Fairy Tail - recensione
L'opera di Hiro Mashima prova a farsi strada nella current gen videoludica.
Uno dei segreti per una vita sana e longeva è quello di non lasciarsi corrodere dai rimorsi per ciò che si è fatto e i rimpianti per quanto non si è fatto. Tuttavia, i propri errori non vanno negati, visto che essi fanno comunque parte del percorso di crescita. E Fairy Tail, il nuovo videogioco di Gust, di errori ne ha fatti e non pochi.
Di solito, un videogioco che viene rinviato diverse volte esce fuori un po' “ammaccato” da quello che è stato chiaramente un processo produttivo pieno di contrattempi di varia natura; non a caso, l'ultimo lavoro di Gust è stato rinviato ben due volte, una delle quali a causa dell'emergenza coronavirus, che ha fatto slittare la data di uscita da Marzo a Luglio 2020.
Questo nuovo Fairy Tail sarebbe potuto e dovuto essere il primo gioco a portare questa licenza al grande pubblico di videogiocatori: in passato, abbiamo avuto diversi altri titoli ispirati all'opera di Hiro Mashima, limitati però a console portatili come Nintendo DS e PSP, oltre alle immancabili alternative del mercato mobile. La pubblicazione di un gioco multipiattaforma, a generazione videoludica ormai al tramonto, significava poter raggiungere un potenziale bacino d'utenza semplicemente enorme e ormai rodato, questo anche grazie ai precedenti di altri più che buoni titoli tie-in basati su prodotti shonen mainstream.
Fairy Tail del 2020 dà inizio alla propria narrazione senza convenevoli, mostrando a schermo le fasi finali del Tenrou Island Arc, che gli appassionati sanno essere una fase discretamente avanzata della storia. Questa decisione è curiosa e sulla carta potrebbe essere perfetta: subito dopo la sconfitta di Hades, infatti, la gilda dei protagonisti si trova davanti il terrificante drago Acnologia ed è costretta a unire le proprie forze in una potentissima magia difensiva per sopravvivere al soffio distruttivo della creatura.
Il prezzo da pagare, però, è molto alto: per ben 7 anni, i nostri eroi si troveranno praticamente “fuori dal tempo”, non invecchiando, ma senza possibilità di muoversi. Per questa ragione, al loro rientro da casa, non solo troveranno la propria base originale sequestrata a causa dei debiti e degli affitti mai pagati, ma l'intero regno avrà quasi del tutto dimenticato l'esistenza della gilda e dei suoi membri; ultimo, ma non meno importante, le organizzazioni avversarie avranno dedicato quel tempo all'allenamento e all'esperienza, diventando sempre più forti e lasciando Fairy Tail indietro.
Ed è proprio con questi presupposti che i protagonisti decidono di partecipare ai Grandi Giochi Magichi, dando inizio al Grand Magic Games Arc. Abbiamo quindi un reset dei livelli di forza giustificato narrativamente e la preparazione e svolgimento di un torneo di combattimento, il tutto all'interno di un videogioco di ruolo a turni, basato su un fantasy shonen: cosa potrebbe andare mai storto?
In realtà, purtroppo, quasi tutto. Per cominciare, il gioco offre un sunto degli eventi precedenti all'Isola Tenrou, per dare un minimo di contesto ai numerosi membri della gilda, le loro relazioni, carattere e background. Ovviamente, si tratta di un'infarinatura superficiale, più simile a uno strato di polvere, che lascia inevitabilmente indietro tantissimi eventi. Come se non bastasse, anche all'interno della trama giocabile ci si trova davanti a semplificazioni spesso drastiche di tantissime situazioni, tanto espositive quanto di combattimento.
Il motivo è presto detto, oltre che palese fin dalla prima ora di gameplay: Fairy Tail è un prodotto a basso budget, probabilmente molto più basso di quanto si possa immaginare visto il suo prezzo pieno di listino: moltissimi NPC non sono nemmeno presenti a schermo, altri ancora non sono nemmeno doppiati; fatta eccezione per le mosse speciali dei protagonisti (e anche quelle soffrono di effetti decisamente sottotono in alcuni frangenti, come nel caso degli Spiriti Celesti di Lucy, quasi del tutto assenti) le animazioni e in generale la grafica del titolo si attestano su livelli medio-bassi, con asset riciclati fino alla nausea tanto nelle ambientazioni, quanto nei modelli di personaggi non giocanti e nemici da affrontare.
Come già accaduto recentemente con Sword Art Online: Alicization Lycoris, viene genuinamente da chiedersi a che pro stiracchiare risorse e tempi di sviluppo per tirar fuori un videogioco sufficiente e fin troppo lungo per la qualità di esperienza che offre (la sola trama principale arriva fino all'Avatar arc e si attesta intorno alle 35 ore) invece di focalizzarsi su un'esperienza più densa, magari anche dimezzata in durata, ma estremamente più varia e appagante: non sempre, anzi, quasi mai “di più” è sinonimo di “meglio”.
Dal punto di vista del gameplay, il gioco offre un combattimento a turni, con i membri del gruppo (da uno fino a un massimo di cinque) schierati contro degli avversari disposti all'interno di una scacchiera. Ogni attacco offensivo è in grado di colpire il campo nemico in punti diversi e in alcuni casi con effetti secondari, che variano dai classici status alterati a una spinta o trazione eseguita sul nemico, che ne modificherà la posizione. Ognuno dei sedici personaggi giocabili (molti dei quali saranno sbloccati solo a partire da circa metà della storia) ha mosse legate a un elemento specifico, oltre che debolezze e resistenze diverse, con un approccio che ricorda vagamente i Digital Devil Saga di Atlus, ma con nemmeno un decimo della stessa profondità tattica e, soprattutto, difficoltà.
Fairy Tail, infatti, “è un pendolo che oscilla tra noia e dolore”, dove le decine e decine di mosse speciali, attacchi di squadra, Extreme e Awakened Mode, tutti rigorosamente non accelerabili nemmeno alla loro centesima esecuzione, ogni evocazione priva di modello dello Spirito a schermo e colpo combinato dalle fiamme 2D con la tendenza a scardinare il framerate del software, servono solo a dimostrare quanto l'intero gioco sia stato realizzato senza una reale idea originale a monte; ed ecco quindi che, dopo ore di noia e cervello spento a completare le classsicissime fetch quest di raccolta e sterminio per il regno di Fiore, subentra infine il dolore, una genuina sofferenza dettata dalla terribile occasione sprecata che si è rivelato essere questo titolo, tanto per i fan di lunga data, quanto per i videogiocatori curiosi di dare uno sguardo, seppur fugace, al mondo di Fairy Tail.
E si potrebbe anche esser generosi e benpensanti, credere che sia tutta colpa del coronavirus o di chissà quale altra magagna interna di sviluppo... Ma se, come è anche giusto che sia, Gust è riuscita a portare a casa dei filmati di fanservice completamente inutili ai fini narrativi, ma ben animati, curati e anche abbastanza lunghi, per poi tagliare completamente due terzi degli scontri del torneo e ridurre il famoso combattimento di Erza Scarlett contro i cento mostri a una serie di ondate di nemici statici, tutti uguali e tutti già visti, dimenticandosi anche diversi, importanti NPC per strada... è semplicemente impossibile non provare un minimo di frustrazione e rabbia. Oltre che parecchia tristezza.
Potremmo discutere ancora a lungo, accennando al sistema di equipaggiamento delle Lacrima e potenziamento del rango dei personaggi e delle strutture della Gilda, così come anche alla presenza di un endgame che riesce almeno un minimo a raggiungere un livello di difficoltà superiore a quello del mare; potremmo anche giustificare la decisione di creare un gioco di ruolo praticamente anonimo in ogni sua meccanica, ipotizzando che il target di riferimento fosse un pubblico estremamente piccolo... poi però ci ricordiamo che i videogiocatori trentenni di oggi hanno affrontato Absolute Virtue ed Emerald Weapon quando andavano ancora a scuola, senza video su Youtube o guide online a portata di clic... e anche questa giustificazione, insieme a molte altre, viene meno.
Unico aspetto davvero ben riuscito di Fairy Tail è quello audio: un doppiaggio giapponese perfettamente in-character è accompagnato da una colonna sonora gradevole, frizzante e davvero molto orecchiabile, anche durante sessioni di gioco estremamente lunghe.
Peccato per la prevedibile assenza di una localizzazione italiana, che screma ulteriormente le già esigue ragioni per un acquisto del titolo da parte di un appassionato del nostro paese.
Fairy Tail riesce a essere contemporaneamente una sorpresa e una delusione. Colpisce la decisione di non sfornare l'ennesimo picchiaduro o musou a tema, puntando a qualcosa di più vicino alle corde di un JRPG come il recente Atelier Ryza, ma delude sotto praticamente ogni aspetto, a eccezione del character design e del comparto sonoro.