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Facebook acquista Oculus VR: il parere della redazione

Chirichelli, Cozzi, Dal Corno, Fantoni in un editoriale a otto mani da non perdere.

Non sono passati nemmeno due mesi dall'annuncio shock dell'acquisto di Whatsapp da parte di Facebook e siamo di nuovo qui a parlare tutti della lista della spesa di Mark Zuckerberg. L'argomento è ovviamente la notizia diffusa ieri: Facebook si compra Oculus VR, il piccolo studio dietro il famosissimo Oculus Rift.

Poco dopo l'annuncio, la rete è esplosa e il giudizio quasi unanime è una sonora bocciatura della cosa. C'è chi si chiede cosa succederà all'ambizioso progetto di realtà virtuale e chi che cosa intende farci Facebook.

Anche noi di Eurogamer ci siamo interrogati sulla questione, ma la cosa era troppo grossa perché uno solo di noi potesse analizzare e discutere ogni aspetto. Per cui ecco il pensiero di ben quattro delle firme che conoscete bene, ognuno con le proprie idee e opinioni a riguardo. Per scoprire con chi sarete maggiormente d'accordo, iniziate subito a leggere!

Andrea Chirichelli

Prima Instagram, poi Whatsapp, ora Oculus Rift. Domani Nintendo?

L'acquisizione per 2 miliardi di dollari di Oculus Rift da parte di Facebook ci racconta tante storie. Quella, ad esempio, di Palmer Luck-ey (nomen omen verrebbe da dire), neo miliardario, che conferma che nella Silicon Valley il sogno americano si avvera più frequentemente che da altre parti.

Oppure quella di John "Doom" Carmack, che molla id software per avere più libertà creativa e per tentare una nuova strada professionale e finisce obtorto collo alle dipendenze di Zuckerberg, uno che magari dieci anni fa smanettava proprio con i giochi ideati dal suo nuovo impiegato.

E che dire dei novemila e rotti finanziatori via Kickstarter, che permisero al progetto di diventare realtà con oltre 2 milioni di dollari (milioni eh, non miliardi) di donazioni "a babbo morto" effettuate e che ora si ritrovano cornuti & mazziati?

Nonostante abbiano dimostrato lungimiranza, non sono considerati investitori e non otterranno nulla dalla mega-transazione con in più la beffa di aver pagato per un progetto che, ovviamente, sarà poi ben diverso da quello per il quale avevano sborsato denari. Il New York Times già garantisce che il nuovo visore sarà brandizzato Facebook, tanto per iniziare.

Ora, io non ho la più pallida idea se Oculus by Facebook sarà un successo o meno, se creerà una domanda in un mercato che da anni (anzi, più precisamente dalla morte di Steve Jobs, che se fosse stato in vita forse avrebbe fatto un'offerta pari se non superiore a quella dello Zukko) non vede una vera e radicale innovazione.

Quello che so per certo è che, anche stavolta, si è dimostrato con palese evidenza che tutto e tutti hanno un prezzo e che ogni affermazione inerente l'indipendenza, l'essere contro le multinazionali, i padroni cattivi, il grande fratello eccetera eccetera è sempre più condannata a restare, appunto, lettera morta.

Mattia Dal Corno

Mi ricordo ancora il mio primo contatto con la realtà virtuale: era il lontanissimo 1993 e, durante un viaggio a Londra, andai apposta in una famosa sala giochi vicino a Piccadilly Circus per provarla.

L'Oculus Rift, la migliore esperienza di realtà virtuale che sia mai stata creata.

2 sterline per una manciata di minuti in cui, con un pesantissimo caschetto in testa, combattevo a bordo di un carro armato contro degli orrendi ammassi di poligoni (terribili pure per la grafica del tempo). Da quel momento in poi sono sempre stato moderatamente scettico sul questa tecnologia, perché se da un lato riconosco il fascino di avere la possibilità di ruotare la testa e vedere il mondo del gioco che segue il mio movimento, dall'altro la trovo una cosa scomoda e che penso mi stancherebbe molto velocemente (un po' come il 3D).

L'acquisto di Oculus quindi non mi tocca troppo, ma come appassionato del mondo dei videogiochi ammetto di esserne intrigato. Mi piacerebbe sapere quanto l'annuncio del Project Morpheus di Sony possa aver dato la spinta decisiva a un accordo che sicuramente era da tempo quantomeno possibile ma che è diventato realtà casualmente poco dopo l'arrivo del primo, serio concorrente.

Il risultato sicuro è che ora Oculus ha una quantità di soldi che è qualche ordine di grandezza maggiore rispetto a prima, e questo porterà degli enormi benefici sia allo studio che al loro visore. E, di conseguenza, è probabile che il prodotto finito possa arrivare sugli scaffali non solo prima, ma con anche una buona spinta pubblicitaria. Cosa che si potrebbe rivelare decisiva nello stabilire il successo o il fallimento del visore.

Personalmente, poi, ritengo sostanzialmente inutili le lamentele contro Facebook per la questione privacy: intanto perché il 90% di chi le fa ha un account su quel social network e quindi già di suo condivide il condividibile. Poi perché oggi siamo spiati in tutto, dalla mail ai click che facciamo, dagli acquisti online agli spostamenti: se anche Facebook scoprisse che oggi ho passato due ore a esplorare Rapture con l'Oculus Rift in testa, cosa mi cambierebbe?

Quindi per me questa acquisizione è stata un'ottima notizia perché darà forza e visibilità a un prodotto estremamente interessante. E chissà, se Zuckerberg e i suoi ingegneri sapranno trovare un giusto modo per dare una vita "social" al Rift, le cose potranno diventare davvero interessanti anche al di fuori del mondo gaming.

Lorenzo Fantoni

Sul momento il mio spirito libero ha tremato: scoprire che Facebook si era comprato Oculus Rift è stato come vedere il logo della Nestlé sul Dalai Lama. Poi mi sono detto che, tutto sommato, ogni tipo di analisi è al momento un gesto prematuro.

Markus 'Notch' Persson è il primo personaggio pubblico a lanciarsi apertamente contro il 'nuovo' Oculus VR. Chi sarà il prossimo?

Da un lato abbiamo Notch che gioca a fare la Cassandra, ricordandoci che Facebook non ha alcun interesse nel mondo dei videogiochi, ma solo nell'accumulare utenti, per poi utilizzarli come meglio crede.

Ricordiamo anche che Facebook è la stessa società che prima si è fatta notare come piattaforma di pubblicità quasi del tutto gratuita per le aziende, salvo poi cambiare i propri meccanismi per obbligare a pagare per farsi vedere sul serio. È il mercato, bellezza.

Dall'altra non posso fare a meno di pensare che questi dollari permetteranno alla società di svilupparsi come meglio crede (se le parole del suo co-fondatore Palmer Luckey non si riveleranno quelle di un politico navigato), evitando che sia costretta a castrare i propri sogni di gloria per colpa del budget, e magari darsi una mossa, che io il prossimo Skyrim vorrei giocarlo indossando con un casco, grazie.

In fondo Instagram, dopo l'acquisizione, non è cambiata molto. Certo, Instagram non è un visore per la realtà virtuale, ma forse è soltanto un bene che un investitore così mainstream come Facebook decida entrare in quella che sembra essere solo una nicchia.

In fondo, torniamo sempre alla grande livella, sono solo strumenti, dipenderà tutto da ciò che faranno gli sviluppatori, non Facebook. Un mouse è un mouse, che ci si giochi a Doom o a Candy Crush.

Tanto nessuno aveva mai immaginato Oculus Rift solo come un oggetto dedicato al gaming, basta pensare a cosa potrebbe venirne fuori in campo medico o progettuale.

Certo, lasciare tutto in mano a gente che ci ha messo anni ad aggiustare una chat, e non c'è riuscita neppure tanto bene, dà da pensare.

Emilio Cozzi

«Fuoco e zolfo che piovono dai cieli, morti che escono dalle fosse, cani e gatti che vivono insieme, masse isteriche». «Basta ho il panorama» rispondeva il sindaco di New York ai Ghostbusters, chiamati nel 1984 a descrivergli le proporzioni bibliche del disastro imminente. Ebbene, a parte i poveri investitori kickstarteriani, l'acquisizione di Oculus VR per mano di Facebook è una gran cosa. O forse no. È il peggio del peggio.

La confezione in cui arriva l'Oculus Rift. Chissà se rimarrà grigia o prenderà il blu di Facebook….

Spieghiamoci: nel 2010 Ernest Cline pubblicò Player One, best seller da "New York Times" subito opzionato da Hollywood e tradotto anche in Italia (per i tipi di Isbn, col titolo Ready Player One, 2011). Nel romanzo il mondo, tutto, vive (e muore) in Oasis, un universo sintetico fruito attraverso interfacce aptiche, visori 3D e via di un armamentario che a pensarci oggi è già meno fantascientifico.

Inutile aggiungere che in origine Oasis fosse il solito MMORPG, poi tramutatosi in una vita parallela e ben più allettante di quella reale, soprattutto in un'era sfinita da crisi energetiche, disoccupazione virulenta e mille altri disastri.

In molti devono aver pensato a Oasis appena appreso dell'acquisto di Zuckerberg. Il primo ad averci pensato, e non per scherzo, potrebbe essere stato proprio il tycoon riccioluto, di cui le intenzioni sono rimbalzate sul web poche ore dopo lo shopping: a suo dire, la joint venture rivoluzionerà non solo il gioco - chi spenderebbe 2 miliardi di dollari per guardare Farmville in 3D -, ma la comunicazione tout court, le pratiche sociali, l'intrattenimento, la didattica, l'educazione. Appunto, il mondo.

Il che, si scriveva, potrebbe essere una cosa ottima per tanti motivi:

1) Per i giocatori. Mai come ora Oculus Rift ha avuto la possibilità di imporsi come tecnologia massiva. Un ragionamento che dev'essere stato alla base della scelta di Luckey Palmer e John Carmack, tizi che si dedicano all'innovazione, quella vera, da anni, seriamente e senza troppi grilli per la testa, fossero anche a 6 zeri.

2) Imporre la realtà virtuale all'agenda collettiva (achievement unlocked, vista anche solo la bagarre di ieri, del tutto estranea, per esempio, alla ben più consistente acquisizione di Whatsapp).

3) Rendere l'utopia degli anni 90, la realtà virtuale, realtà.

4) Esploderne le potenzialità - un'iper connessione immersiva e, in teoria, senza limiti in qualsiasi campo, dalla medicina al sesso, dalla cultura agli spostamenti - e concretizzarne di nuove che noi umani non riusciamo nemmeno a immaginare, anche alla faccia della sindrome da isolamento progressivo e digitalizzato di cui riferisce Sherry Turkle in Insieme ma soli (Codice, 2012).

Il più grande (e al momento unico) concorrente del Rift: il Project Morpheus di Sony.

5) In conseguenza del punto 3, trasformare l'uomo in Dio, un'entità digitale onnipotente, ubiqua e, almeno in teoria, onnisciente. Forse.

Forse nel senso che anche l'opposto è possibile. Come Google, Facebook non è che un advertising company. Una delle migliori di questi anni. Dal suo punto di vista, il network è tutto fuorché social: è un accumulatore di risorse, un orizzonte dove gli individui diventano utenti, patrimonio di cui sfruttare legami nuovi e pregressi, conoscenze, pratiche relazionali, saperi, quotidianità, soldi, vita.

Come un lapsus freudiano i social game l'avevano dimostrato anche prima dei virtual goods: lungi dal ribadire - o creare - rituali e spazi collettivi, gli amici (veri o presunti) altro non sarebbero che capitale umano, valore cumulabile trasferibile, ricchezza digitale, mole immane di dati con un valore. Preciso e quantificabile.

In questo contesto, l'acquisizione di un visore miracoloso - oggi - e di chissà quale altra diavoleria aptica, tattile, sessuale, medica, domani potrebbe apparecchiare la migliore delle distopie mai immaginate. Un paradiso virtuale pervasivo, brandizzato, policy-tizzato e uber controllato; basta ho il panorama, un disastro di proporzioni bibliche.

Per conseguenza l'uomo, il forse Dio, potrebbe diventare il di certo schiavo. Abbiate pazienza, ma forse l'eventualità introduce un'altra ipotesi ancora. Forse: la storia dell'uomo dimostra che ogni sistema politico alleva i germi della sua fine. Che i regimi soccombono alle ribellioni. Finché queste non instaurano regimi. E così via.

L'acquisizione di Oculus VR dimostra allora tutto e il suo contrario. Potrebbe, già domani, configurare il paradiso in terra o l'apocalisse; evocare viaggi oltre l'infinito senza muoversi o ciondolanti orde di morti che escono dalle fosse. Con un caschetto in testa.

Forse. Di certo c'è solo una cosa: la centralità dell'individuo - e non dell'utente - sarà ribadita come mai prima. A lui starà di decidere se tramutarsi in schiavo. O in Dio. E no, anche con un ritardo di soli 2 millisecondi, io non l'ho il panorama.