Enslaved
Abbiamo giocato il secondo livello e vi diciamo che…
Esistono dei modi di dire che lasciano intendere che un costante lavorio ai fianchi possa portare a risultati migliori rispetto a brutali dimostrazioni di forza. Un rappresentante in ambito videoludico di questo detto è forse “la goccia scava la roccia”, che ben riassume la politica adottata da Namco Bandai negli ultimi mesi per quanto riguarda Enslaved.
Il gioco dei Ninja Theory, infatti, non è stato finora oggetto di campagne di marketing poderose ma il lento stillicidio di news, screen, video e anteprime, ha alzato in modo innegabile e graduale l’asticella dell’hype di tutti gli appassionati di action in terza persona, nonché di coloro che ripongono tuttora grande fiducia negli sviluppatori di Heavenly Sword.
L’attenzione che Eurogamer.it ha da sempre riservato a questo titolo le è valsa un hands-on esclusivo, avvenuto nella giornata di ieri, e del quale trovate qui di seguito un dettagliato resoconto.
Seguendo questo articolo di pochi giorni l’ anteprima scritta dal buon Mottura, successiva alla trasferta di Barcellona, eviteremo di spiegare nuovamente la trama e il contesto in cui avranno luogo le gesta di Monkey e Trip, i due protagonisti.
Il livello che abbiamo avuto modo di giocare è stato il secondo, nella sua versione per Xbox 360. Allo stato attuale, com’è facile immaginare, gli spazi per i miglioramenti sono ancora molti, per cui è stato senza una particolare sorpresa che ci siamo trovati di fronte a un motore grafico capace di offrire buoni risultati in termini di frame rate, tranne alcuni visibili rallentamenti nei campi lunghi. Tolto questo però, come già osservato, quello che ha impressionato di Enslaved durante la nostra prova sono state l’originalità delle ambientazioni e soprattutto le palette cromatiche scelte dagli sviluppatori.
Per una volta, infatti, pur essendo la base di partenza il solito e abusatissimo Unreal Engine, i Ninja Theory ci regalano un gioco contraddistinto da colori vividi e saturi, che ben rendono la forza e la rigogliosità della natura che si è rimpossessata degli spazi lasciati vuoti da un’umanità sull’orlo dell’estinzione.
È quindi in una lussureggiante New York, che ci offre uno scorcio della Grand Central Station quasi ricoperta dalle piante, che abbiamo preso il controllo del gioco. Dopo un breve dialogo il muscoloso e brutale Monkey e la fragile ma intelligente Trip si trovano ad affrontare la loro prima insidia, rappresentata da un robot di guardia a uno spiazzo, armato di mitragliatore.
Monkey intima a Trip, nascosta dietro a un riparo, di spostarsi in un luogo più protetto ma questa, visibilmente terrorizzata, si rifiuta di farlo. Il protagonista (potremo controllare solo lui, infatti) decide allora di prendere in mano la situazione andando a combattere con la sentinella. Una volta distrutta, arrivano altre due ondate di robot, che si possono facilmente sistemare con le mosse a disposizione. Oltre a salti e schivate, Monkey dispone infatti di attacchi leggeri (tasto X) e pesanti (tasto Y), da alternare in combo devastanti. Tenendo premuto il tasto X, invece, si può caricare un colpo elettrificato che, se a segno, lascerà storditi i nemici robotici per qualche secondo.