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Far Cry 6 - recensione

“Una rivoluzione senza la Macarena è una rivoluzione che non vale la pena di fare.”

Ogni volta che ci troviamo a parlare di un nuovo capitolo della serie Far Cry, è quasi inevitabile cadere in una spirale di infiniti confronti che convoglia l'analisi su binari che ormai conosciamo alla perfezione. La recensione si arricchisce di paragoni con la precedente iterazione del franchise, anche perché la curiosità del lettore converge fatalmente su un'unica domanda: "ma è migliore dell'ultimo? Ne riesce a stravolgere i canoni? Insomma, è un'evoluzione, un'involuzione o magari una... rivoluzione?".

Scrutando le ragioni di questo peculiare fenomeno, che sembra riguardare la longeva saga di sparatutto Ubisoft e pochissimi altri, non ci sono particolari colpe da affidare a qualcuno. Il publisher transalpino, ormai da anni, sale in cattedra e spiega al mondo come fare del solidissimo more of the same con la serie Far Cry, cambiando poco, mantenendo molto, e arrivando alla fine della corsa con una valanga di ottime valutazioni e tante, tantissime copie vendute.

Di volta in volta, quindi, è normale che un giocatore interessato all'acquisto, magari un fan del franchise, voglia vederci chiaro sulle differenze e sulle analogie tra un capitolo e l'altro. Paradossalmente, per alcuni l'importante è che tutto cambi, affinché nulla cambi realmente.

Quale sia la vostra opinione in merito alla scelta di Ubisoft di puntare sull'usato sicuro, riciclando principi di gameplay e meccaniche di gioco, la cruda verità è che un Far Cry senza avamposti, senza un open world ricolmo di attività e senza un villain carismatico, non sarebbe nemmeno un Far Cry, e con tutta probabilità non avrebbe il successo di critica e pubblico che gli ultimi capitoli hanno saputo raccogliere. È altrettanto vero che se non fosse riuscita a innovare lì dove serve, oppure ad offrire di volta in volta qualche spunto inedito a chi tiene in mano il pad, la serie sarebbe forse già collassata su sé stessa.

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Far Cry 6, la nuova favola rivoluzionaria scritta e prodotta da Ubisoft, rappresenta la quintessenza di questo intricato meccanismo, incarnando la perfetta sintesi tra innovazione e tradizione, tra il timido conservatorismo e la smodata, impudente creatività. Ambientato nella splendida isola caraibica di Yara, il gioco racconta la storia di una piccola nazione indipendente controllata col pugno di ferro da uno spietato dittatore, il presidente Anton Castillo, impersonato da un intenso e convincente Giancarlo Esposito (Breaking Bad, The Mandalorian).

Castillo, la cui cosa più preziosa è indubbiamente suo figlio Diego, soggetto a un'educazione a dir poco severa, ha una salda visione per il futuro di Yara e pretende che la popolazione aspiri a raggiungerla soffrendo i sacrifici necessari, costi quel che costi.

La formula per riuscire nell'impresa si chiama Viviro, un miracoloso farmaco contro il cancro che può essere prodotto solo a Yara, ma la cui coltivazione intossica e uccide gli abitanti dell'isola costretti ai lavori forzati nelle piantagioni di Castillo. Noi personificheremo Dani Rojas, un protagonista che può assumere sembianze femminili o maschili, sopravvissuto miracolosamente alla Noche de la Muerte, una vasta purga tesa a imprigionare o ad uccidere i pochi dissidenti ancora rimasti ad Esperanza, la capitale di Yara.

Dani, almeno inizialmente, non ha alcuna velleità rivoluzionaria e anzi, non desidera altro che una vita tranquilla in Florida, le cui coste sono a pochissimi chilometri da quelle dell'isola. Dopo una fuga rocambolesca il sogno di una vita tra gli "yanquis" scorre come sabbia tra le dita di Dani, che decide allora di combattere per liberare il proprio popolo unendosi a Libertad, una fazione di ribelli che è la principale antagonista del regime di Castillo.

Divertente e piacevole, il gunplay di questo capitolo ci è parso particolarmente solido.

Da queste premesse narrative si sviluppa una trama non particolarmente ispirata ma funzionale ad un contesto ludico che, come avevamo potuto immaginare dando uno sguardo ai trailer diffusi da Ubisoft nei mesi che hanno anticipato il lancio del gioco, mette al primo posto nella scala delle priorità il suo gameplay. Yara è un gigantesco parco giochi e malgrado il novero delle attività dell'open world sia leggermente più contenuto che in passato, c'è tantissimo da fare nelle quattro province in cui è divisa l'isola.

La quest line principale ci porterà ad esplorarle mentre siamo alla ricerca di alleati che possano unirsi a Libertad nell'assalto finale ad Esperanza: Yara è infatti disseminata di piccoli nuclei di guerriglia indipendenti e l'obiettivo dell'intero arco narrativo di Far Cry 6 sarà viaggiare per l'isola per fare la loro conoscenza e vincerne la fiducia.

Dagli sconfinati campi di tabacco di Madrugada alle paludi di Valle de Oro, fino alla fitta giungla della selvaggia El Este, il viaggio di Dani tra i panorami dell'isola caraibica è costellato di personaggi particolarmente riusciti e ben caratterizzati come Juan Cortez, un rivoluzionario di professione che tra una birra e qualche battuta ha il compito d'introdurre il giocatore al "resolver", l'arte del fare di necessità virtù per ovviare alla sistemica mancanza di risorse tipica di un guerrigliero.

Il concetto di resolver, che almeno all'inizio può sembrare soltanto una delle tante lezioni che Cortez impartisce a Dani all'inizio dell'avventura, caratterizza e investe la stragrande maggioranza delle dinamiche di gameplay di questo capitolo, che affida al crafting un ruolo cruciale nell'economia di gioco. Presso il banco di lavoro, presente in quasi ogni avamposto, potremo utilizzare i materiali accumulati per costruire mirini e silenziatori di fortuna per le armi dell'arsenale di Dani, o nuovi tipi di munizioni che hanno maggiore efficacia contro diverse categorie di soldati nemici.

Come da tradizione, la mappa di Far Cry 6 è colma di attività collaterali di ogni genere.

Le armi fai-da-te, una grande novità di Far Cry 6, ruotano anch'esse attorno al concetto di resolver. Sono strumenti rudimentali, raffazzonati ma incredibilmente potenti e divertenti da utilizzare, al punto che farete fatica a separarvene. Vi basterà sapere che l'arma più noiosa della categoria è un devastante lanciafiamme, mentre il premio per quella più estrosa e bizzarra è conteso da Discos Locos e Pyrotechno: il primo lancia degli affilati CD al ritmo di Macarena, mentre il secondo non è altri che una batteria di fuochi d'artificio che alla bisogna può essere utilizzata per abbattere elicotteri ed altri veicoli corazzati. Ma anche alle feste dei bambini. Dobbiamo aggiungere altro, sulle armi fai-da-te?

Come se tutta questa potenza di fuoco non bastasse, Dani potrà inoltre contare sui Supremo, delle abilità speciali che ricalcano il concetto delle "super" viste ad esempio in Destiny e che garantiscono al giocatore di poter richiamare durante una sparatoria diverse abilità offensive e difensive che si ricaricano all'esaurimento di un cooldown.

I Supremo sono 7 in totale ma durante tutto l'arco della nostra partita ci siamo costantemente trovati a preferire la salva di razzi dell'Exterminador agli altri, sintomo di come si potesse fare qualcosa in più nel design di queste abilità attiche che si rivelano comunque un'aggiunta interessante al gameplay tipico della serie Far Cry.

Se la forza distruttiva dei Supremo non dovesse bastarvi, vi farà piacere sapere che Dani non sarà mai solo/a in combattimento avendo sempre al suo fianco gli Amigos, dei curiosi alleati animali che in base alle loro caratteristiche potranno attaccare o distrarre i nemici. Sempre perché in Far Cry 6 non ci dev'essere davvero nulla di ordinario, uno di loro è Guapo, un affamato coccodrillo con un giacchetto di pelle a cui sì, potrete fare le coccole. Un altro è Chorrizo, un "cane a rotelle" che potrà tenere impegnato un intero avamposto nemico con la sua tenerezza.

Quando lo stealth non va come dovrebbe andare, c'è sempre l'opzione B: prendere un'arma fai-da-te, rilassarsi e godersi lo spettacolo.

Le potenzialità di un arsenale così profondo si moltiplicano esponenzialmente se consideriamo un'ulteriore meccanica che fa il suo esordio in Far Cry 6. Un po' come in un RPG, avremo accesso a una gran varietà di armature e pezzi d'equipaggiamento che, oltre a rendere unico il nostro guerrigliero dal punto di vista estetico, avranno un impatto diretto sul gameplay. All'interno dell'inventario troviamo infatti cinque slot, ciascuno per ogni parte del corpo di Dani, nei quali potremo equipaggiare armature e protezioni dotate di perk unici, che influiscono copiosamente sulle performance del protagonista sul campo di battaglia.

Con l'obiettivo di modellare una build adatta al nostro stile di gioco, potremo scegliere quei pezzi di abbigliamento che rendono il nostro guerrigliero più veloce e silenzioso o più resistente a una certa tipologia di danni, o ancora più efficiente nella rigenerazione dell'energia e della salute. Gli equipaggiamenti, così come i materiali, si trovano in decine e decine di casse disseminate per tutta Yara; quindi, se prevedevate di completare la campagna di Far Cry 6 senza concedervi delle attente fasi d'esplorazione, abbiamo una brutta notizia per voi.

Parlando ora delle similitudini col passato della serie, era inevitabile che Far Cry mantenesse l'ossatura open world pressoché identica agli altri videogiochi del franchise. La scelta va nella direzione di un approccio conservativo, è vero, ma come anticipavamo in apertura forse nessuno si auspicava davvero che il nuovo titolo di Ubisoft superasse quei dogmi che affondano le loro radici in alcuni dei più celebri Far Cry sulla piazza.

Le attività di questo capitolo sono divise in tre grandi macrocategorie: quelle relativa alle missioni principali, che portano avanti la trama della rivoluzione yarana; quelle secondarie, non tantissime, che permettono di legare coi personaggi secondari e di approfondire le loro storie; e infine gli obiettivi militari, una serie di fortificazioni ed avamposti del regime di Castillo che Dani ha la possibilità di attaccare per liberarli e affidarne il controllo a Libertad.

Yara sa offrire sempre dei panorami davvero suggestivi.

Gli obiettivi militari sono del tutto opzionali e, sebbene offrano la possibilità di sbloccare risorse e punti per il viaggio rapido una volta liberati, il loro completamento è a totale discrezione del giocatore. Tra loro i più importanti sono sicuramente i cannoni della contraerea, una fitta rete di postazioni di artiglieria che, oltre ad abbattere qualsiasi velivolo sorvoli l'isola, sono l'unico luogo in cui ottenere l'uranio impoverito, una risorsa cruciale per la costruzione e il miglioramento dei Supremo e delle armi fai-da-te.

Per quanto nulla impedisca a Dani di attaccare gli avamposti ad armi spianate, è proprio durante la loro liberazione che lo stealth ancora una volta si rivela lo strumento più letale a nostra disposizione. Marcare minuziosamente ogni nemico, scendere con il paracadute ed eliminare cautamente ogni avversario con abbattimenti corpo a corpo e silenziosissime frecce, è ancora uno dei piaceri che questo Far Cry riesce ad offrire e può essere addirittura più divertente che nuclearizzare l'intero posto con Supremo e armi fai-da-te.

Abbiamo trovato l'IA del gioco di buon livello, specialmente nelle fasi stealth, mentre qualche incertezza di troppo si manifesta durante le sparatorie o quando i soldati sono alla guida di un veicolo. E parlando di IA, è davvero inspiegabile dal nostro punto di vista l'assenza di un selettore di difficoltà all'interno di Far Cry 6.

Nel gioco non è presente un'opzione con cui aumentare la complessità degli scontri mentre l'unica scelta che si può effettuare va nella direzione opposta con la Story Mode. Il risultato è che tranne in rarissimi frangenti, nei panni di Dani sarete sempre in pieno controllo della situazione e solo saltuariamente vi sentirete in pericolo, anche perché il guerrigliero ha dalla sua tutti gli strumenti necessari a superare qualsiasi ostacolo gli si pari davanti. Persino un carro armato!

Il rapporto tra Castillo e suo figlio Diego fatica a svilupparsi durante tutto l'arco della trama.

Anche se alcuni trailer mostravano una resa grafica di tutto rispetto, francamente non ci aspettavamo che Far Cry 6 potesse offrire su Xbox Series X un impatto visivo talmente gradevole. Per carità, i modelli, così come la qualità delle texture, non faranno la storia del videogioco, ma ciò che è stato in grado davvero di sorprenderci sono stati gli effetti d'illuminazione messi in campo dal motore di gioco.

Anche senza il ray-tracing, che su console non sarà abilitato né su PS5 né su Xbox Series X, camminare lentamente nella giungla e veder filtrare i fasci di luce dalle foglie saprà strapparvi un sorriso, anche perché a supportare il panorama ci sarà una fluidità che non è mai stata messa alla prova durante tutta la campagna, anche nei momenti più concitati. Una menzione di merito va poi al polishing del gioco: nonostante Far Cry 6 offra alla platea un ampio open world in costante movimento, i bug e i glitch che abbiano incontrato durante il nostro playtrough si contano sulle dita di una mano.

Al netto di un gameplay curato e profondo, talmente stratificato da poter essere quasi definito sandbox, riteniamo che l'elemento in assoluto più debole di Far Cry 6 riguardi la qualità della scrittura della trama principale, che in un primo momento coinvolge il giocatore, per poi letteralmente deragliare nella fase avanzata dell'avventura. Il cast di ribelli che accompagna Dani nella revolución yarana è ben caratterizzato e rappresenta tutto sommato il meglio che la storia potrà offrirvi fino ai titoli di coda.

Purtroppo, malgrado una performance convincente di Giancarlo Esposito, il problema principale della storia di Far Cry 6 è proprio Anton Castillo, un villain che per evidenti limiti di scrittura non raggiunge mai il fascino e il magnetismo di personaggi come Vaas e Joseph Seed. Come se non bastasse, il suo rapporto con Diego, sul quale avevamo aspettative altissime, fatica a proporre spunti degni di nota per tutta la durata del gioco, un errore non di poco conto se consideriamo le potenzialità del loro dualismo.

Un Far Cry che sbaglia il villain dovevamo ancora incontrarlo e se per alcuni questo sarà un problema ampiamente colmato da tutti gli altri pregi di una produzione come questa, nel nostro caso ci ha indotto più di qualche incertezza sul voto che trovate qui sotto.

Ma al netto di questo difetto è innegabile che Far Cry 6 rappresenti il nuovo standard del franchise. Il gioco di Ubisoft ne innova talmente tanti elementi e in modo così azzeccato, da essere potenzialmente il migliore di tutti, almeno dal punto di vista della qualità del gameplay. E se non è una rivoluzione questa, cos'altro potrebbe esserlo?

8 / 10