o nell'Interregno.
Sono tanti gli articoli e le discussioni online incentrate su questo argomento, e quasi sempre trovano alla base un grido d'aiuto, una richiesta di maggiore chiarezza e semplicità da parte delle meccaniche di gioco nonché un minor livello di difficoltà (perché diciamocela tutta, in fin dei conti è questo ciò che vorrebbe chi accende queste discussioni).
La nostra analisi va invece in tutt'altra direzione, mettendo il punto su una difficoltà necessaria in tutti i sensi per una tipologia di prodotto che si distingue dalla massa e soprattutto destinata a una parte di pubblico che di fronte alle avversità non si arrende e imperterrita decide di proseguire.
Elden Ring è un titolo perfetto? Ovviamente no, soffrendo degli stessi problemi che affliggono i soulsborne sin dal 2009, tra telecamera ballerina, compenetrazioni mortali e la poca chiarezza delle quest. Se sulle prime due potrebbe essere una buona idea cominciare a far pesare queste mancanze anche in fase di recensione, visto che sono passati più di dieci anni dalla loro apparizione, sulla terza si può discutere ed è forse da questo punto che si dovrebbe partire: Elden Ring è davvero difficile?
Come molti di voi già sapranno, la risposta è un secco no. Nessun gioco è mai veramente "difficile" in senso stretto e men che meno i titoli From Software, facilmente apribili come una lattina se si usa l'unico strumento necessario: la testa.
Se c'è una cosa che Elden Ring riesce a fare (vale per tutti souls, ma concentriamoci su questo) è rendere il giocatore direttamente partecipe non solo delle vicende ma anche delle viscere del sistema stesso, per comprenderne la parametria e ingegnarsi per affrontare le difficoltà che gli vengono poste davanti. Il senso di sfida e di appagamento che ne derivano sono fra i motivi del successo di From Software, anche perché nel frattempo il mercato si è terribilmente appiattito.
Il mondo videoludico è fatto di mode, e nell'ultimo periodo abbiamo avuto quella degli open world portata avanti da una miriade di titoli molto simili tra loro, ma sono pochi quelli che hanno trovato davvero una quadra. L'originale Assassin's Creed ha sicuramente aperto un filone creativo che ritroviamo tutt'ora, vasti ambienti in cui trascorrere decine di ore, forse anche centinaia, dove galoppare tra i punti di interesse alla scoperta di chissà quale nuova struttura o nemico.
Anche l'ultimo lavoro di Guerrilla Games, Horizon Forbidden West, fa parte di questo filone di opere aperte a un pubblico che sia il più ampio possibile, anche perché fallire con un tripla A di questi tempi non è un'ipotesi sostenibile. Da quando questa tipologia di Open World è comparsa, sono stati rari i casi in cui abbiamo incontrato qualcosa di formidabile, quella variazione in grado di rendere unico l'ambiente di gioco, non perché, per una volta, quantità ha fatto rima con qualità, ma perché si è riusciti a dare un senso alle ore investite sul titolo.
La qualità del tempo speso in un'opera è un concetto che è cominciato a emergere negli ultimi anni e sicuramente Elden Ring è quello che detiene il rapporto più alto. Ma questo dato è stato raggiunto semplicemente perché gli elementi a schermo sono innumerevoli? No o almeno, non soltanto per quello, ma perché è lo stesso giocatore a scoprire nuove aree o a capire come entrare in un palazzo all'apparenza inaccessibile.
Questo non accade solo per la ovvia mancanza di indicazioni ma perché è il gioco stesso a venirci incontro grazie all'ottimo level design, suggerendo ad esempio cosa potrebbe nascondersi sotto dei rami sporgenti. In realtà, la mancanza di indicazioni non è nemmeno poi tanto veritiera: anche quando la la mappa di gioco è interamente vuota, sono segnati i punti dove è possibile recuperarne i frammenti e una volta acquisiti basta un pochino d'attenzione per trovare da soli i punti di interesse principali. Eppure perché tutto ciò viene visto da una parte di pubblico come qualcosa di negativo?
Nel campo del design l'ergonomia è il concetto chiave per cui si predilige una struttura semplice da utilizzare e da comprendere. Eppure, a volte ci si affeziona a qualcosa di tremendamente complicato o si odia qualcosa che invece è molto intuitivo. Il concetto di "esperienza" è fondamentale ed è quella che permette di percepire come piacevole da utilizzare qualcosa che in realtà non lo è.
Vale ovviamente anche tutto il discorso contrario, ma è fondamentale per capire come perché tutti gli spigoli dell'interfaccia di gioco e le varie mancanze del menu non vengano nemmeno percepite da chi è ci si immerge, proprio perché l'esperienza percepita è comunque piacevole. La questione design e percezione sarà magari argomento per un altro articolo, ma andando avanti, possiamo associare le esperienze alle abitudini e se si è abituati a un determinato approccio, ormai quasi teleguidato in molte opere, è abbastanza palese come di fronte a Elden Ring ci si possa trovare un po' a disagio.
L'ultimo lavoro From Software ha dunque bisogno di indicazioni più chiare per far capire al giocatore dove andare? Elden Ring fa di tutto per venirci incontro, già a partire dai Luoghi di Grazia in grado di indicarci il Lord più vicino e la direzione da intraprendere. Come se non bastasse, possiamo anche utilizzare oggetti chiamati "Mimic Grace", che fanno esattamente la stessa cosa qualora ci trovassimo dispersi in mezzo al nulla. Abbiamo una mappa molto precisa su cosa sia possibile trovare e molto spesso basta solo un minimo di accortezza per scorgere qualcosa che sembra davvero nascosto. Non dimentichiamo poi le quest e i vari NPC, in grado di indicarci vcoalmente la via da seguire o come arrivare in determinate zone. Non avviene sempre, ma la maggior parte delle volte possiamo facilmente intuire dove andare.
Dunque, a livello esplorativo, si può stare abbastanza tranquilli e vivere in serenità un'enorme mappa di gioco anche se non vi sono indicatori sopra (che possiamo comunque aggiungere manualmente). Ma ora arriviamo alle quest. Elden Ring è titolo From Software più intricato a livello narrativo, con tante storie diverse che vanno intersecandosi come i rami dell'Albero Madre. Anche i vari NPC fanno parte di tutto ciò, ma da Demon's Souls ne hanno fatta di strada!
Mai come in questo caso le espressioni e dialoghi sono chiari, almeno nella maggior parte dei casi. Tralasciando qualche pezzo del puzzle di Nepheli, per il resto è possibile ricorstruirlo dedicando un po' d'attenzione in più rispetto a ciò cui giochiamo abitualmente. Avere il famoso "diario delle quest" non sarebbe male, sia chiaro, anche perché a causa della sua stessa natura, una tale vastità di dialoghi e suggerimenti può essere persa di vista.
È qui che i segnalini sono di vitale importanza e questo ci porta a un altro punto: la difficoltà in senso stretto. Non c'è modo di girarci intorno: Elden Ring è il lavoro From Software più semplice in assoluto, non perché basta dare un paio di colpi ai boss per sconfiggerli ma perché abbiamo tutti gli strumenti possibili per affrontare ogni avversità. È il gioco che vuole aiutarci in tutti i modi, dalla costruzione delle build alla libertà esplorativa concessa: Elden Ring ci parla costantemente, bisogna solo saper e voler ascoltare. È così che esplorando tutti gli asset a disposizione si può capire come l'effetto sanguinamento sia tra gli status più potenti o che la stregoneria "è rotta" come sempre. Il bello, è che tutte queste informazioni sono presenti nelle varie descrizioni degli oggetti.
Dunque, si può tranquillamente esplorare senza perdere un contenuto e abbiamo tutti gli strumenti per affrontare ogni avversità. Ma avere tutto ciò per molti giocatori a quanto pare non è abbastanza. Ricollegandoci all'inizio dell'articolo, ogni lancio di un titolo From Software è accompagnato dalla richiesta di una easy mode o per lo meno, una selezione della difficoltà. Ovviamente, è una richiesta che ha poco senso e il perché va ben oltre "la scelta autoriale". Bandai Namco ci marcia un po' sopra, trasformando la presunta difficoltà in uno slogan di puro marketing eppure il "prepare to die" è quanto di più necessario in queste opere, e tutto ciò è spiegabile con un paragone motoristico.
Assetto Corsa è l'unico simulatore di guida arrivato su console, giocabile con un pad ma che esprime il suo meglio solo attraverso un'ottima accoppiata di volante e pedaliera. Chi arriva da anni di Need For Speed potrebbe trovarsi in difficoltà per via della complessità mostrata, dal dosaggio dei pedali all'imparare vere e proprie tecniche di guida per girare su tempi record. Nonostante l'impegno però, molti utenti si ritrovano con un pugno di mosche, non riuscendo mai a stabilire il tempo necessario per trovarsi nei primi posti in griglia o, più semplicemente, non riuscendo a rimanere proprio in pista. In questo caso, è più facile criticare Kunos Simulazioni sull'accessibilità all'esperienza di guida, oppure rendersi conto che semplicente bisognerebbe impegnarsi di più?
Elden Ring è una super car, non nel senso "elitario" del termine quanto nell'attenzione che serve per trarne il massimo. È impossibile approccciare una McLaren Senna se per anni si è guidato una Panda e alla stessa maniera; si può aver difficoltà con l'ultima epopea From Software se si viene da anni di titoli in cui si è letteralmente accompagnati per mano. Quel che serve è rimboccarsi le maniche e imparare, investendo sì del tempo extra ma che sarà ampliamente ripagato con un'esperienza unica nel suo genere. Nella vita nessuno ci regala nulla, però in campo videoludico è possibile scegliere cosa affrontare in base alle proprie preferenze. Elden Ring è un'esperienza rivolta a un pubblico che ha voglia di mettersi in gioco.
Mettiamo il caso che Miyazaki impazzisse e decidesse di aggiungere la selezione della difficoltà. Cosa affronterebbero i giocatori che hanno deciso di utilizzare una easy mode? Probabilmente solo il 10% del titolo. Sì, arriverebbero ai boss con molta semplicità (è già così con le Statue di Marika ma soprassediamo) e li sconfiggerrebbero con un paio di colpi per cui sì, la maggior parte del pubblico arriverebbe ai titoli di coda, ma che esperienza ne trarrebbero? Come sarà il ricordo dello scontro con una divinità?
Ognuno è libero di approcciare il titolo come crede e anche questo è il bello di Elden Ring, ma la modalità facile appiattirebbe il tutto: per prima cosa non ci sarebbe bisogno di imparare il moveset dei nemici, completando gli scontri senza letteralmente aver fatto tesoro degli insegnamenti acquisiti; non si utilizzerebbero tutti gli strumenti messi a disposizione dalla software house, che diverrebbero semplici orpelli decorativi, e soprattutto si diventerebbe incredibilmente potenti in pochissimo tempo, distruggendo anche il tessuto narrativo.
La difficoltà nell'affrontare Malenia ad esempio è la chiave di volta per capire Elden Ring e il perché non serva una easy mode: è un boss terrificante ma altamente leggibile, con molti frame di preparazione agli attacchi che permettono di difendersi con prontezza, uno status molto potente ma che è possibile aggirare, e dotato anche della rigenerazione della salute. Sembra qualcosa di insormontabile, soprattutto nella fase di "Dea della Marcescenza", eppure si può sconfiggere molto facilmente ("rompere" in gergo) una volta capiti i meccanismi. Quello di comprendere il gioco concetto chiave dei titoli From Software, e Elden Ring non è da meno.
Serve completa partecipazione da parte del giocatore, "si gioca con il gioco" e non è il gioco a giocare per noi. Si è sempre parlato di un Elden Ring capace di dettare una nuova linea per i futuri open world riguardo numero e qualità dei contenuti ma forse è proprio dalla difficoltà che bisogna prendere ispirazione, non in senso parametrico di danno subito e inflitto, quanto più nel rendere il giocatore parte integrante delle sfide che dovrà affrontare, portandolo a ragionare su come superarle. In poche parole, non è che i giochi From Software sono difficili, è che tutti gli altri sono troppo facili.