F.E.A.R. 2: Project Origin
Niente paura.
Pochi gli elementi narrativi di cui discutere, con visioni e cut scene alternate a un buon numero di registri collezionabili utili per carpire preziose informazioni sulla vicenda in progress e sul sinistro destino di Alma. Un po’ come in BioShock, per intendersi. La sensazione resta quella che Monolith abbia creato un setting quasi ex novo, non interessandosi tuttavia di darne una spiegazione accurata e coerente con ciò che fino ad oggi ha caratterizzato l’universo F.E.A.R. in nessun modo. Si è puntato maggiormente sulle sensazioni rispetto alla descrizione di quanto visibile agli occhi del protagonista. Un’ulteriore dimostrazione di tutto questo, arriva dalla presenza dei devastanti esoscheletri dei quali ci si potrà servive una tantum: non si dovrà fare altro che sedersi al loro interno e annientare qualunque cosa si stia muovendo nelle immediate vicinanze, senza capire fino in fondo “il perché” della presenza di una determinata tecnologia in un contesto che non spiega e non lascia intendere nulla in riferimento alla trama.
Il multiplayer consentirà di prendere parte a quattro differenti modalità di gioco, distribuite su un totale di sei mappe selezionabili. La presenza di una struttura a punti, che incide sull’opportunità di acquistare qualunque arma o di equipaggiare gli oggetti, si è rivelata molto interessante, bilanciando di fatto le alternative a disposizione e costringendo ad operare delle inevitabili scelte tattiche, interagendo con i compagni.
Tornando al single player, va detto che F.E.A.R. 2 non brilla certo per la libertà lasciata al giocatore. Si tratterà una volta ancora di claustrofobici corridoi (alternati ad altri corridoi), con un gameplay totalmente sui binari e un susseguirsi di situazioni tutte uguali. Nulla di male nell’avere il più classico dei sequel copia/incolla, se non fosse che “altri” abbiano quantomeno migliorato determinati aspetti (quello tecnico per esempio, con un F.E.A.R. 2 che non muove un passo rispetto al predecessore) e introdotto qualche piccola novità che non può ridursi agli esoscheletri di cui sopra.
Ombre (tante) e luci (poche) su questo Project Origin, esattamente come trasmesso dai suoi enigmatici, desolati e tetri livelli. Il sistema di combattimento si è dimostrato solido (del resto, è rimasto tale e quale al primo) ma le buone impressioni vengono offuscate dalla scarsa varietà di situazioni, dalle poche novità e da una gestione degli eventi (uno dei vecchi punti di forza) che non convince per nulla. Se state cercando uno sparatutto in soggettiva “classico”, tutto azione e niente più, date pure un’occhiata. Se aspettavate invece il sequel capolavoro dell’ottimo titolo che fu, passate oltre.