Eyes in the Dark, la Recensione
Riuscirete a fare luce sui segreti di famiglia?
In tempi recenti le produzioni indie sono finalmente tornate sotto i riflettori che meritano, e questa ritrovata attenzione ha fatto sì che anche i giocatori meno informati potessero venire a conoscenza di piccoli capolavori in grado di allietare le serate pad o mouse alla mano. Nella maggior parte dei casi accade ormai che piccoli team di sviluppo si affidino alle mani di publisher affermati, che sanno riconoscere un potenziale successo in cerca di un grande bacino di utenza.
Basti pensare ad Annapurna e Devolver Digital ad esempio, compagnie che hanno portato produzioni anche minute in primo piano, con il risultato che la maggior parte di esse è riuscita, oltre a ricevere ottime ed entusiastiche recensioni da parte della critica, anche ad entrare nel cuore di molti giocatori. Tra i publisher dall’occhio lungo possiamo annoverare anche Gearbox Publishing, conosciuto anche come il grande editore dietro giochi del calibro di Bordelands, Brothers in Arms e del meno fortunato Battleborn.
Lo studio texano ha deciso di puntare su Under the Stairs, un team composto da pochissime ambiziose menti al debutto nel panorama videoludico con Eyes in the Dark. Quest’ultimo è un platform/roguelike, meglio definito dallo studio stesso come un “roguelight”, un'arguta classificazione per un gioco basato sull’utilizzo della luce come arma principale.
In questa graziosa avventura ci siamo calati nei panni della giovane Victoria Bloom, una ragazzina che ha ricevuto una lettera dal nonno che la pregava di farle visita al proprio maniero. Le cutscene iniziali, proposte come un vecchio film d'animazione in bianco e nero, delineano quello che sarà lo stile 2D di quest'opera cartoonesca e apparentemente oscura. Non trovando il nonno ad aspettarci al cancello come promesso dalla lettera, ci si addentra dunque nella villa, che è completamente al buio e fitta di misteri.
Per farsi strada all’interno dell’enorme abitazione l’unico strumento a nostra disposizione è una torcia in grado di illuminare il buio, consentendo così a Victoria di proseguire tra le gigantesche stanze del maniero. L’impatto con il sistema di comandi è un po’ spiazzante, in quanto il team ha optato per uno schema che, sia per la tastiera che per il pad, risulta piuttosto scomodo. Con le impostazioni di default nelle prime stanze dovrete perdere qualche minuto per riuscire a trovarvi a vostro agio, ma fortunatamente potrete sempre modificare la mappatura dalle impostazioni.
Dopo aver preso dimestichezza con il sistema di salti e di posizionamento della torcia, scoprirete che i piccoli ragni e insetti che si nascondono nel buio e che tentano di attaccarvi sono i veri padroni di casa e tengono il nonno in ostaggio nei piani superiori della villa. Il caro nonnino, prima di sparire nel buio tra le grinfie di un insetto dalle dimensioni mastodontiche, ci lascia un dono in grado di portare a termine questa missione di salvataggio familiare: un orologio in grado di riavvolgere il tempo.
Quest’ultimo e la torcia sono i due e unici elementi su cui si basa l'intera struttura di Eyes in the Dark, determinandone il funzionamento in quanto roguelike. I nemici sono esclusivamente insetti, come ragni e più fantasiosi millepiedi di svariate dimensioni, che possono essere sconfitti solamente con la luce della nostra torcia, di una lampada o dei fiammiferi. Si tratta di strumenti che possono essere potenziati raccogliendo cristalli di luce una volta sconfitte le creature, che aprono a un sistema di pile in grado di ustionare o fornire un maggior raggio di azione.
Come in ogni esponente del genere che si rispetti, anche in Eyes in the Dark si procede in stanze create proceduralmente, ed i boss principali chiamati Guardiani si annidano alla fine di esse, in fondo ad aree quali l’atrio, il salotto ed il giardino. Non mancano ovviamente i mercanti, che per mezzo della valuta di gioco possono darci la possibilità di recuperare la salute o di ottenere upgrade per la torcia tra una stanza e l’altra. In caso di “morte”, senza alcuna sorpresa, ci si trova costretti ad iniziare nuovamente il nostro vagare all’interno del maniero, in stanze diverse ma con gli stessi spietati insetti ad attenderci.
L’orologio sopracitato non ha alcun impiego vero e proprio nelle prime fasi di gioco, ma si inserisce come espediente sistemico dell’avventura; quando la barra della salute si esaurisce, questo ci riporta indietro nel tempo. Superato il primo capitolo, le meccaniche di gioco tendono a diventare leggermente più elaborate, con la comparsa di ulteriori upgrade ma anche l'insorgere di diversi malus. L’opera di Under the Stairs propone infatti, superato il primo Guardiano, un sistema di doni piuttosto frequenti che saranno costantemente affiancati da un tratto casuale atto a metterci in difficoltà.
Nonostante tutto, l’avventura di Victoria è molto piacevole da vivere e scoprire, ed ogni stanza principale è in grado di offrire qualche chicca sulla storia della famiglia Bloom e riguardo il destino della piccola erede. L’esperienza non è particolarmente ostica ed una difficoltà equilibrata rende piacevole saltellare tra una piattaforma e l’altra abbrustolendo ragni e altri insettoidi. Trattandosi di un titolo dalla durata di una manciata di ore non ci addentreremo oltre sulle possibili varianti e sul sistema di potenziamenti delle armi, ma soprattutto lasceremo a voi il piacere della scoperta dei segreti che si celano all’interno del Manor Bloom.
La scelta del bianco e nero è sicuramente azzeccata, rimarcando il fine ultimo del gioco: fare luce sulla propria famiglia e sconfiggere l’oscurità, allontanando i mostri e svelando i segreti che affollano la villa. Il genere a cui appartiene Eyes in the Dark è ormai più che popolare, e gli sviluppatori che decidono di perseguire questa strada si trovano quasi sempre costretti a introdurre qualcosa di originale per distinguersi e catturare l’attenzione.
Under the Stairs, in questo senso, ha mescolato le tradizionali meccaniche di proceduralità e morte permanente aggiungendo la componente tipica del platform 2D, che non certo una novità assoluta ma che rende il gioco più particolare agli occhi degli appassionati. La dimensione artistica e la fluidità del gameplay, che non scade quasi mai nel frustrante (imputabile solamente allo schema di comandi), rendono Eyes in the Dark un titolo delizioso a vedersi e piacevole da giocarsi.
Le meccaniche sono tanto semplici quanto il sistema di upgrade e, seppur non ci siano elementi di gameplay enormemente innovativi o particolarmente intricati, il titolo di debutto del piccolo team è riuscito nel suo intento. Certo, se il vostro pane quotidiano sono prodotti del calibro di Hades o Dead Cell, Eyes in the Dark non vi offrirà certo quelle sensazioni di sfida, di profondità e soprattutto di soddisfazione nel mettere ko il boss di turno, e non troverete un ragionato e complesso albero delle abilità né un ventaglio di infinite opzioni.
Ma se siete alla ricerca di un’avventura tanto breve quanto piacevole, vi consigliamo di spendere qualche ora per calarvi nei panni di una ragazzina risoluta, volenterosa di scoprire il mistero che avvolge la sua famiglia, armata di torcia e di tanta determinazione.